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Marcello Cattani farmindustria

Cosa si attende il settore farmaceutico dall’Italia e dall’Europa

Chi c'era e che cosa si è detto all'assemblea annuale di Farmindustria tenuta il 6 luglio all'auditorium della Conciliazione a Roma

 

Anche la farmaceutica è simbolo di Nazione. E allora l’assemblea di Farmindustria, anno 2023, non poteva che aprirsi che con l’inno nazionale. Poi, le voci, i numeri del settore, gli stimoli per l’Italia e l’Europa per non restare indietro in un momento così delicato a livello sociale, economico e dei rapporti internazionali.

Ecco cosa si è detto e chi c’era all’auditorium della Conciliazione.

CATTANI (FARMINDUSTRIA): STRATEGIA, REGOLE NUOVE PER INNOVARE IL SETTORE IN ITALIA E UE

“Abbiamo bisogno di visione strategica, di innovazione e cambiamento, di regole nuove per andare avanti oltre l’epoca pre-Covid”, ha esordito il presidente di Farmindustria Marcello Cattani.

“L’attrazione degli investimenti nella farmaceutica è diventata ovunque strategica, a valle del Covid. Noi siamo sicuramente nel blocco più democratico ma anche in quello più vecchio dal punto di vista delle regole. Il nostro obiettivo è alzare sempre l’asticella, fare cose che un anno fa, due anni fa, non si facevano”, ha aggiunto Cattani. “La crescita di farmaci è da noi una volta e mezzo rispetto al Pil, lo sviluppo è ancora più alto. Serve rispondere a questa domanda, ai bisogni della filiera, trasformare i processi industriali”.

La rotta dell’innovazione è segnata ma servono nuove regole, questo il concetto centrale espresso dal presidente di Farmindustria durante la sua introduzione. Non solo auspici. Gli allarmi non mancano, come quello di Bankitalia sugli impatti dell’inflazione, dell’aumento dei tassi, sui margini. E allora, servono “regole rispettose in Europa della proprietà intellettuale”, anzitutto. Per proteggere i cittadini.

Certo, attrarre competenze è già una via che viene percorsa quotidianamente ma evidentemente non basta. Perché i cittadini vivono nella “giungla degli accessi”, tuttora.  C’è poi il problema della tassazione che grava sulle aziende. “Il fattore che noi non comprendiamo è la lentezza, la mancanza di visione sui processi amministrativi delle agenzie regolatorie”. Riguarda, anche qui, tutti: Italia, Europa, tutti.

I NUMERI DELLA FARMACEUTICA ITALIANA, DA MIGLIORARE ANCHE CON L’IA

D’altronde, a livello produttivo, i numeri già sono importanti per l’industria della farmaceutica. Come si legge nel report, il settore ha toccato 49 miliardi di euro di produzione nel 2022, dei quali 47,6 miliardi sono di export (per un + 176% in dieci anni). E ancora: sono stati investiti 3,3 miliardi nella produzione e R&S, si contano 68.600 addetti, in cui il 44% del totale sono donne.

Nelle loro pipeline, le aziende hanno 20mila farmaci. E questa può, dev’essere, una base da cui partire. Anche per reagire ai tre negativi demografici. Che si intrecciando con l’andamento delle infezioni.

Ovviamente, il digitale, l’intelligenza artificiale, devono servire ad analizzare tutti questi fattori per arrivare agli obiettivi di cui sopra. “Il digital terapeutics è un altro campo dove abbiamo perso, dobbiamo recuperare gap sulla Germania”. Anche per crescere in sicurezza ed efficienza della spesa pubblica, ha chiarito Cattani.

“Un euro investito in R&S produce il triplo del valore”, ma oltre al tema degli investimenti c’è anche un discorso di diritti della ricerca, di libertà di operare in questo ambito.

