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La peste suina in Italia: cosa succede e quali sono gli effetti economici

Casi schizzati alle stelle e abbattimenti non sempre a norma. Ecco cosa sta succedendo in Italia con la peste suina e quanto ci costa il bando della carne di maiale imposto dal Giappone, che nel 2021 era stato il primo importatore di Prosciutto di Parma tra tutti i Paesi asiatici

 

I casi di peste suina africana (Psa) in Italia rispetto a 12 giorni fa sono schizzati da 626 a 12.103 tra i suini testati negli allevamenti. In alcuni di questi, l’organizzazione Essere Animali denuncia l’abbattimento di migliaia di maiali in cui si riscontrano problemi di biosicurezza, metodi crudeli e incompetenza del personale.

Al momento la situazione più critica si sta verificando in Lombardia, dove si concentra il 50% della produzione suinicola italiana, e la speranza è che il virus non infetti anche i capi dell’Emilia Romagna, altro territorio di vitale importanza per il comparto sia a livello nazionale che internazionale.

Il Giappone, per esempio, all’inizio del 2022, quando la peste suina ha iniziato a circolare in Italia, ha vietato le importazioni di carne suina dall’Europa, ma fino all’anno aveva rappresentato un mercato molto significativo per il nostro Paese, tanto che nel 2021 era stato il primo importatore di Prosciutto di Parma tra tutti i Paesi asiatici.

NUMERI ALLE STELLE

Dal primo caso di peste suina nell’Italia continentale del 7 gennaio 2022 in Provincia di Alessandria la malattia si è diffusa in Liguria, Lazio, Calabria e Campania. Considerando anche la Sardegna, dove però il virus è geneticamente diverso, secondo il bollettino del ministero della Salute aggiornato a oggi, il numero di animali positivi alla peste suina per regione e per provincia nei territori sottoposti a restrizione dal 1° gennaio 2022 a oggi è passato in meno di due settimane da 1.038 a 1.041 nei cinghiali e da 626 12.103 nei suini.

COSA FARE IN CASO DI ANIMALI INFETTI

Nel pavese, dove c’è il picco maggiore di casi di peste suina, l’Unione europea ha disposto in 172 comuni il divieto di movimentazioni di maiali, sia in ingresso che in uscita, per limitare la diffusione del virus. Ma in tutto il territorio nazionale non appena viene riscontrata l’infezione negli animali, che porta alla morte di questi, è fondamentale segnalarlo tempestivamente ai servizi veterinari.

In particolare, afferma una nota degli Assessorati della Sanità, salute e politiche sociali e dell’Agricoltura e Risorse naturali, è necessario “avvertire il Veterinario Ufficiale di territorio della SC di Sanità Animale dell’Azienda USL in caso di morte/morti di suini in allevamento, anche senza sospetto di PSA, ai fini dell’invio della carcassa per le analisi di laboratorio obbligatoriamente previste” e “notificare immediatamente al Veterinario Ufficiale di territorio della SC di Sanità Animale dell’Azienda USL del sospetto della presenza di PSA in azienda (sintomatologia, morti sospette)”.

Gli allevatori, inoltre, devono “provvedere immediatamente all’adeguamento delle condizioni relative alla biosicurezza di tutti gli allevamenti presenti nella nostra regione (scaduto a luglio 2023)” e rispettare “gli obblighi relativi al sistema di anagrafe Identificazione e Registrazione (I&R – DL 134/2022 e relativo Manuale Operativo), che prevede la verifica da parte di ogni singolo allevatore della correttezza dei dati registrati nella Banca Dati Nazionale (BDN), che è possibile effettuare presso gli Uffici Servizi Zootecnici (USZ) dell’Assessorato Agricoltura e risorse naturali”. “Si ricorda, inoltre – dice la nota – l’obbligo del documento di accompagnamento elettronico (DDA ex mod. 4) e che dal 14 giugno 2023 risulta obbligatorio il Registro Informatizzato in BDN, essendo decaduto il Registro di carico-scarico cartaceo”.

La malattia, infatti, pur non rappresentando un pericolo per l’uomo, è causa di un importante impatto socio-economico nei Paesi colpiti dovuto a ingenti perdite a carico del settore zootecnico suinicolo. Per tale motivo, spiega il ministero della Salute, “le norme europee, al fine di eradicare e controllare la diffusione della malattia, prevedono l’abbattimento dei suini domestici in cui è stato riscontrato il focolaio e il blocco delle movimentazioni e commercializzazione al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione, dei prodotti a base di carne suina provenienti dalle aree focolaio”.

