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Big Pharma e nuovi farmaci: quanto incidono davvero le spese per ricerca e sviluppo sui prezzi. Studio Bmj

I prezzi dei farmaci aumentano sempre di più ma questa volta non c’entrano la guerra, l’inflazione o la carenza di materie prime. Dai conti delle Big Pharma emerge, invece, che le voci di spesa che pesano di più sono per le attività di vendita e non per ricerca e sviluppo. Tutti i dettagli dello studio pubblicato sul British medical journal (Bmj).

 

Gli elevati prezzi dei farmaci non sono giustificati solo dalla spesa delle Big Pharma per la ricerca e lo sviluppo (R&S) bensì da quella per attività amministrative, di marketing e pubblicità. Lo afferma un recente studio pubblicato sul British medical journal (Bmj).

Ecco come sono ripartite le spese dell’industria farmaceutica.

LA BUGIA DELLE BIG PHARMA

“L’industria biofarmaceutica sostiene da tempo che i prezzi elevati sono necessari per sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci”, affermano gli studiosi.

“Sebbene gli autori riconoscano che ci sono grossi rischi finanziari associati all’immissione sul mercato di nuovi farmaci – proseguono -, l’analisi della spesa delle aziende farmaceutiche in relazione ai prodotti solleva dubbi su questa affermazione”.

L’ANALISI DEI DATI

Gli autori della ricerca, un gruppo di economisti guidato da Aris Angelis, analizzando i dati delle 15 maggiori aziende biofarmaceutiche del mondo dal 1999 al 2018, ha osservato che queste hanno speso di più per le attività di vendita, generali e amministrative che per la ricerca e lo sviluppo, e che la maggior parte dei nuovi farmaci sviluppati in questo periodo “ha offerto un beneficio clinico minimo o nullo rispetto ai trattamenti esistenti”.

COSA DICONO I NUMERI

Secondo gli economisti quanto dichiarato dalle società non è vero perché i numeri dicono altro. Infatti, nel periodo preso in considerazione, le Big Pharma hanno fatturato 7.700 miliardi di dollari, di cui 2.200 miliardi sono andati in attività di “vendita, generali e amministrative” – marketing e pubblicità compresi – e 1.400 in ricerca e sviluppo.

Fonte: Bmj

PER I NUOVI FARMACI PAGHIAMO DUE VOLTE

Non solo. La giustificazione dei prezzi elevati dei farmaci per compensare le spese di R&S, si legge nello studio, “ignora anche i notevoli investimenti pubblici nella scoperta e nello sviluppo dei farmaci. Ciò significa che la società sta potenzialmente pagando due volte per i nuovi farmaci, la prima sotto forma di ricerca sovvenzionata pubblicamente e la seconda attraverso i prezzi elevati dei prodotti”.

QUANTO SONO AUMENTATI I PREZZI DEI FARMACI

Lo studio afferma inoltre che, negli Stati Uniti, i prezzi netti stimati dei nuovi farmaci da prescrizione sono passati da una media di circa 1.400 dollari all’anno nel 2008 a oltre 150.000 dollari all’anno nel 2021, e anche i farmaci più vecchi e comuni hanno registrato aumenti di prezzo inspiegabili negli ultimi anni.

Per esempio, dal 2007 al 2018, il prezzo di listino di alcuni prodotti a base di insulina è più che raddoppiato mentre un rapporto del governo americano ha identificato 1.216 prodotti che hanno visto un aumento dei prezzi superiore all’inflazione tra il luglio 2021 e il luglio 2022, con un incremento medio del 31,6%.

IL RIACQUISTO DI AZIONI

Un altro aspetto che emerge, relativo allo stesso arco di tempo, riguarda il riacquisto delle proprie azioni da parte delle aziende, una pratica che ha l’obiettivo di far alzare i prezzi delle azioni, a favore di chi le possiede. La maggior parte di loro, infatti, ha anche speso di più per questa voce che per la R&S, “il che – scrivono gli autori – solleva dubbi sull’impegno nella ricerca biofarmaceutica veramente valida e rischiosa”.

LA NECESSITÀ DI UN INTERVENTO GOVERNATIVO

“Considerando l’importo speso per le attività non di ricerca e sviluppo e il fatto che la maggior parte dei nuovi farmaci aggiunge poco o nessun valore terapeutico, in teoria l’industria biofarmaceutica potrebbe generare più innovazione di valore medico con le risorse esistenti – affermano -. Tuttavia, è improbabile che ciò accada senza un intervento governativo o una regolamentazione lungo il ciclo di vita dei nuovi farmaci”.

UNA BUONA NOTIZIA

Nonostante tutto, gli autori evidenziano anche un aspetto positivo. Sebbene negli ultimi due decenni le aziende farmaceutiche abbiano speso di più sia per le attività di vendita, generali e amministrative, e per il riacquisto di azioni che per la ricerca e lo sviluppo, il valore percentuale sul totale delle spese di vendita e amministrative è passato da 35 a 27%, mentre i soldi investiti in R&S sono passati dal 16 al 21%.

Fonte: Bmj

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