Per il virus respiratorio sinciziale, che colpisce particolarmente bambini e anziani, esistono i vaccini di Gsk, Pfizer e Moderna. Poi c’è anche l’anticorpo monoclonale nirsevimab di Sanofi e Astrazeneca che però in Italia rischia di non essere ugualmente disponibile per i neonati di Nord e Sud.
La colpa, denunciano le Regioni, è del ministero della Salute che tra i limiti imposti a quelle in “piano di rientro” e la sua indecisione non si è mosso per tempo. Ora, pure se si intervenisse con un’azione di emergenza, Sanofi fa sapere che non ha abbastanza dosi.
IL VIRUS SINCIZIALE NEI BAMBINI
L’anticorpo monoclonale di Sanofi e Astrazeneca contro il virus respiratorio sinciziale (Vrs), commercializzato con il nome Beyfortus, è indicato nella prevenzione della patologia nei neonati e nei bambini nella prima infanzia durante la loro prima stagione caratterizzata di Vrs, ossia quando vi è un rischio più elevato di infezione.
Nei più piccoli questo virus è una delle principali cause di ospedalizzazione perché può causare un’infezione acuta delle basse vie respiratorie e lo sviluppo di bronchiolite o polmonite. Solo l’anno scorso i pediatri chiedevano l’intervento del governo a causa del numero fuori controllo di accessi ai pronto soccorso per infezioni respiratorie. Queste infatti erano aumentate del 300% rispetto agli ultimi due anni e l’80% dei posti letto era occupato da bambini con bronchiolite da Vrs.
PERCHÉ IN ITALIA MANCA IL FARMACO DI ASTRAZENECA E SANOFI
Il monoclonale nirsevimab, che potrebbe scongiurare una situazione simile se non peggiore, non è però disponibile in Italia. O perlomeno, non allo stesso modo nelle diverse regioni. Il ministro della Salute Orazio Schillaci – ricorda il manifesto -, dopo averne inizialmente vietato la distribuzione alle regioni in “piano di rientro”, ovvero quelle con un bilancio in deficit e praticamente tutte al Sud (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sicilia), aveva fatto marcia indietro allargando l’accesso al farmaco a tutto il territorio nazionale a spese del Servizio sanitario nazionale (Ssn), “senza per la verità un piano d’azione chiaro”.
Intanto, però, con i tempi che sono trascorsi, nemmeno le regioni promosse per i loro bilanci stanno riuscendo a ottenerlo. A riferirlo in una lettera è l’assessore per le politiche della salute dell’Emilia-Romagna Raffaele Donini, che rappresenta le regioni sui temi sanitari.
“È utile segnalare – si legge nella lettera – che a oggi molte delle gare regionali effettuate per l’acquisto del nirsevimab sono andate deserte perché la ditta dichiara l’indisponibilità del farmaco per la copertura universale e che pertanto attualmente si determina uno scenario di grave sperequazione sul territorio nazionale, che richiede un immediato intervento, con regioni che hanno disponibilità del farmaco per una campagna universale e regioni che non riescono a proteggere neanche i pazienti fragili”.
UN FARMACO NON PER TUTTI
Il farmaco, ricorda il manifesto, è attualmente inserito in “fascia C”, cioè quella interamente a carico dei cittadini, “al prezzo di listino di 420 euro”. Tuttavia, le regioni che sono riuscite ad acquistarlo con risorse proprie hanno ottenuto uno sconto del 40%. “Impossibile, a queste condizioni – commenta il quotidiano -, garantire la copertura contro il virus respiratorio sinciziale che provoca la bronchiolite per tutti i 400 mila bambini sotto l’anno di età, la fascia più a rischio”.
Per una campagna di prevenzione su larga scala – che costerebbe circa 100 milioni di euro – il farmaco dovrebbe infatti essere inserito in “fascia A” così che “il prezzo di acquisto viene negoziato a livello centrale, solitamente con un notevole sconto sul prezzo, e reso gratuito per i cittadini”. Le trattative, però, devono essere avviate dall’azienda.
