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Ecco perché l’Ue mette al bando i dispositivi medici cinesi

Le aziende cinesi di dispositivi medici non potranno più partecipare alle gare d'appalto dell'Unione europea. Lo ha deciso Bruxelles in seguito a un'indagine secondo cui Pechino applica pratiche discriminatorie nei confronti dei produttori europei. Fatti e commenti

 

Lo Strumento internazionale per gli appalti pubblici (Ipi) dell’Unione europea entra in azione per la prima volta e la sua prima vittima sono i produttori cinesi di dispositivi medici. Bruxelles, infatti, dopo aver riscontrato irregolarità nelle gare d’appalto in Cina decide di ripagare il Dragone con la stessa moneta.

LE PRATICHE DISCRIMINATORIE DI PECHINO

Nell’aprile 2024 la Commissione europea aveva avviato un’indagine per esaminare in che modo la Cina favorisce le sue società nazionali, a scapito di quelle europee, nelle gare d’appalto per dispositivi medici.

Lo scorso gennaio aveva infine concluso che effettivamente i dispositivi medici dell’Ue non hanno un accesso equo alle gare d’appalto pubbliche della Cina e sono oggetto di continua discriminazione nel mercato degli appalti pubblici del Paese.

LE PROVE DI BRUXELLES

Nella sua relazione, Bruxelles dichiarava di aver trovato “prove evidenti” del fatto che Pechino ha adottato misure e pratiche che favoriscono i dispositivi cinesi per gli ospedali e condizioni che portano a offerte anormalmente basse che le aziende orientate al profitto non possono offrire. Inoltre, il documento cita anche una mancanza di trasparenza: meno di un decimo delle 380.000 gare d’appalto per dispositivi medici tra gennaio 2017 e il 31 maggio 2024 riportava criteri di ammissibilità in forma accessibile. Di questi, l’87% conteneva “discriminazioni dirette e indirette”, tra cui il divieto di importazione di dispositivi medici. In particolare, quelli per orecchio, naso e gola, ma anche per le vie respiratorie, i dispositivi diagnostici generali e quelli per immagini.

Il rapporto ha infatti individuato le cosiddette politiche “Buy China” di Pechino, progettate “per favorire direttamente quelli nazionali a scapito di quelli importati”. I dispositivi medici ad alte prestazioni, secondo Bruxelles, sono proprio uno dei dieci settori chiave identificati nella strategia “Made in China 2025” e, dunque, dovrebbero rappresentare la metà di tutti quelli utilizzati negli ospedali entro il 2020, il 70% entro il 2025 e il 95% entro il 2030.

“Questo cambiamento – scrive Bloomberg – ha trasformato un deficit commerciale di 1,3 miliardi di euro in questi beni per la Cina nel 2019 in un surplus di 5,2 miliardi di euro solo un anno dopo, secondo i dati citati in un rapporto dell’Ue pubblicato lo scorso aprile”.

L’ESCLUSIONE DELLA CINA DALLE GARE D’APPALTO

Ieri, quindi, nell’ambito dello Strumento internazionale per gli appalti pubblici, progettato per garantire la reciprocità, i governi dell’Ue, secondo quanto riferito da alcune fonti citate da Bloomberg, hanno appoggiato a larga maggioranza le proposte della Commissione Ue per limitare la partecipazione dei fornitori cinesi di dispositivi medici alle gare d’appalto pubbliche.

La Commissione, tuttavia, ha dichiarato di non poter rivelare l’esito del voto, il contenuto della sua proposta o i suoi prossimi passi.

Lo strumento però prevede che l’esecutivo comunitario possa escludere gli offerenti cinesi dalle gare d’appalto pubbliche dell’Ue più grandi – stando a una delle fonti, almeno dai contratti pubblici del valore superiore a 5 milioni di euro – o assegnare un punteggio di penalità alle loro offerte per cinque anni per contrastare la discriminazione. Ad ogni modo, secondo il diritto europeo, qualsiasi misura deve essere “proporzionata”.

Il South China Morning Post parla inoltre di cinque anni di esclusione dalle grandi gare d’appalto nel settore MedTech per Pechino.

IL DISAPPUNTO DI PECHINO

La Camera di Commercio cinese presso l’Ue, oltre ad affermare di avere “serie preoccupazioni per la mossa dell’Ue di limitare la partecipazione delle imprese cinesi nel mercato degli appalti, in particolare nel settore sanitario”, ha espresso “profondo disappunto” per la decisione, che, a suo dire, non ha riconosciuto il significativo accesso di cui le aziende europee di dispositivi medici avevano goduto in Cina.

“L’Ue ha sempre affermato di essere il mercato più aperto del mondo, ma in realtà, si sta muovendo passo dopo passo verso il protezionismo – ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian -. In un momento in cui il commercio globale affronta una considerevole incertezza, e alcuni Paesi stanno ricorrendo a misure tariffarie unilaterali che turbano l’ordine del mercato globale, la Cina e l’Ue dovrebbero sostenere congiuntamente il libero scambio”.

I 27 tuttavia rimproverano a Pechino la mancanza finora di azioni correttive per rimediare alla situazione. “C’è molto spazio per migliorare – ha detto l’ambasciatore dell’Ue in Cina, Jorge Toledo -. Temo che ci sia ogni giorno sempre più spazio perché la situazione sta peggiorando sempre di più. Quindi abbiamo bisogno di progressi, abbiamo bisogno di risultati e non li stiamo ottenendo”.

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