Non esiste un vaccino specifico per il vaiolo delle scimmie e, per il momento, in diversi Paesi, tra cui l’Italia, quello contro il vaiolo tradizionale sarà preso in considerazione solo per chi ha avuto un contatto a rischio elevato.
Esistono però due antivirali già approvati negli Stati Uniti per il trattamento del vaiolo in caso di attacco bioterroristico e alcuni ricercatori ne hanno studiato l’efficacia su un piccolo gruppo di pazienti.
Ecco cosa dice l’articolo che hanno pubblicato sulla rivista The Lancet.
LA RICERCA
Essendosi verificati pochi casi di vaiolo delle scimmie negli umani al di fuori dell’Africa occidentale e centrale, lo studio riferisce che non esistono molti dati sulla cinetica virale o sulla durata dello spargimento virale e non ci sono nemmeno specifici trattamenti autorizzati.
Tuttavia, brincidofovir e tecovirimat, due farmaci antivirali orali, già approvati negli Stati Uniti per il trattamento del vaiolo tradizionale in caso di attacco bioterroristico, hanno in parte dimostrato efficacia anche contro il monkeypox.
L’obiettivo, si legge nella ricerca, era quello di “descrivere il decorso clinico longitudinale del vaiolo delle scimmie in un ambiente ad alto reddito, insieme alle dinamiche virali e agli eventi avversi correlati alle nuove terapie antivirali”.
LO STUDIO DEI PRECEDENTI CASI E LA TRASMISSIONE
I ricercatori sono giunti alle conclusioni valutando in maniera retrospettiva il decorso dell’infezione in sette pazienti inglesi con vaiolo delle scimmie diagnosticato nel Regno Unito tra il 2018 e il 2021 e trattati con i due farmaci off-label in ambiente ospedaliero.
“Abbiamo esaminato tutti i casi registrati dalle strutture dedicate alle malattie infettive ad alto rischio (Hcid) tra il 15 agosto 2018 e il 10 settembre 2021, identificando sette pazienti. Di questi, – riferisce lo studio – quattro erano uomini e tre donne. Tre hanno contratto il vaiolo delle scimmie nel Regno Unito: un paziente era un operatore sanitario che ha acquisito il virus per via nosocomiale, mentre un paziente che ha acquisito il virus all’estero lo ha trasmesso a un adulto e a un bambino all’interno del proprio nucleo familiare”.
I SINTOMI
Nei pazienti hanno riscontrato viremia, rilevamento prolungato del Dna del virus del vaiolo delle scimmie nei tamponi del tratto respiratorio superiore, depressione reattiva e un paziente aveva un ascesso tissutale profondo.
Lo studio riferisce che cinque pazienti hanno trascorso più di 3 settimane in isolamento a causa della prolungata positività al test PCR.
IL TRATTAMENTO CON BRINCIDOFOVIR E TECOVIRIMAT
Tre pazienti sono stati trattati con brincidofovir (200 mg una volta alla settimana per via orale) e hanno sviluppato un aumento degli enzimi epatici che ha portato all’interruzione della terapia.
Un solo paziente è stato trattato con tecovirimat (600 mg due volte al giorno per via orale per 2 settimane), non ha manifestato effetti avversi e ha avuto una durata più breve dello spargimento virale e della malattia (10 giorni di ricovero) rispetto agli altri pazienti.
Un paziente ha avuto una lieve ricaduta 6 settimane dopo la dimissione dall’ospedale, ma nessuno di loro ha riportato polmonite o sepsi, che sono i sintomi più gravi dell’infezione.
I RISULTATI
Per i ricercatori, dunque, da questi dati limitati, è possibile dedurre che il tecovirimat è in grado di ridurre l’arco di tempo in cui le persone infette manifestano i sintomi e il periodo di contagiosità, che però rimane un punto su cui indagare perché secondo gli autori le informazioni disponibili “sono ancora contrastanti e necessitano di essere approfondite attraverso ulteriori studi”
I dati sull’efficacia di brincidofovir, invece, sembrano non convincere ma gli autori dell’articolo ritengono di non sapere ancora se una somministrazione più precoce o una dose differente possano determinare un andamento diverso dell’infezione”.
COSA HA DETTO PREGLIASCO
“Il tecovirimat veniva già usato per i pox virus, come varicella e vaiolo, ed è conosciuto. Questo studio è un primo segnale che dimostra l’efficacia del farmaco, ma non basta – ha detto Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano – Non c’è una cura, attualmente, l’infezione si attacca per ora con una terapia antinfiammatoria di sostegno, oltre che con gli antivirali. Di solito la malattia ha un buon decorso. Chi è stato vaccinato contro il vaiolo è protetto all’85% come ci dicono i dati provenienti dall’Africa”.