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Oms Rapporto Di Maio

Covid, cosa dice sull’Italia il rapporto Oms imboscato dall’Oms

Tutte le critiche sulla gestione italiana della pandemia Covid contenuti nel rapporto di 10 ricercatori Oms inguattato dalla stessa Oms, secondo la trasmissione Report di Rai3. I rilievi su ministero della Salute e Iss. Apprezzamenti per l'attività del Veneto. E il ruolo di Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Oms

 

Assenza di piano pandemico, scelte sbagliate, ritardi. Il rapporto “Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell’Italia al Covid”, redatto da 10 ricercatori Oms racconta in 100 pagine la risposta inadeguata dell’Italia alla pandemia.

Quel rapporto, secondo la trasmissione Report, era scomodo per governo e Ranieri Guerra, ex direttore del ministero della Salute (qui l’approfondimento), fu pubblicato il 13 maggio scorso dall’Oms. Dopo qualche ora la stessa Organizzazione lo ritirò.

Ma cosa c’è scritto di così poco conveniente nel rapporto sull’Italia.

IL RAPPORTO

Il rapporto “Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell’Italia al Covid” è stato finanziato con circa 100mila dollari da un finanziamento del Kuwait e descrive come l’Italia abbia affrontato l’arrivo della pandemia nel Paese. A guidare il gruppo di lavoro che ha redatto il dossier è stato Francesco Zambon coordinatore Investment for Health and Development (HES) in Healthy Settings (che ora teme il licenziamento).

UNA RISPOSTA CAOTICA ED IMPROVVISATA

Nel rapporto, infatti, si fa una fotografa impietosa dell’Italia. La risposta a Covid-19 è stata del tutto inadeguata: “Impreparati a una simile marea di pazienti gravemente ammalati, la reazione iniziale degli ospedali fu improvvisata, caotica e creativa. Ci è voluto del tempo prima che una guida formale diventasse disponibile”, si legge nel rapporto Oms.

NESSUN PIANO PANDEMICO AGGIORNATO

Nessuna sorpresa sulla risposta improvvisata. L’Italia non aveva un piano pandemico aggiornato.

“L’Italia non era del tutto impreparata a un’epidemia quando arrivarono i primi notiziari dalla Cina. Nel 2006, dopo la prima epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS), il Ministero della Salute italiano e le regioni hanno approvato un piano nazionale di preparazione e risposta all’influenza pandemica”. Piano che era stato, spiegano i ricercatori Oms, solo “riconfermato nel 2017 (8-11), con linee guida per i piani regionali. Più recentemente, il virus H1N1 / 09 nel 2009 e il virus Ebola nel 2014 hanno richiamato l’attenzione sul rischio che tali fenomeni si potrebbero presentare”.

LA RISPOSTA (DIVERSA) DI LOMBARDIA E VENETO

In mancanza di un piano nazionale definito, la risposta delle regioni alla pandemia è stata diversa. Lombardia e Veneto, le due regioni dove è arrivato prima il virus, hanno scelto strategie diverse. La prima ha seguito, per i test ed il tracciamento, le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, facendo i tamponi solo agli asintomatici. Il Veneto ha scelto di fare tamponi a tappeto.

COSA SCRIVE OMS SU LOMBARDIA E VENETO

“Nelle regioni colpite per prime dall’epidemia – Lombardia e Veneto – la trasmissione comunitaria era ormai consolidata al momento dell’allarme. La crescita esplosiva dell’epidemia ha rapidamente superato la capacità di test. In Lombardia, dove il sistema si avvale di una fitta rete di servizi curativi ospedalieri, i test hanno seguito la politica nazionale: inizialmente erano limitati ai casi sintomatici, tanto più che i test erano scarsi. Il Veneto, con una forte rete di sanità pubblica e capacità di sensibilizzazione della comunità, ha adottato un approccio più proattivo alla ricerca dei casi attraverso test approfonditi (che si estendono oltre le linee guida nazionali in quel momento). La regione ha mobilitato fondi per espandere la sua capacità di test e si è mossa in modo aggressivo per trovare casi nella comunità, confermarli, tracciare anche i contatti più fugaci e testarli tutti. Cumulativamente, il Veneto ha testato il doppio delle persone su 1000 della Lombardia (21,0 contro 11,7)”.

lombardia - veneto

CAOS NELLE ALTRE REGIONI

I due diversi approcci, continuano i ricercatori, “hanno portato a molte polemiche e dibattiti pubblici nei media e tra i responsabili politici”. Questo “ha lasciato le altre regioni a dover elaborare il proprio approccio alla ricerca dei casi in un momento in cui la capacità di test era limitata e le prove sull’approccio migliore erano scarse”.

PROMOSSO IL MODELLO VENETO

Quale il modello migliore per i ricercatori Oms? Quello Veneto, che ha ignorato le linee guida nazionali. Nel rapporto, infatti, si elogia quanto fatto a Vo’ Euganeo.