SANOFI RIMPROVERA IL MINISTERO DELLA SALUTE
Ma arrivati ormai a ottobre, quando la stagione influenzale è già iniziata, la richiesta di Donini al ministro Schillaci di intervenire con una procedura d’urgenza che autorizza il governo a rimborsare anche farmaci in fascia C “per esigenze di salute pubblica”, sembra ormai irrealizzabile perché Sanofi, commentando la questione, ha fatto sapere che non ci sono abbastanza dosi per tutti.
“L’iter per l’introduzione di nirsevimab sul territorio nazionale è iniziato nel 2023, e Sanofi – scrive l’azienda – ha sempre lavorato con l’obiettivo di assicurare produzione e fornitura necessarie per garantire il più ampio accesso possibile a questo innovativo anticorpo, condividendo con le Autorità nazionali e regionali la necessità di pianificare i fabbisogni per tempo, in particolare entro i primi mesi del 2024”.
Il nostro Paese, non essendosene occupato, non potrà quindi avere le dosi di cui necessita. “Per il futuro Sanofi […] auspica l’inserimento di nirsevimab nel Calendario Nazionale di Immunizzazione – quale allegato al Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2023-2025 – e che l’Italia per la stagione 2025-2026 possa mettere in atto una programmazione efficiente e uniforme su tutto il territorio italiano, con manifestazione dei fabbisogni entro marzo 2025”.
UN ASSAGGIO DELLE DISUGUAGLIANZE PRODOTTE DALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Sulla circolare del ministero della Salute che impediva alle Regioni meridionali e al Lazio l’erogazione del farmaco gratuito è intervenuto su Quotidiano sanità Marco Geddes da Filicaia, già direttore sanitario del Presidio Ospedaliero Firenze centro dell’Azienda sanitaria di Firenze e dell’Istituto Nazionale Tumori di Genova.
Questo, afferma il medico, “disvela, o meglio chiarisce, quello che sarà il percorso a cui ci porterà l’Autonomia differenziata”. I bambini, infatti, che vivono in una regione “in piano di rientro” o avranno la fortuna di avere dei genitori che “possono permettersi il farmaco – e hanno la capacità di trovarlo – pagando circa 500 euro” oppure “si ammaleranno con maggiore frequenza”.
Non solo. Geddes da Filicaia chiarisce cosa avverrebbe con l’Autonomia differenziata nelle varie regioni: “La regione Lombardia acquista per proprio conto il farmaco e lo dà ai bambini di fascia di età x; la regione Friuli Venezia Giulia, lo acquista (a prezzo più alto date le minori dosi) e lo offre gratuitamente a tutti i bambini di fascia di età y, ripetendo la somministrazione dopo 6 mesi (la durata dell’effetto si stima infatti contenuta) sulla base di proprie linee guida; la regione Liguria lo rende disponibile gratuitamente con criterio analogo alla Lombardia, ma solo a chi ha un reddito sotto una determinata soglia, in base a criteri Isee”.
“Toscana, Emilia-Romagna, Veneto, Umbria e Marche – prosegue – decidono di procedere unitariamente, anche con l’acquisto congiunto spuntando una cifra significativamente ridotta rispetto alle altre regioni, ma ancora relativamente più alta di quanto ottenuto da altri paesi (Spagna, dove è gratuito dall’anno scorso). Sardegna, Sicilia e Campania si avviano ad acquistarlo, ma le scorte disponibili sono finite, mentre in alcune regioni non sono utilizzate per scarsa adesione e ritardi nella campagna di somministrazione. Le altre non nominate regioni si arrangeranno… La Corte dei Conti interviene in relazione ai costi ingiustificati di acquisto di alcune regioni… la Magistratura avvia una indagine… Un’ottima prospettiva, non c’è che dire!”.