PALLA AL GOVERNO, DICE IL PRESIDENTE ALL’ASSEMBLEA FARMINDUSTRIA

Dove deve investire il governo? “Questi obiettivi possono essere raggiunti anche con un rapido completamento della riforma dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA)”, ha detto Cattani. Per modernizzare  le
valutazioni delle terapie basate sul valore per migliorare ulteriormente la disponibilità e per gestire la spesa in modo compatibile con la presenza industriale.

“Il Governo ha manifestato fin dall’inizio grande disponibilità al dialogo, in un clima di fiducia, dimostrando nei fatti di credere nella nostra industria come valore per l’intera Nazione. E assumendo anche una posizione forte in UE a tutela della proprietà intellettuale per la proposta di revisione della legislazione farmaceutica”, ha detto sul punto Cattani. “Più Europa nel mondo, più Italia in Europa”, perché “l’Italia deve rialzare la testa”.

“Questo governo si fida di chi fa impresa e di chi vuole lavorare (…), ha dichiarato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni qualche giorno fa. Noi facciamo impresa e vogliamo lavorare. A vantaggio dei cittadini, per offrire innovazione e cure. E per dare il nostro concreto contributo per aiutare la Nazione a realizzare un deciso scatto in avanti nella competizione internazionale”. Per rompere le dipendenze dall’estero, per fare l’interesse della Nazione Italia.

IL PUNTO SULLA RICERCA DELLA MINISTRA BERNINI

“Questa è un’industria al 53% femminile”, ha esordito la ministra Anna Maria Bernini (Università e Ricerca) invitata per prima sul palco da Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera. “Il Pnrr rappresenta una straordinaria opportunità, un momento sfidante. Adesso, o si cresce o si cresce. Dobbiamo spendere, bene e anche in un tempo relativamente limitato”. 9 miliardi in cinque anni, nello specifico.

Per Bernini bisogna “creare un ecosistema” della conoscenza che unisca la salute, la ricerca e l’industria. “Abbiamo finanziato cinque centri nazionali, ne stiamo finanziando circa cinquanta” che sostanziano questo ecosistema. Ma il lavoro della ministra procede a braccetto con il Ministero della Salute: “Con Schillaci abbiamo alzato del 30% i posti d’iscrizione alla Facoltà di Medicina”. Di più: “Dal 2022 c’è stato un +12,5 di deposito dei brevetti”, a proposito di proprietà intellettuale citata dal presidente Cattani. E cresceranno anche le borse di specializzazione, più coordinate con il mercato.

TUTTE LE LODI ALL’ITALIA DI URSO ALL’ASSEMBLEA DI FARMINDUSTRIA (E LE BACCHETTATE ALL’UE)

Il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, ha invece parlato delle incombenze in capo alla Commissione europea tali da rispondere alla visione che sta mettendo in campo l’Italia, segnatamente con questo governo, ma anche alle politiche degli altri Paesi, Usa e Cina in testa.

“Le forze di mercato da sole non bastano per garantire la competitività, se ne sono accorti gli Stati Uniti con l’Inflazione Reduction Act, come fa a non accorgersene la Commissione europea?”, ha chiesto retoricamente il ministro. Che ha dato ragione all’Italia anche sul tema del Fondo sovrano dell’Ue (con i primi dieci miliardi stanziati per le imprese), che il governo Meloni ha anticipato con il Fondo per il Made in Italy.

Insomma, ascoltando Urso emerge chiara la prospettiva di una Italia che è protagonista tanto dentro quanto fuori i propri confini, a livello di traiettorie industriali e politiche, verso le elezioni europee del 2024.

PERCHE’ L’ITALIA HA INVERTITO UN TREND IN EUROPA, SECONDO FITTO

Serenità ma anche fatica e responsabilità sono le prime parole che escono fuori quando Antonio Polito invita sul palco il ministro dei rapporti con l’Ue Raffaele Fitto. Il volto del Pnrr, la sfida delle sfide per l’Italia di questi anni.

