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Ecco come le microplastiche raddoppiano il rischio di infarto e ictus

In media un adulto inala o ingerisce dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche l’anno, l’equivalente di una carta di credito. Adesso uno studio italiano ha scoperto che le microplastiche si trovano anche nelle arterie e questo aumenta il rischio cardiovascolare. Tutti i dettagli

 

Le microplastiche sono ovunque. Nel suolo della Terra e nelle acque dei mari, negli stomaci degli animali, nel sangue, nei polmoni e nella placenta dell’essere umano. Ora, secondo uno studio italiano pubblicato sul New England Journal of Medicine, si trovano anche nelle arterie e raddoppierebbero il rischio di infarto e ictus.

LO STUDIO

Lo studio, coordinato da ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, è stato condotto su 257 pazienti over 65 che si sono sottoposti a endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica, ovvero una procedura chirurgica durante cui sono stati rimossi dei depositi di grasso dalle arterie, pericolosi per il cuore.

I depositi di grasso, detti placche aterosclerotiche, sono poi stati analizzati con il microscopio elettronico in modo da rilevare l’eventuale presenza di micro e nanoplastiche, cioè particelle plastiche con un diametro rispettivamente inferiore a 5 millimetri o a 1 micron (0,001 millimetri).

I RISULTATI

Dai dati raccolti è emerso che per la prima volta le microplastiche sono presenti anche nelle placche aterosclerotiche e, dunque, nelle arterie. In particolare, sono state rintracciate micro e nanoplastiche a base di polietilene (Pe) nel 58,4% dei casi e di polivinilcloruro (Pvc) nel 12,5%, due tra i composti plastici più utilizzati al mondo. Si trovano infatti in prodotti di tutti i tipi, dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole plastificate fino ad alcuni materiali per l’edilizia.

Le placche aterosclerotiche ‘inquinate’ dalle microplastiche sono, inoltre, risultate più infiammate e quindi più delicate ed esposte a rischio di rottura, il che raddoppia il rischio di infarto, ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche che non contengono microplastiche.

LA CORRELAZIONE TRA MICROPLASTICHE E MAGGIOR RISCHIO CARDIOVASCOLARE

“L’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro e nanoplastiche comportano una maggiore instabilità delle placche e quindi un maggior rischio che si rompano, dando luogo a trombi e provocando così infarti o ictus. Questi risultati mostrano per la prima volta nell’uomo una correlazione fra la presenza di micro e nanoplastiche e un maggior rischio cardiovascolare”, ha spiegato Raffaele Marfella, ideatore dello studio e professore di Medicina interna all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

“Tutti i partecipanti sono stati seguiti per circa 34 mesi e si è osservato in particolare che, in coloro che avevano placche ‘inquinate’ dalle plastiche, il rischio di infarti, ictus o di mortalità per tutte le cause era almeno raddoppiato, indipendentemente da altri fattori di rischio cardio-cerebrovascolari come età, sesso, fumo, indice di massa corporea, valori di colesterolo, pressione e glicemia o precedenti eventi cardiovascolari”, ha aggiunto Giuseppe Paolisso, anche lui professore di Medicina interna presso la stessa università e coordinatore dello studio.

DA DOVE PROVENGONO LE MICROPLASTICHE?

La comunità scientifica plaude alla scoperta, definita “rivoluzionaria” dall’epidemiologo Philip J. Landrigan, fondatore e direttore del Global Public Health Program del Boston College e del Global Pollution Observatory, il quale però ricorda che resta di fondamentale importanza ridurre l’esposizione alle microplastiche.

In media, infatti, un adulto inala o ingerisce dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche l’anno, pari a 5 grammi di plastica alla settimana, l’equivalente di una carta di credito. A riferirlo è l’ultimo rapporto Future Brief della Commissione europea. E secondo uno studio pubblicato su Environmental Science and Technology sarebbero addirittura a in media tra le 78.000 e le 211.000.

Tuttavia, resta da approfondire la provenienza delle microplastiche trovate nell’essere umano. “Il nostro studio non ha indagato l’origine delle micro e nanoplastiche, rilevate nelle placche aterosclerotiche” e “considerata l’ampia diffusione di Pe e Pvc, attribuirne la fonte di provenienza nell’uomo è pressoché impossibile”, ha precisato Antonio Ceriello dell’Irccs Multimedica di Milano.

Un’infografica di Statista mostra invece che la maggiore fonte nota di microplastica che entra nel nostro corpo è l’acqua in bottiglia, seguita dalla birra e dall’aria che respiriamo.

Fonte: Statista

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