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Zolgensma

Ecco come sarà la nuova Aifa secondo la riforma (aumm aumm) del governo Meloni

La riforma dell’Aifa, inserita con emendamenti in un decreto del governo, è passata in sordina ma alcune importanti modifiche lasciano perplessi. Fatti e commenti

 

Con il nuovo governo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i cambiamenti all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) erano nell’aria ma, nonostante siano avvenuti in modo molto silenzioso, si tratta di una vera e propria rivoluzione. E la prima testa destinata saltare è quella del direttore generale Nicola Magrini…

Ecco cosa cambierà.

CHI HA VOLUTO LA RIFORMA

Il testo dei due emendamenti al decreto Nato, che di fatto riforma completamente l’Aifa, è stato presentato dai capigruppo di Forza Italia e Fratelli d’Italia in Commissione Affari Sociali, Sanità e Lavoro del Senato, rispettivamente Francesco Silvestro e Ignazio Zullo.

COME CAMBIA L’AIFA

La prima grande novità è che non esisterà più la figura del direttore generale, il quale attualmente ha tutti i poteri di gestione dell’agenzia e ne dirige l’attività.

La nuova Aifa, inoltre, abroga sia la Commissione tecnico-scientifica (Cts) sia il Comitato prezzi e rimborso (Cpr), che vengono sostituiti da un’unica Commissione scientifica ed economica (Cse) di soli dieci membri, mentre attualmente ognuna delle due Commissioni ne ha dieci ciascuna.

Infine, il presidente (ora Giorgio Palù) dell’agenzia diventa rappresentate legale dell’istituzione.

Il Consiglio di amministrazione dell’Aifa resta, invece, formato sempre da 5 componenti: il presidente, due rappresentanti indicati dal ministero della Salute e due rappresentanti indicati dalla Conferenza Stato-Regioni.

LE MODALITÀ DI NOMINA

Un nuovo decreto stabilirà non più solo le funzioni del presidente ma anche i criteri e le modalità per nominarlo, mentre finora veniva designato dal ministro della Salute d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Stesso discorso sia per la nomina del direttore amministrativo e del direttore tecnico-scientifico – due figure istituite dalla riforma del 2019 dell’ex ministra della Salute Giulia Grillo, ma mai nominate – sia per i dieci membri del Cse.

QUANDO SARANNO EFFETTIVI I CAMBIAMENTI

Mentre l’abolizione della figura del direttore generale diventerà effettiva non appena il decreto verrà convertito in legge, la nuova Commissione unica non entrerà in carica prima del 1° marzo 2023 perché è necessario attendere la scadenza della proroga della Cts e del Cpr, fissata per il 28 febbraio 2023.

I RISCHI DELLA RIFORMA

Secondo il giornalista Giovanni Rodriquez di Quotidiano Sanità, questa riforma per mezzo di un emendamento lascia aperti almeno due grandi interrogativi che pongono dei rischi.

Il primo, afferma nel suo articolo, è di natura politica perché l’abolizione della figura del direttore generale farebbe “venire meno quel sistema di pesi e contrappesi che nel corso degli anni ha garantito un certo equilibrio” dato che “ad oggi, di fatto, il direttore generale veniva scelto dal ministro della Salute mentre il presidente dalle Regioni”. Ora, invece, tra le modalità di nomina del presidente che assumerà tutti i poteri e la mancanza di un nuovo sistema di equilibri che garantisca l’indipendenza della valutazione tecnico-scientifica, “il rischio è che si venga a creare un forte sbilanciamento verso l’indirizzo politico dettato dal ministero della Salute”.

Il secondo ha a che fare con la nascita di un’unica Commissione che va a sostituire Cts e Cpr e, dunque, scrive Rodriquez, “il rischio è che per fare una riforma in fretta, ad invarianza di bilancio, si venga a creare un sovraccarico di lavori all’interno della nuova commissione, con relativi ritardi nelle approvazioni, visto l’esiguo numero dei componenti”.

E oltre ai possibili ritardi, Repubblica sottolinea che l’abolizione di Cts e Cpr pone anche il potenziale rischio di venire schiacciati dalle Big Pharma, che “talvolta hanno la tendenza a mettere in commercio sempre più prodotti (anche non necessari) e a prezzi per loro favorevoli”.

CHI È PRO E CHI È CONTRO LA RIFORMA DELL’AIFA

Il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, ha ovviamente difeso la riforma spiegando che Aifa, a suo giudizio, “necessita di una rivisitazione e un ammodernamento”, a partire dalla governance.

Mentre, dall’altra parte, la senatrice del Pd ed ex ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, attacca il provvedimento proprio su questo aspetto: “Con la nuova governance accentrata nelle mani del Presidente del Cda, di natura totalmente politica, si snatura la missione dell’Agenzia e la sua natura d’indipendenza scientifica così come il virtuoso equilibrio dei poteri e delle responsabilità”.

Anche la senatrice dem Sandra Zampa (responsabile Sanità del Pd ed ex sottosegretario alla Salute), scrive Panorama Sanità, ha espresso preoccupazione per le disposizioni su Aifa, “che non può essere riformata attraverso un emendamento”, e il senatore Graziano Delrio (Pd) ha detto che avrebbe voluto votare a favore del decreto ma che si è poi dovuto astenere proprio “per la forzatura che il ministro della salute ha operato sulla riforma dell’Aifa, senza consultare le Regioni e le aziende che producono farmaci”.

Pure l’economista e senatore del Pd Carlo Cottarelli si è pronunciato contro con un tweet:

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