“Abbiamo invertito un metodo, non solo su questo dossier [della farmaceutica]”, ha esordito il ministro ricordando il protagonismo in Europa dell’Italia targata Meloni. Dalla prima missione della premier, che è stata proprio. Bruxelles, fino all’ultimo Consiglio Ue della scorsa settimana. “Insieme alla Danimarca siamo stati i primi sulla farmaceutica” per lavorare in sede europea con un nuovo approccio. Il ragionamento va anche al futuro istituzionale di Bruxelles che si rinoverà tra undici mesi. Le soluzioni e le sensibilità possono arrivare strada facendo, dice Fitto.

Sul Pnrr, “si ha spesso un approccio superficiale, dicendo spendiamo-spendiamo. Dire che noi abbiamo brillato sull’uso di queste risorse impassito forse è eccessivo ma…” Ma? Serve chiarezza nell’uso di queste risorse, bisogna considerare anche i fondi di coesione, oltre al Pnrr, spiega il ministro. “Serve una visione comune per capire le criticità”, per esempio quella della necessità di riprogrammare il Piano perché è stato scritto prima della guerra russa all’Ucraina.

DE LUCA ALL’ASSEMBLEA DI FARMINDUSTRIA: “NON FACCIO PIROETTE”

Citato e lodato anche dal presidente Cattani nella sua relazione introduttiva, il presidente della Campania Vincenzo De Luca – protagonista indiscusso delle conferenze stampa in epoca Covid con le sue intemerate e attualmente immerso nel marasma piddino della nuova segreteria Schlein (terzo mandato o no?) – ha posto l’accento sui meriti della sua Campania nella farmaceutica. Che “rimane la Regione più difficile di questo Paese ma nell’arco di cinque anni siamo diventati i migliori nei pagamenti nell’industria farmaceutica”.

Eppure, dice De Luca, “non ho molti motivi per esultare: in Italia non c’è ancora una tendenza condivisa dell’economia. L’Italia è un Paese in lento declino ma con punti di eccellenza che ci impediscono di crollare (applausi)“. Certo, “cresciamo più di tutti, siamo però al di sotto del livello di Pil pre-Covid”. La strada è concentrare gli investimenti nella farmaceutica, “cerchiamo di non perdere almeno questa sfida”. Niente piroette, insomma, dice De Luca, malgrado l’ottimismo infuso dal ministro Urso nel suo intervento.

Basti pensare che “in media abbiamo 25 persone (su cento, ndr) in meno rispetto alla Germania” come lavoratori.

SCHILLACI: “SIAMO NELLA SANITA’ DEL TERZO MILLENNIO”

Infine, ecco il ministro della Salute Orazio Schillaci. “E’ importante mettere insieme l’innovazione ma anche semplificare. Siamo nella sanità del terzo millennio, dopo la pandemia, doppiamo essere pro-attivi”, tanto guardando ai trend delle malattie degenerative sulla popolazione nei prossimi anni quanto all’emersione delle tecnologie anche in questo settore della farmaceutica. “Ricerca e università sono il mondo da cui si parte per arrivare poi all’industria”, chiarisce allora il ministro spiegando la necessità di ammodernamento e di riforma della governance.

A partire dall’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco. “Al di là del reddito tutti devono avere accesso ai farmaci, a prescindere da dove si trovino nel Paese”. Il lavoro è fitto anche sulla prevenzione, “perché conta anche la qualità della vita: il che ha due vantaggi, una vita più durevole e una maggiore sostenibilità”. Per Schillaci, inoltre, avere quante più risorse non può che essere un bene. E promette di distribuirle anzitutto agli operatori, vista l’esperienza del Covid.

Le carte sul tavolo ci sono tutte, per collegare il mondo della ricerca all’industria e all’innovazione. Adesso bisogna iniziare a giocare.

Leggi qui Tutti i numeri del settore farmaceutico italiano. Report

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