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Orthrus

Covid, scoperto un enzima ‘esca’ che inibisce l’infezione

Nel futuro di una terapia universale contro tutte le varianti Covid c’è l’mRna ma non come lo conosciamo… Tutti i dettagli dello studio che ha individuato un enzima in grado di inibire l’infezione

 

Un gruppo di ricercatori della Oregon State University, in collaborazione con dei colleghi del Texas Biomedical Research Institute, ha studiato come utilizzare l’mRna per produrre una terapia universale contro tutte le varianti Covid.

“Invece dell’Rna messaggero come vaccino, l’mRna può essere utilizzato come terapia universale contro diversi coronavirus”, ha detto Gaurav Sahay, ricercatore del team.

Attualmente i risultati dello studio sono stati dimostrati su un modello murino e per l’uomo ci vorranno probabilmente un paio di anni.

LA NOVITÀ

Finora l’mRna era stato usato per realizzare vaccini, ma i ricercatori che hanno pubblicato il loro studio su Advanced Science lo hanno utilizzato per confezionare nanoparticelle lipidiche in grado di aggirare il virus anche attraverso l’inalazione.

“Nonostante la vaccinazione di massa, è urgente sviluppare opzioni terapeutiche efficaci per porre fine a questa pandemia. Diverse terapie hanno mostrato una certa efficacia – ha spiegato Sahay -, ma l’alto tasso di mutazione del virus complica lo sviluppo di farmaci che trattano tutte le varianti preoccupanti”.

COME AGISCE LA TERAPIA

Se la respirazione è la via principale con cui il virus Sars-CoV-2 si insinua dentro di noi, allora è lì che va fermato e i ricercatori hanno sviluppato una terapia universale che, grazie alla nanotecnologia, permette di bloccarlo all’origine.

Partendo dal presupposto che l’involucro del virus è ricoperto da proteine spike, che si legano a un enzima prodotto dalle cellule dei polmoni, e utilizzando l’mRna in nanoparticelle lipidiche, gli studiosi hanno mostrato che le cellule ospiti possono produrre un enzima capace di legarsi alle proteine spike, che impedirebbe al virus di attaccarsi alle cellule nelle vie aeree dell’ospite riuscendo quindi a bloccare il processo di infezione.

LA SPERIMENTAZIONE

I ricercatori hanno quindi prima progettato mRna sintetico per codificare una forma solubile dell’enzima hACE2 (hsACE2) per prevenire l’infezione virale, poi hanno confezionato nuove nanoparticelle lipidiche che confezionassero e trasportassero l’mRna nelle cellule affinché producessero l’enzima hsACE2.

Le nanoparticelle, somministrate per via endovenosa, nel giro di due ore hanno provocato la produzione dell’enzima hsACE2, che ha circolato per giorni nel flusso sanguigno delle cavie.

Non solo. La nuova nanoparticella lipidica è stata somministrata anche tramite inalazione – che sarebbe il metodo di somministrazione preferito per l’uomo -, stimolando le cellule epiteliali nei polmoni a secernere l’enzima hACE2 solubile.

IL RUOLO DELL’ENZIMA

Come hanno spiegato i ricercatori, “la semplice somministrazione di hsACE2 [senza l’utilizzo delle nanoparticelle lipidiche contenenti mRna, ndr] a un paziente Covid avrebbe un’efficacia limitata nel trattamento della malattia perché la forma solubile dell’enzima ha una breve emivita, meno di due ore, il che significa non rimarrebbe nel sistema di una persona molto a lungo”.

“L’enzima solubile – ha aggiunto Jeonghwan Kim, ricercatore dell’Oregon State University – ha efficacemente inibito Sars-CoV-2 vivo dall’infezione delle cellule ospiti. La sintesi dell’mRna è veloce, conveniente e scalabile e l’mRna fornito da Lnp [la nanoparticella lipidica, ndr] può essere ripetuto se necessario per sostenere la produzione di proteine ​​fino alla scomparsa dell’infezione. Una volta interrotto il trattamento, l’hACE2 solubile non più necessario ripulisce il sistema nel giro di pochi giorni”.

Questo studio, per gli autori, dimostra quindi che la nanoterapia basata sull’mRna è in grado di produrre una proteina hsACE2 ‘esca’ che inibisce l’infezione da Sars-CoV-2.

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