Nel 2023, in Italia, ogni giorno sono state consumate complessivamente 1.899 dosi di medicinali ogni 1.000 abitanti, il 68,7% delle quali erogate a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e il restante 30,3% acquistate direttamente dal cittadino. Rispetto ai consumi di farmaci tra regioni però si osservano marcate differenze, con il Sud (isole comprese) e, in alcuni casi, anche il Centro, che ne fanno un uso maggiore se paragonati al Nord.
Una generica inappropriatezza delle scelte dei medici, tuttavia, non basta a giustificare l’eterogeneità poiché sono da considerarsi anche le caratteristiche del contesto assistenziale e sociale in cui si verificano.
A fornire questi dati è il Rapporto OsMed 2023 sull’uso dei medicinali in Italia redatto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).
ANTIBIOTICI
Il Rapporto osserva il consumo delle diverse classi di medicinali, da quelli oncologici a quelli per le patologie cardiovascolari, ma anche antidiabetici e farmaci per l’ulcera. Se prendiamo per esempio gli antibiotici, il cui consumo – nonostante il fenomeno della antibiotico-resistenza – sia nuovamente in risalita, le differenze sono notevoli.
In Italia il loro consumo medio nel 2023 è stato pari a 17,2 dosi giornaliere per 1.000 abitanti, con un consumo che è però di 14,5 dosi a Nord, 20,3 al Sud e 18,2 al Centro. Ma le differenze si notano ancora di più se si vanno a guardare i dati delle singole regioni dove si va dalle 11,3 dosi di Bolzano alle 22,4 dell’Abruzzo, alle 21,7 della Campania e le 21,5 della Basilicata.
ANTI-REFLUSSO
Anche il consumo di farmaci per ulcere peptiche e malattie da reflusso esofageo al Sud è più alto, nonostante non esistano studi che dimostrino una marcata prevalenza di tali patologie in specifiche regioni.
Al Sud infatti se ne consumano 100,5 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti contro il 70,7 del Centro e il 77 del Nord. Le differenze regionali vanno dalle 122,4 dosi della Campania o le 99,2 della Basilicata, per scendere della metà e oltre in Umbria (50,7), Bolzano (51,2) e Toscana (56,7).
ANTIDIABETICI
Dal Rapporto emerge poi che anche il consumo degli antidiabetici è più alto al Sud, con 83,4 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti contro le 64,5 del Nord e le 67,9 del Centro. Alle due estremità, le 89,3 dosi della Calabria contro le 57,1 della Liguria.
Da segnalare anche che l’aumento di spesa del 7,6% relativo agli antidiabetici è più alto della media degli ultimi 10 anni ed è legato sia a un aumento dei consumi (+4,5%) che del costo medio per dose. Inoltre, scendendo nel dettaglio si osserva che a impennarsi sono in particolare due sottogruppi di farmaci, la semaglutide e le gliflozine, entrambi in grado di ridurre in modo significativo il peso corporeo.
FANS
Anche gli antinfiammatori non steroidei, i cosiddetti FANS, sono molto più utilizzati al Sud, con 26,2 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti contro le 17,1 del Centro e le 12,9 del Nord. Fa da apripista la Campania (29,1), seguita da Calabria (28,6) e Sardegna (27,2), mentre Umbria (10,8), Toscana e Veneto (11,4) sono in fondo alla classifica.
ANTIDEPRESSIVI
La tendenza dei consumi si inverte invece per quanto riguarda gli antidepressivi, che risultano più usati al Centro, con un consumo di 52,7 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti contro le 50,1 del Nord e le 39,5 del Sud. La Toscana risulta la regione in cui se ne fa maggiore uso (69,3), mentre Sicilia (37,3), Campania (36,7) e Basilicata (36,5) chiudono la classifica.
FARMACI PER LA TIROIDE
Picco di consumi tra le regioni del Centro anche per i farmaci per la tiroide, che invece si riducono significativamente al Nord. Il Rapporto ne segnala infatti al Centro un consumo di 30,5 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti contro le 22,7 del Nord, mentre al Sud è di 25,7.
OSTEOPOROSI
Per quanto concerne i farmaci per l’osteoporosi, le regioni del Centro invece risultano essere quelle che ne fanno meno uso. Il Rapporto registra infatti un consumo di 111,4 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti al Centro contro le 152,4 del Nord e le 141,9 del Sud. All’apice della classifica si posizionano Sardegna (194,2) e Bolzano (176,3), mentre in fondo ci sono l’Umbria (90,9) e la Toscana (91,3).
PERCHÉ QUESTE DIFFERENZE?
Secondo Quotidiano sanità, sebbene “questi dati evidenzino una profonda differenziazione tra le regioni del Sud e, in alcuni casi, anche del Centro, rispetto al Nord Italia, tali dati non possono essere interpretati esclusivamente come una generica inappropriatezza delle scelte dei medici, avulsa dalle caratteristiche del contesto assistenziale e sociale in cui si determinano. Infatti, l’attività prescrittiva è la conseguenza e l’esito anche dell’interazione con i pazienti, dipende dalla fruibilità e dall’organizzazione dei percorsi assistenziali, accesso alla diagnosi e al monitoraggio dei trattamenti”.