Sebbene il numero di contagi sia in calo sia in Italia che nel mondo, molti esperti ricordano che è importante non abbassare la guardia nei confronti del Covid non solo perché il virus circola ancora tra di noi ma anche perché reinfettarsi più volte aumenta i rischi per la salute sia quando l’infezione è in corso che nella fase successiva, favorendo gli effetti del long Covid.
Uno studio pubblicato su Nature ha infatti dimostrato che chi si infetta tre volte rischia più di chi si è infettato due, che a sua volta ha maggiori probabilità di andare incontro a problemi conseguenti al Covid rispetto a chi ce l’ha avuto una volta o nessuna.
PERCHÉ NON ABBASSARE LA GUARDIA
“Negli ultimi mesi si è diffusa un’aria di invincibilità tra le persone che hanno avuto il Covid o tra i vaccinati, e soprattutto tra le persone che hanno avuto l’infezione e fatto anche il vaccino; alcuni hanno iniziato a riferirsi a questi individui come se avessero una sorta di superimmunità al virus”, tuttavia, “la nostra ricerca dimostra che contrarre il virus una seconda, terza o quarta volta contribuisce ad aumentare i rischi per la salute nella fase acuta, ovvero i primi 30 giorni dopo l’infezione, e nei mesi successivi, ovvero nel long Covid”. È il commento di Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico all’Università di Washington che ha coordinato la ricerca.
LO STUDIO
I ricercatori sono arrivati a questa conclusione dopo aver analizzato il database sanitario nazionale del Dipartimento degli Affari dei veterani degli Stati Uniti, che fornisce assistenza sanitaria ai militari del Paese.
I dati presi in considerazione si riferivano a un ampio arco temporale che andava da marzo 2020 ad aprile 2022 e riguardavano oltre 5 milioni di persone divise in tre gruppi: il primo, composto da 443.588 soggetti che avevano contratto il Covid solo una volta; il secondo, di cui facevano parte 40.947 individui che si erano infettati due o più volte e, infine, il terzo con 5.334.729 persone che non erano mai entrate in contatto con il virus.
I RISULTATI
Il risultato che è subito balzato agli occhi dei ricercatori è che maggiore era il numero dei contagi maggiore era la probabilità di andare incontro a un evento avverso per la salute.
Rispetto all’assenza di reinfezione, la reinfezione ha infatti contribuito ad aumentare il rischio di morte, di ospedalizzazione e di sequele, tra cui disturbi polmonari, cardiovascolari, ematologici, diabete, gastrointestinali, renali, salute mentale, muscoloscheletrici e neurologici.
In particolare, è stato osservato un rischio 3,5 volte maggiore di sviluppare problemi polmonari, 3 volte maggiore di soffrire di problemi cardiaci e 1,6 volte maggiore di soffrire di problemi cerebrali rispetto a chi ha contratto l’infezione una sola volta.
I rischi, si legge nello studio, erano evidenti indipendentemente dallo stato vaccinale ed erano più pronunciati nella fase acuta, ma persistevano nella fase post-acuta a 6 mesi.
SUGGERIMENTI
Per ridurre il carico complessivo di ospedalizzazioni e decessi dovuti al SARS-CoV-2 saranno quindi necessarie strategie di prevenzione e, dunque, oltre alla vaccinazione, anche buone pratiche come distanziamento sociale, igiene delle mani e soprattutto utilizzo delle mascherine non andrebbero abbandonate.
“Le misure per la prevenzione del contagio – ha concluso Al-Aly – meritano di essere mantenute in vigore: soprattutto in vista del sopraggiungere dell’inverno e della diffusione dell’influenza”.