GLI ABBATTIMENTI “INADEGUATI”

Tuttavia, stando all’organizzazione Essere Animali, i metodi di soppressione attuati da un allevamento in provincia di Pavia sono “inadeguati”. Le loro riprese con un drone mostrano infatti:

  • Problemi di biosicurezza. In particolare, “il tetto della struttura appare compromesso, permettendo a volatili e animali selvatici di entrare. Dalle immagini emerge la presenza di un cane che si muove liberamente nell’allevamento durante le operazioni di abbattimento. Ciò suggerisce che il terreno potrebbe essere contaminato”.
  • Metodi di abbattimento crudeli. “L’abbattimento con il gas avviene troppo lentamente, in circa 25 minuti. Il lungo tempo necessario a completare l’abbattimento in ogni container fa presupporre che i parametri adottati non siano ottimali a garantire la rapida saturazione dell’aria con CO2 e minimizzare le sofferenze degli animali. La CO2 infatti è fortemente irritante per le vie aeree e sottopone gli animali a stress acuto e sofferenze per un tempo prolungato”.
  • Incompetenza del personale. “Il personale incaricato dell’abbattimento dimostra una grave mancanza di preparazione riguardo al benessere animale. Gli animali vengono maltrattati durante l’accesso ai container, alcuni vengono addirittura sollevati per le orecchie. Altri animali, con evidenti sintomi gravi che potrebbero indicare la PSA, vengono trascurati, lasciati a terra soffrenti. Dovrebbero invece essere abbattuti immediatamente sul posto, ad esempio con pistola a proiettile captivo o iniezione”.

Come denunciava Essere Animali, anche gli animali nei santuari locali stanno subendo le conseguenze di una mancata applicazione efficace delle misure di biosicurezza per gli allevamenti suini previste dal Decreto del giugno 2022. L’ultimo caso è quello che interessa il rifugio per animali “Associazione Progetto Cuori Liberi” a Sairano, in provincia di Pavia, dove a seguito di tre contagi è stata emessa un’ordinanza di abbattimento per 37 suini. Da metà agosto a oggi, in provincia di Pavia sono stati abbattuti più di 33mila maiali.

IL GIAPPONE (PER ORA) NON RIAPRE ALLE IMPORTAZIONI ITALIANE

Oltre alla mancanza di adeguate procedure per l’abbattimento, l’export italiano di carne suina inizia a fare i conti con il bando imposto da alcuni Paesi stranieri che chiudono le porte ai prodotti Made in Italy a causa della peste suina. Uno tra questi è quello del Giappone che, a partire dal 2022, ha vietato l’ingresso alle carni suine italiane, fatta recentemente eccezione per quelle sottoposte a trattamento termico.

“Ue e Giappone sono comunità politiche vicine e amiche, legate da relazioni commerciali proficue e impegnate ad approfondire ulteriormente la collaborazione anche nel settore digitale, dai flussi di dati fino alla produzione di semiconduttori. Serve accelerare e semplificare le procedure di importazione da parte del Giappone, per garantire il rispetto degli impegni sanitari e fitosanitari sottoscritti dai due partner all’interno dell’accordo di partenariato economico. Prioritaria per l’Italia è la questione della rimozione del blocco alle esportazioni di insaccati introdotto dal governo giapponese come forma di tutela dalla Peste Suina Africana”, ha detto Danilo Oscar Lancini, europarlamentare della Lega, relatore del dossier relativo al commercio con il Giappone.

“Il blocco – prosegue Lancini – non è giustificato, per gli elevati standard sanitari e fitosanitari europei. Gli operatori stanno pagando un prezzo salatissimo: 20 milioni di euro al mese, secondo stime delle associazioni di categoria. Occorre che le autorità giapponesi diano credito a noi europei della grande serietà con cui controlliamo le filiere alimentari e la qualità dei prodotti, così come l’Europa ha recentemente dimostrato rimuovendo le restrizioni alle importazioni provenienti dalla zona di Fukushima, dando fiducia ai controlli da parte delle autorità locali giapponesi. Daremo massima attenzione al tema e siamo già al lavoro per trovare una soluzione diplomatica e soddisfacente per tutte le parti coinvolte visto che il Giappone rimane il partner più vicino all’Ue nella regione dell’Indo-Pacifico”.

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