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Farmaci Suicidio Assistito

Fine vita: farmaci e costi per il suicidio assistito

Quali sono i farmaci utilizzati per il suicidio assistito? Chi li produce? E quanto costano le procedure di fine vita? Tutti i dettagli

 

Prima di Anna nessuna delle altre quattro persone che avevano ottenuto in Italia il via libera per il suicidio assistito aveva ricevuto l’assistenza del Servizio sanitario nazionale (Ssn) né per il farmaco letale da auto-somministrarsi né per la strumentazione necessaria per procedere, che finora erano stati sempre a carico delle persone supportate solo dall’Associazione Luca Coscioni.

QUALI FARMACI VENGONO USATI PER IL SUICIDIO ASSISTITO

Il Nucleo etico per la pratica clinica (Nepc) della Asl di competenza, l’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina (Asugi), nella sua relazione finale, in cui viene anche indicata la procedura da seguire, ha stabilito che il farmaco individuato per morte volontaria assistita di Anna era il Tiopentone, lo stesso utilizzato anche da Mario e Antonio.

CHE COS’È IL TIOPENTONE (PENTOTHAL)

Il Tiopentone, commercializzato con il nome di Pentothal, è un barbiturico che agisce riducendo l’attività del sistema nervoso centrale, inducendo così una lieve sedazione o, a dosi più elevate, l’addormentamento. Si somministra mediante iniezione in vena o per via rettale.

“Il Gruppo Tecnico, in composizione multidisciplinare, ha stabilito che il farmaco Tiopentone, somministrato per via endovenosa in infusione continua tramite pompa volumetrica ad attivazione manuale da parte della richiedente è idoneo a garantire una morte indolore e rapida ove ai dosaggi e velocità di infusione indicati”, si legge nel parere del Nepc.

LA SUA CONTROVERSA STORIA

Il Tiopentone ha una storia molto controversa. Usato in passato come anestetico, per indurre sonnolenza o addormentamento prima di un intervento chirurgico o di alcune procedure mediche, è stato sostituito dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) nella lista dei farmaci essenziali con il propofol e nella maggior parte delle sedazioni con le benzodiazepine. Rimane, tuttavia, elencato come alternativa accettabile.

Conosciuto con il nome con cui veniva commercializzato, ovvero Pentothal, è stato utilizzato anche per l’iniezione letale ai condannati a morte negli Stati Uniti – dove è prevista la pena capitale – e si ritiene che se usato in terapie psichiatriche con pazienti affetti da amnesia, mutismo o blocco del linguaggio, “induce nel paziente uno stato di tranquillità e rilassamento, che aumenta la disponibilità a parlare”.

CHI LO PRODUCE(VA)

Negli Stati Uniti l’unica azienda ad aver ricevuto l’autorizzazione ufficiale della Food and Drug Admistration (Fda) per produrre il Pentothal era stata Hospira, che scoprì e lanciò il Tiopentone sodico negli anni ’30.

Hospira, acquisita nel 2015 da Pfizer, aveva anche uno stabilimento alle porte di Milano, a Liscate, che produceva il farmaco ma nel gennaio 2011, a seguito delle accuse relative al suo utilizzo per la pena di morte negli Usa e all’intervento sia di associazioni come Nessuno tocchi Caino che del governo italiano, l’azienda ha deciso di cessarne la produzione in Italia e a livello globale.

Nello stesso anno, l’Unione europea ha imposto forti restrizioni alla sua esportazione verso gli Stati Uniti per le medesime ragioni e nel 2014 l’Agenzia italiana dal farmaco (Aifa) ne segnalava la carenza e faceva richiesta di importazione in quanto può essere ancora utilizzato per la sedazione pre-operatoria.

Oggi, a eccezione dell’azienda Intervet Productions (con sede ad Aprilia) che lo produce per uso veterinario, secondo il sito Pharmacompass, il farmaco verrebbe prodotto dalla svizzera Sandoz di Novartis, dalla tedesca Chemische Fabrik Berg GmbH, dalla taiwanese Sci Pharmtech e dalle giapponesi Mitsubishi Tanabe Pharma e Juzen Chemical Corporation.

QUANTO COSTA IN ITALIA IL SUICIDIO ASSISTITO

Anna, come ricorda l’Associazione Luca Coscioni, è stata non solo la prima persona ad aver ottenuto il diritto alla morte volontaria assistita in Friuli Venezia Giulia ma anche a essere interamente a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

Nei quattro casi precedenti, invece, erano stati i pazienti a farsi carico della spesa di circa 5.000 euro, di cui oltre 4.000 per lo strumento per effettuare l’autosomministrazione del farmaco per via endovenosa.

Inoltre, nel caso di Anna, il Nucleo etico per la pratica clinica ha previsto che l’Asugi fornisse anche “il setting assistenziale idoneo e proprio personale sanitario competente (per esempio: medico, infermiere, psicologo)” e, infatti, pur essendosi autosomministrata il farmaco, l’Asugi ha individuato, su base volontaria, un medico che ha provveduto a vigilare sulla procedura.

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