Dopo una serie di misure annunciate all’inizio dell’anno per tutelare la tecnologia sensibile e le infrastrutture chiave dalle mani dei rivali globali e le indagini sui produttori di turbine eoliche e pannelli solari, nonché di veicoli elettrici, l’Unione europea ha messo sotto la lente di ingrandimento la Cina per pratiche “discriminatorie” negli appalti pubblici per dispositivi medici.
Ma questa è la prima volta che avviene tramite il cosiddetto Strumento internazionale per gli appalti pubblici (International procurement instrument, Ipi), introdotto ormai quasi due anni fa.
Pechino non ci sta e accusa Bruxelles di protezionismo.
LA PRIMA INCHIESTA CON L’IPI
Oggi la Commissione Ue ha riferito di aver avviato un’indagine per esaminare in che modo la Cina favorisce le sue società nazionali, a scapito di quelle europee, nelle gare d’appalto per dispositivi medici e valutare le possibili contromisure. Per questo motivo, l’inchiesta si svolge nell’ambito dello Strumento internazionale per gli appalti pubblici (Ipi).
In un contesto di crescenti tensioni commerciali con Pechino, Bruxelles sospetta pratiche “discriminatorie” contro i suoi prodotti. In particolare, attraverso la politica del “buy China”, secondo quanto emerge dall’avviso di apertura dell’inchiesta pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.
L’esecutivo europeo assicura che non c’è l’intenzione di uno scontro ma evidenzia anche la mancanza di collaborazione mostrata finora dalla Cina. Il commissario per il commercio, Valdis Dombrovskis, ha infatti dichiarato che il dossier è stato aperto “in risposta alle misure e alle pratiche nel mercato cinese”, dopo non essere riusciti a raggiungere un accordo.
“Purtroppo – ha detto -, le nostre ripetute discussioni con la Cina su questo fattore irritante per il commercio sono state infruttuose. Confidiamo che questa indagine dell’Ipi accenda il nostro dialogo e ci aiuti a trovare soluzioni reciprocamente accettabili”.
LE ACCUSE DI BRUXELLES
Per la Commissione europea, la Cina “promuove l’acquisizione di dispositivi medici e servizi medici nazionali”, “limita l’acquisto di beni importati” e impone nelle sue procedure di acquisto centralizzato di dispositivi medici “condizioni che portano a offerte (di prezzo) normalmente basse che non possono essere sostenuto da società orientate al profitto”.
Queste “misure e pratiche restrittive dell’importazione svantaggiano in modo significativo e sistematico” le imprese dell’Unione europea, afferma la nota. E se Pechino non vi porrà fine, la procedura consentirà all’Ue di penalizzare le aziende cinesi nelle gare d’appalto europee, se non addirittura di escluderle.
L’indagine dovrà ora accertare i fatti entro 9 mesi e la procedura prevede consultazioni con le autorità cinesi affinché accettino di aprire il loro mercato. In tal caso, la Commissione Ue è disposta ad archiviare tutto.
COSA DICONO I DATI
Stando ai dati riportati da Eunews, “i flussi commerciali dicono che le esportazioni cinesi di dispositivi medici verso il mercato unico europeo hanno registrato un aumento di oltre il 100% tra il 2015 e il 2023, a dimostrazione dell’apertura complessiva dei mercati dell’Ue. Nel senso inverso, invece, ci sono troppe strozzature e troppe difficoltà”.
La causa sarebbero le misure introdotte dalla Cina che “differenziano ingiustamente” tra aziende locali e straniere e tra dispositivi medici prodotti localmente e importati, rendendo gradualmente sempre più chiuso il mercato cinese degli appalti per i dispositivi medici alle aziende europee e straniere.
Secondo un rapporto 2023 del think tank berlinese Merics citato da Dw, il mercato cinese dei dispositivi medici ha un valore di circa 135 miliardi di euro, il che lo rende il secondo più grande al mondo dopo quello degli Stati Uniti.
LA POLITICA “BUY CHINA” E LA STRATEGIA MADE IN CHINA 2025
La Commissione Ue ritiene, in particolare, che la Cina stia favorendo l’acquisto di suoi dispositivi medici attraverso la politica “Buy China” e la strategia Made in China 2025, oltre che con regolamenti secondo cui le autorità locali devono acquistare prodotti nazionali.
La prima stabilisce che “gli enti governativi acquistano beni, servizi e lavori nazionali, tranne: quando i beni, i servizi e i lavori non sono disponibili nel territorio della Repubblica Popolare Cinese o non sono disponibili a condizioni commerciali ragionevoli; quando i beni, i servizi e i lavori acquistati sono destinati a essere utilizzati al di fuori della Cina; e quando è altrimenti specificato da altre leggi e regolamenti”. Al “Buy China” si aggiungono anche le iniziative “Buy local”, che favoriscono i beni prodotti localmente.
La strategia Made in China 2025 prevede invece che l’acquisto da parte degli ospedali di dispositivi medici di fascia media e alta di produzione nazionale raggiunga il 50% entro il 2020 e il 70% entro il 2025.
LA RISPOSTA DI PECHINO
Immediata la risposta di Pechino all’indagine dell’Ue. Il Dragone ha accusato i Ventisette di “protezionismo”. “L’Ue ha spesso utilizzato i suoi strumenti commerciali e le misure di sostegno commerciale, ma queste non fanno altro che inviare segnali protezionistici, prendere di mira le aziende cinesi e danneggiare l’immagine dell’Ue”, ha affermato il portavoce della diplomazia cinese, Wang Wenbin.