“Il primo incidente mortale di Covod in Italia è avvenuto nel piccolo comune di Vo’ Euganeo (3300 abitanti) in Veneto. Un cluster si era sviluppato inosservato, ma da allora la rapida reazione e gestione della regione ha trasformato questa difficile situazione in una storia di successo di pratiche di isolamento e contenimento”, scrivono i ricercatori Oms.

“La regione ha immediatamente deciso di isolare l’intero comune e di condurre test di massa su tutta la popolazione, comprese quelle che non presentavano sintomi. Identificando e isolando i gruppi di persone asintomatiche infette, Covid-19 è stato eliminato da Vò in meno di 14 giorni. Questo approccio innovativo e aggressivo alla sperimentazione e l’uso ambizioso dei tamponi per contenere e fermare la catena di trasmissione è già stato oggetto di studi da parte di pubblicazioni scientifiche internazionali. L’esperienza ha informato l’approccio generale della regione, la cui risposta è stata elogiata per la sua efficacia nell’appiattire la curva di diffusione della malattia”. Insomma, una bocciatura velata (ma non troppo) a Governo ed Iss che hanno seguito a differenza del Veneto le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanit.

NUMERI DIFFICILI DA INTERPRETARE

Bocciatura AL che passa anche dall’interpretazione dei dati: il diverso approccio alla politica dei test ha fatto sì che “i bollettini giornalieri con i numeri di casi confermati fossero particolarmente difficili da interpretare, con le indicazioni per il test differivano da regione a regione”, critica l’Oms.

I RITARDI DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO

Non solo dati di difficile interpretazione, anche ritardi nel monitoraggio. “Già il 22 gennaio, il Ministero della Salute ha incaricato l’ISS di istituire un sistema di sorveglianza per Covid-19. Una piattaforma web dedicata ha integrato i dati epidemiologici e di laboratorio di tutte le regioni e del laboratorio nazionale di riferimento per il virus Covid-19 dell’ISS. Ciò ha generato infografiche giornaliere sulla diffusione dell’epidemia e sulle caratteristiche dei casi segnalati. I bollettini bisettimanali hanno fornito un’analisi più approfondita delle informazioni raccolte”, si legge nel rapporto. “Ci è voluto del tempo prima che questo sistema di sorveglianza centralizzato potesse snellire la raccolta dei dati sulla ricerca dei contatti. Nel frattempo, le unità sanitarie locali hanno messo in atto quasi immediatamente un mosaico di raccolta dati sulla ricerca dei contatti. Le iniziative sono sorte in tutto il Paese attraverso sistemi improvvisati, utilizzando carta e matita o fogli Excel ad hoc. I criteri e le definizioni dei casi variavano da luogo a luogo. Ci è voluto fino a metà marzo prima che i dati di tracciamento dei contatti fossero armonizzati e raccolti in piattaforme”, denunciano i ricercatori dell’Organizzazione mondiale di sanità.

MINISTERO SALUTE: MAI VISTO QUESTO DOCUMENTO

Il rapporto Oms non sembra mai essere finito sui tavoli del Ministero della Salute. E a detta del ministero non sarebbe nemmeno un documento ufficiale Oms: “a quanto ci risulta non si tratta di un documento ufficiale dell’OMS e non è mai stato trasmesso al Ministero della Salute che quindi non lo ha mai né valutato, né commentato. Ogni informazione in merito deriva da fonti non istituzionali”, scrivono dall’Ufficio Stampa del Ministero della Salute, in risposta ai chiarimenti cercati da Report.

ECCO LA RISPOSTA DELL’ITALIA ALLA PANDEMIA

Il ministero racconta a Report anche le linee di risposta alla pandemia. “Per quanto riguarda la risposta al Covid-19, il piano dell’Italia è declinato nel documento “Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale” realizzato da Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Superiore di Sanità, AIFA, INMI Lazzaro Spallanzani, Protezione Civile, Inail, Conferenza Stato Regioni, AREU 118 Lombardia, Fondazione Bruno Kessler (FBK), Struttura commissariale straordinaria per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 e altri”, spiegano dal Ministero, precisando che “per “piano pandemico” l’Oms, l’Ecdc e l’Italia fanno riferimento al Piano Pandemico Influenzale che è un documento pubblico consultabile sul sito del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ECDC (https://www.ecdc.europa.eu/en/seasonalinfluenza/preparedness/influenza-pandemic-preparedness-plans) e sul sito del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_501_allegato.pdf)”.

PIANO PANDEMICO IN CORSO DI AGGIORNAMENTO

E proprio in queste settimane è “in corso l’aggiornamento del Piano, presso la Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute. Come Ufficio Stampa del Ministero della Salute ricordiamo che l’Oms, l’Ecdc e le altre organizzazioni internazionali, come compete loro, definiscono gli standard e le strategie di contenimento raccomandate, in un costante confronto con tutti i Paesi membri. L’Italia, su numerosi aspetti legati alla sfida pandemica ha recepito, nelle misure adottate, le indicazioni di Oms ed Ecdc”, scrive il Ministero.

QUI IL RAPPORTO OMS. 

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