Sono tantissime e si trovano praticamente ovunque, perfino nel nostro sangue. Sono le sostanze perfluoroalchiliche, diventate note con il loro acronimo Pfas. Da decenni vengono studiate le conseguenze che hanno sulla salute umana e sull’ambiente ma adesso qualcosa sta cambiando.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), ovvero l’agenzia oncologica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha completato il processo di revisione della cancerogenicità per l’uomo di due di queste sostanze: l’acido perfluorottanoico (Pfoa) e l’acido perfluorottansulfonico (Pfos).
Ecco che cosa ha stabilito.
I PFAS SONO CANCEROGENI?
Trenta esperti internazionali provenienti da 11 Paesi sono stati chiamati a pronunciarsi su due sostanze che rientrano nei Pfas: il Pfoa e il Pfos.
Dopo aver esaminato a fondo la vasta letteratura pubblicata, il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno classificare il Pfoa come “cancerogeno”, inserendolo nella categoria 1, ovvero quella delle sostanze ritenute sicuramente cancerogene per l’uomo. Precedentemente si trovava nella categoria 2b, cioè tra le sostanze “possibilmente” cancerogene. In quest’ultima è stato, invece, aggiunto per la prima volta il Pfos.
Nella lista dei cancerogeni certi per l’uomo è presente, per esempio, anche l’inquinamento atmosferico.
GLI STUDI SUI PFOA E I PFAS
Il Pfoa, afferma l’Airc, è stato ritenuto cancerogeno per l’uomo “sulla base di sufficienti evidenze di cancro negli animali da esperimento e di forti evidenze meccanicistiche (per alterazioni epigenetiche e immunosoppressione) nell’uomo esposto”.
“Sono state inoltre riscontrate prove limitate di cancro nell’uomo (carcinoma a cellule renali e cancro ai testicoli) e forti prove meccanicistiche in cellule primarie umane e in sistemi sperimentali (per le alterazioni epigenetiche e l’immunosoppressione, oltre a diverse altre caratteristiche chiave delle sostanze cancerogene)”.
Il Pfos, invece, è risultato probabilmente cancerogeno per l’uomo “sulla base di forti evidenze meccanicistiche in tutti i sistemi di prova, compresi gli esseri umani esposti (per le alterazioni epigenetiche e l’immunosoppressione, oltre a diverse altre caratteristiche chiave degli agenti cancerogeni)”. Sono state inoltre riscontrate “prove limitate per quanto riguarda il cancro negli animali da esperimento e prove inadeguate per quanto riguarda il cancro nell’uomo”.
DOVE SI TROVANO PFOA E PFAS
Entrambe le sostanze “sono onnipresenti nell’ambiente, anche nelle aree più remote”, affermano gli esperti. Sono state trovate in moltissimi prodotti come imballaggi per alimenti, tappeti, materiali da costruzione, cosmetici, pentole, indumenti impermeabili e schiume antincendio, Inoltre, hanno varie applicazioni industriali.
Ancora più preoccupante la loro presenza nelle forniture di acqua potabile, soprattutto in prossimità di siti in cui vengono prodotti o utilizzati in modo estensivo, il che le rende particolarmente dannose per le persone che vi entrano in contatto tutti i giorni per ragioni lavorative.
COME CI ENTRIAMO IN CONTATTO
Se, per i lavoratori, si ritiene che l’inalazione sia la principale via di esposizione – ma è anche possibile un’esposizione cutanea -, la popolazione generale è esposta ai Pfas principalmente attraverso gli alimenti e l’acqua potabile, e potenzialmente attraverso i prodotti di consumo.
Un’altra pessima caratteristica delle sostanze Pfas è che oltre a essere molto costoso eliminarle è anche molto difficile, tanto che vengono chiamate forever chemicals, ovvero “sostanze chimiche perenni”.
I PFAS IN EUROPA…
In Europa i siti sicuramente contaminati dai Pfas, dovuti ad attività industriali attuali o passate, sono più di 17.000, a cui se ne aggiungono 21.000 presunti. Ad affermarlo è l’inchiesta giornalistica Forever Pollution Project, guidata da Le Monde, da cui è emerso inoltre che nel nostro continente ci sono 20 impianti di produzione e più di 2.100 siti che possono essere considerati hotspot di Pfas, cioè luoghi in cui la contaminazione raggiunge livelli considerati pericolosi per la salute delle persone esposte.
…E IN ITALIA
In Italia, secondo una mappa realizzata da Wired a partire dal Forever Pollution Project, si contano più di 1.600 siti contaminati. Come si può osservare, si concentrano soprattutto nel centro e nel nord del nostro Paese, con una massiccia presenza nel nord-est.
IL CASO DEL VENETO
In Veneto, infatti, l’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde) si è mobilitata già dal 2013 in difesa dei lavoratori e delle popolazioni contaminate, in seguito alla scoperta di una vasta area di tre province della regione. Ad Alessandria, per esempio, ha sede un impianto produttivo che immette tonnellate di Pfas nell’ambiente.
Purtroppo, però, fanno sapere dall’Isde, le misure richieste per assicurare acqua non contaminata e arrestare l’immissione di queste sostanze tossiche nell’ambiente, finora, sono state messe in atto solo parzialmente.
L’Isde, inoltre, ha condotto l’unico studio sulla regione, in cui evidenzia “un eccesso di mortalità per cause tumorali e altre malattie croniche nella popolazione esposta” ed è in corso di completamento un altro studio sulla fertilità maschile esposti in Veneto.