Misure antismog emergenziali in quasi tutte le province della Lombardia. È partito il piano per provare a rendere più salubre l’aria nella regione più ricca d’Italia (qui si genera il 23% del Pil italiano). L’altra faccia della medaglia della vitalità produttiva è un ormai cronico problema di polveri sottili, il pericoloso particolato Pm2.5 che domenica scorsa, secondo classificazione di IQair, sarebbe stato 29,7 volte i valori indicati dall’Oms, dati che avrebbero fatto classificare Milano al terzo posto tra le città più inquinate del mondo (classifica realizzata tra le 111 città con più di 300mila abitanti).
ARIA PESANTE A MILANO: I DATI ALLARMISTICI DI IQAIR E QUELLI DI ARPA LOMBARDIA
Forse IQair ha sfornato una comunicazione un po’ allarmistica. IQair è un’azienda svizzera che produce prodotti per migliorare la qualità dell’aria come i purificatori d’aria. Insomma, un’azienda che ha tutto il vantaggio ad amplificare la preoccupazione su un tema dirompente. “Alcuni indicatori non sono affidabili – ha detto Marco Percoco, direttore del Green dell’università Bocconi, al Sole 24 ore – Ma il problema esiste e vanno date risposte di lungo periodo. A Milano i fattori più inquinanti sono rappresentati dalla produzione industriale dell’area pedemontana e dal traffico. Per quanto riguarda il traffico merci, al di sotto di certe misure chilometriche non si può optare per il ferro; quindi, vanno gestiti in modo diverso i flussi della città, come già avviene in altri Paesi, come l’Olanda”.
I dati di IQair, infatti, non sono confermati da quelli di Arpa Lombardia, l’ente che si occupa di monitorare in regione l’andamento di Pm10 e Pm2.5. Le 83 stazioni dell’Arpa hanno rilevato la presenza di 76 microgrammi per metro cubo (il limite è a 25) e il Pm10 di 100 (il limite europeo è di 50). “Noi stiamo lavorando per migliorare l’aria. Arpa dice che l’aria è migliorata, ma io sostengo non abbastanza – ha detto il sindaco di Milano Giuseppe Sala -. Da qua al fatto che tutti andiamo dietro a una notizia fatta da un ente privato con nessuna titolarità… Parliamo di cose serie”. Dati seri, ma non allarmanti, anche quelli di AMAT, che ogni giorno pubblica un Rapporto giornaliero sulla qualità dell’aria.
UNICA STRADA: NON INQUINARE
A rendere le cose ancora più difficili per Milano è la sua posizione. “La Pianura Padana in determinati casi diventa una camera di reazione chimica, tutto rimane lì e c’è poco da fare per cambiare le cose, se non una: diminuire le emissioni inquinanti – dice il fisico del clima del Cnr Antonello Pasini su Repubblica -. Se non emetti o emetti di meno mandi meno inquinanti in atmosfera e la concentrazione non aumenta. Sembra banale dirlo, eppure lo abbiamo visto anche con il lockdown come dopo 15 giorni l’aria di certe città era più pulita, perché gli inquinanti legati al traffico veicolare hanno un tempo di vita di una decina di giorni e quindi con un blocco continuato solitamente le condizioni migliorano. Però non c’è solo il traffico, pensiamo ad esempio alle emissioni e agli impatti degli impianti di riscaldamento, oppure le emissioni industriali”.
JACOPO GILBERTO: LE SABBIE DEL SAHARA RENDONO PENSANTE L’ARIA A MILANO
Un allarme (quasi) infondato secondo Jacopo Giliberto, giornalista ed ex portavoce dell’ex ministro dell’ambiente Corrado Clini che oggi, sul quotidiano Il Foglio, spiega che se l’aria a Milano è diventata pesante è a causa delle sabbie del Sahara che hanno invaso i cieli d’Europa. “Nel weekend l’aria è diventata opaca color duna, e per quattro giorni si è caricata di polveri finissime oltre i 100 microgrammi, polveri desertiche sommate agli inquinanti di fumi e traffico. Bassissimi tutti gli altri classici inquinanti invernali, come gli ossidi di azoto e di zolfo e l’ammoniaca. A mano a mano che si scendeva verso il fondo del catino padano le polveri sahariane erano sempre più accumulate: 106 la media di Milano, 107 Cremona, 115 la media di Lodi”.
Sono cifre alte ma per fortuna ben lontane dai primati sì frequenti fino a qualche anno fa. Giliberto contesta anche la posizione del capoluogo lombardo nella classifica di IQair. “Ma ecco qualche numero sulla polvere nell’aria domenicale, espresso in microgrammi per metro cubo d’aria. Hotan (Cina) 1.482, Kezhou (Cina) 2.763, Kashgar (Cina) 3.425, Shangluo (Cina) 1.365, Nanyang, Henan (Cina) 1.088 e via intossicando. Si omette il resto dell’asfissiante graduatoria di città cinesi. Più vicine all’aria padana le indiane Nuova Delhi 178 e Calcutta 144, Lahore (Pakistan) 281, ma anche N’Dj amena (Ciad) 163. In Europa spiccano le isole Canarie, oltre i 350, e i Balcani con Kozani a 442”.
LO STUDIO: AUMENTO DELLA MORTALITÀ SE NON SI RITARDA IL PIANO D’AZIONE ZERO POLLUTION 2021
A essere presente in quantità superiori alla norma è anche biossido di azoto (NO2). Lo studio “Urgent Call to Ensure Clean Air For All in Europe, Fight Health Inequalities and Oppose Delays in Action” dell’International Journal of Public Health stima che quasi 330.000 persone potrebbero morire, in Europa, per malattie connesse all’inquinamento, in seguito al rinvio di 10 anni dell’adempimento ai nuovi limiti sulla qualità dell’aria previsti dal Piano d’azione Zero Pollution 2021 della Commissione europea: un terzo circa della mortalità aggiuntiva si verificherebbe in Italia.
A rilanciare lo studio è l’associazione Cittadini per l’Aria, una rete di associazioni, con base a Milano, che si batte per la tutela della qualità dell’aria. “L’attuale posizione dell’Italia è irresponsabile non solo per la richiesta di un rinvio che condanna a morte oltre centomila cittadini italiani ma – scrive Anna Gerometta, Presidente di Cittadini per l’aria onlus -, soprattutto, in quanto il rinvio richiesto – piegando per l’ennesima volta alla volontà politica il rispetto dell’evidenza scientifica e il diritto alla salute – ha il mero scopo di legittimare l’assoluta inazione che ormai da decenni caratterizza le politiche dell’aria in Italia”. Inoltre, nel 2021, il 97% della popolazione urbana dell’Unione europea è stata esposta a concentrazioni di particolato fine superiori al livello delle linee guida sanitarie stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.