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Medici

Perché i medici scioperano l’1 e il 2 marzo?

I camici bianchi incrociano le braccia l’1 e il 2 marzo. Lo sciopero interesserà circa 4 mila medici di base, continuità assistenziale, del 118 e ambulatoriali aderenti a due sindacati. Ma quello dei medici di famiglia non aderisce. Ecco dettagli e polemiche

 

“Il malessere della categoria è palpabile: carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per Covid. Uno schiaffo da parte dello Stato”. E’ quanto si legge nella nota congiunta del Sindacato medici italiani (Smi) e del Sindacato italiano medici del territorio (Simet) in cui viene annunciato lo sciopero dell’1 e 2 marzo.

LO SCIOPERO E LA MANIFESTAZIONE

“Le organizzazioni sindacali Smi e Simet hanno indetto lo sciopero per tutti i medici dell’area convenzionata, con la chiusura degli ambulatori l’1 e il 2 marzo e hanno convocato una manifestazione a Roma il 2 marzo dalle ore 9.00 alle 13.00 presso il Ministero della Salute in Lungotevere Ripa, 1”, riferiscono le due sigle.

QUALI MEDICI SCIOPERANO

Lo sciopero interesserà i camici bianchi della medicina territoriale: circa 4 mila medici di base, continuità assistenziale, del 118 e ambulatoriali aderenti alle due sigle.

COS’È LA MEDICINA DEL TERRITORIO

La medicina territoriale riguarda tutte quelle prestazioni sanitarie di primo livello e pronto intervento che hanno finalità preventive, cioè mirano a evitare d’intasare gli ospedali per problemi che non richiedono il ricovero.

Dovrebbe, dunque, stare in mezzo tra l’assistenza sanitaria minima e una più specialistica in cui sono richieste strutture adeguate e maggior personale.

PERCHÉ SCIOPERANO

I medici chiedono più diritti: “Scioperiamo perché rivendichiamo, come tutti gli altri lavoratori, tutele concrete come ferie, maternità, malattia; reclamiamo tutele certe in materie di sostegno ad handicap e sostituzioni per poter fruire del meritato riposo, nonché politiche serie sulle pari opportunità. In questa pandemia, – si legge nella nota intersindacale – che ha travolto il mondo, sono le donne medico che hanno pagato il prezzo più alto. Il diritto al lavoro si deve coniugare al diritto alla vita familiare e personale”.

Denunciano, inoltre, una forte carenza di personale, figlia dei continui tagli alla sanità. “Scioperiamo perché vi è la necessità che vi siano più medici sul territorio: ad oggi nel nostro Paese sono più di tre milioni i cittadini senza medico di famiglia. Le postazioni di guardia medica o vengono chiuse o accorpate per mancanza di personale. Le ambulanze del 118 sono senza medico a bordo. Vogliamo che i giovani medici siano attratti da questa professione, che oggi disertano al pari dei vecchi che si prepensionano. È ormai ineludibile l’istituzione di un corso di specializzazione in medicina generale”.

E, infine, basta alla privatizzazione: “Vogliamo dire basta alla strisciante privatizzazione della medicina generale. Il nostro sciopero, in definitiva, ha lo scopo di salvare i medici per salvare il Servizio Sanitario Pubblico. Chiediamo ai cittadini di essere al nostro fianco”.

Tra i motivi scatenanti dello sciopero anche la recente bocciatura in Senato dell’emendamento al decreto-legge sulla proroga dello stato di emergenza presentato dalla senatrice Maria Cristina Cantù che prevedeva i ristori alle famiglie dei medici deceduti per Covid-19.

“Quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, la politica sembra dileguarsi”, ha detto il segretario nazionale Anaao Assomed, Carlo Palermo, ricordando le “famiglie che, in molti casi, sono rimaste prive, insieme alla perdita umana, dell’unica fonte di sostentamento”.

C’È CHI NON È D’ACCORDO

L’iniziativa è però stata giudicata inopportuna dalla Federazione dei medici di famiglia (Fimmg): “Siamo in forte sofferenza è innegabile, ma lo sciopero penalizzerebbe i cittadini”.

E IL PNRR?

“Abbiamo stanziato 7,9 miliardi per case della comunità e prese in carico delle persone, case come primo luogo di cura, assistenza domiciliare e telemedicina, sviluppo delle cure intermedie, ovvero ospedali di comunità, investiamo inoltre 12,33 miliardi in formazione, ricerca, digitalizzazione” ha ricordato ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, in commissione Affari sociali della Camera sullo stato di attuazione del Pnrr con un focus specifico sull’assistenza territoriale.

QUELLO CHE MANCA SONO LE ASSUNZIONI

Di nuove assunzioni però nel Pnrr non c’è nessuna traccia. “Nuove assunzioni o piano non reggerà”, è l’allarme lanciato da Anaao Assomed.

“Occorre potenziare il capitale umano”, aveva già sottolineato a luglio il presidente del sindacato, Costantino Troise. “È necessario che si riveda il Ssn nel suo complesso e si potenzi anche la sanità ospedaliera. Dal 2010 al 2018 – ha spiegato Troise – abbiamo perso 42 mila professionisti sanitari, tra cui 7 mila medici. La pandemia ha comportato un aumento di contratti di medici a tempo indeterminato di poco superiore a mille. Troppo poco. Se non si investe in capitale umano tutto ciò che andiamo a mettere nella sanità rischia di dare un vestito nuovo a una struttura vecchia”.

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