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Io, medico vaccinato e con green pass, dico: serve più chiarezza sui dati

L’intervento di Stefano Biasioli, endocrinologo e nefrologo

 

Mi sono vaccinato (Pfizer, 2 dosi tra marzo e aprile) perché sono anzianotto e perché soggetto a rischio, sia per l’anamnesi (intervento 3 anni fa per patologia prostatica non benigna) e per l’attività medico-specialistica, proseguita dopo il pensionamento, anche nei mesi del Covid.

Mi sono vaccinato e ho il Green pass. Ma ho fatto di più: ho controllato il livello degli anticorpi IgG anti Covid sia prima che durante e dopo la vaccinazione. I livelli anticorpali sono stati: 32 (prima della prima dose); 352 (3 settimane dopo la prima dose); 1356 (3 settimane dopo la seconda dose); 530 (dopo altre 3 settimane).

Ho il Green pass, che in teoria dovrebbe essere valido fino a fine anno, ma nessuno mi ha chiesto nulla sulle IgG specifiche. Quindi ho tanti dubbi.

Questo governo non ha voluto “sporcarsi le mani”, rendendo obbligatorio l’obbligo vaccinale. E, invece, ha usato e sta usando un mezzo surrettizio, il Green pass. Perché?

Per paura di dover pagare centinaia di milioni di euro legati agli effetti collaterali dei vaccini? Perché ci hanno fatto sottoscrivere moduli di consenso che scaricano lo Stato dalla responsabilità legata agli effetti collaterali de i vaccini? E quanti italiani si sono resi conto di quello che erano indotti a firmare?

Se i vaccini coprono per l’80-90% (a seconda della tipologia del vaccino) dal rischio di malattia/recidive, soprattutto quelle più gravi, resta il fatto che — in almeno il 10% dei casi — i vaccinati possono infettarsi e reinfettarsi, anche se in forma lieve. Reinfettarsi e reinfettare.

Per questo, l’uso della mascherina… nonostante il Green pass.

Per questo, l’uso “politico” del Green pass, per costringere la gente a vaccinarsi, se vuole ritornare a una vita di relazione apparentemente normale, pur se “mascherin-dipendente”. Pochi Paesi civili hanno scelto questa strada.

Per mesi ci hanno detto che l’“immunizzazione di gruppo” sarebbe stata raggiunta vaccinando il 70-75% della popolazione. Ma l’asticella si è progressivamente alzata: obiettivo 80%, obiettivo 90%… ci aspettiamo ora che “qualche genio” ipotizzi una copertura al 100% (dalla culla alla tomba).

Si è voluta vaccinare anche la fascia pediatrica, senza una seria documentazione scientifica sul rapporto rischi/benefici in questa popolazione.

Stanno abituando la gente all’ipotesi della terza vaccinazione, per non parlare della quarta. Israele (da sempre detestato dalla sinistra italiana) è ora diventato un esempio da seguire.

Arriveremo, alla fine, a una vaccinazione annuale (semiobbligatoria) perché ”è arrivata una nuova variante, quindi…”. Non era più semplice, allora, arrivare subito all’11° vaccino obbligatorio?

Mi sia consentito di esprimere una serie di considerazioni. Anche se, oggi, chi dissente dalla strategia governativa passa per un no-vax , più o meno pacifico.

E, allora: il vaccino Pfizer concluderà il suo percorso scientifico (fase 4à) alla fine del 2023. Nei fatti è ancora sperimentale, nonostante la somministrazione (urgente) su decine/centinaia di milioni di persone, nel mondo.

In questi 21 mesi, né l’Iss, né il Ministero della Salute, né l’Aifa hanno prodotto chiare statistiche sulle complicanze da vaccino: quelle maggiori (coagulazione intravascolare, su tutte) sono state rapidamente definite come 1/100.000, ma quelle minori non sono state dichiarate con trasparenza. Quante miocarditi, quante pericarditi, quante gravi e protratte astenie, quante tiroiditi e malattie immuni riacutizzate? Quante recidive negli immunodepressi?

L’Ema (agenzia europea del farmaco) ha annunciato — era il giorno 6 settembre — che è in corso la valutazione di una terza dose aggiuntiva di Pfizer o Moderna in persone gravemente immunocompromesse. Ma Speranza, già da giorni, ha affermato che ”a settembre l’Italia partirà con la terza dose, sui pazienti fragili come gli oncologici o i trapiantati”.  “Di grazia, chiediamo Noi, con l’avvallo di chi, dei burocrati ministeriali o dei curanti individuali?”.

Non solo ma, erroneamente, Speranza ha anche affermato che: “su questi aspetti Ema e Ecdc si sono già espressi (ndr). Poi proseguiremo con gli over 80, residenti RSA e personale sanitario”. No, l’Ema non si è ancora pronunciata…

La politica si contraddice. Se è necessaria la terza dose, ancora una volta si conferma l’inutilità del Green pass. Uno strumento politico, di coercizione.

Perché Speranza non parla con lo Spallanzani, che — dopo una sperimentazione specifica —, propone finalmente l’uso degli anticorpi monoclonali negli immunodepressi, invece della terza dose di vaccino? Aifa e comitato etico che risposta daranno? Anzi, perché sono state boicottate le somministrazioni di plasma iperimmune, che avevano ottenuto risultati strepitosi? Forse perché costavano poco e funzionavano? A queste domande Speranza & co non hanno mai risposto.

Io la penso come Ricolfi e mi rifiuto di abbandonare i metodi induttivo/deduttivo, quando si ha a che fare con la medicina (anamnesi, sintomi, diagnosi differenziale, diagnosi finale, terapia ufficiale-se c’è). Ma non sempre c’è l’EBM (medicina basata sull’evidenza) e occorre procedere a tentativi. Ma dicendolo chiaramente alla gente, non negando l’evidenza (effetti collaterali maggiori e minori; incertezza sugli effetti a distanza dei vaccini), come Speranza & co fanno da mesi.

Concludendo.

Al ministro Speranza e al Cts chiedp chiarezza: sui numeri dei morti da Covid e con Covid; sulle statistiche degli effetti collaterali del vaccino; sull’obbligatorietà del vaccino (diretta e indiretta) in ogni fascia di età. Sui morti oncologici, cardiologici, nefrologici, in tempi di Covid, per ritardo nella diagnostica e nelle cure.

Stefano Biasioli

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