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Wagner

Covid, come l’Europa può davvero aiutare l’Africa sulla sanità

L’intervento di Marco Mayer, docente al Master in Cybersecurity Luiss, già consigliere del ministro dell’Interno per la Cybersicurezza (2017-2018)

 

In vista del Consiglio europeo di oggi, Mario Draghi, parlando alla Camera, ha affermato che non basta mantenere le promesse sulle donazioni di vaccini. È fondamentale aiutare i paesi più poveri (nell’Africa sub-sahariana in particolare) ad organizzarsi perché le vaccinazioni non restino sulla carta e le dosi non debbano essere restituite ai donatori per evitare che scadono.

I vaccini ricevuti sono come è noto gravemente insufficienti, ma ciò di cui nessuno parla è che in molti Paesi la percentuale di quelli effettivamente somministrati rispetto a quelli disponibili non arriva al 30%.

La ragione di questa drammatica disfunzione è semplice. Nella quasi totalità dei paesi dell’Africa sub-sahariana non esistono sistemi sanitari degni di questo nome.

Volendo affrontare il toro per le corna, il Consiglio europeo di oggi dovrebbe correggere l’impostazione del Global Gateway (300 miliardi di euro), tutta rivolta a favorire investimenti e infrastrutture che appaiono difficilmente realizzabili in paesi privi di strutture sanitarie decenti.

Quanto alla sanità, ci si limita a favorire la produzione farmaceutica in loco: obiettivo condivisibile, ma che non può dare risultati senza un sistema sanitario funzionante

Quanti manager sono disposti a trasferirsi e a trasferire le loro famiglie in nazioni dove non esistono condizioni minime di sicurezza sanitaria?

Il Consiglio europeo dovrebbe utilizzare una fetta significativa dei finanziamenti del Global Gateway per collegare l’emergenza vaccini con il potenziamento dei sistemi sanitari nei paesi africani. Guai a dimenticarsi che i leader africani vengono a curarsi da noi, ma la gente no. Vaccinazioni e programmi di supporto ai sistemi sanitari in Africa sono due grandi occasioni per l’Europa.

Non si capisce inoltre perché nella Global Gateway si sostiene giustamente la necessità di potenziare i sistemi educativi africani, mentre per la sanità si fa solo riferimento a finanziamenti per la produzione di vaccini.

Nella sua replica dopo il dibattito alla Camera, Draghi ha parlato di onestà e efficacia come condizione indispensabile per il successo degli aiuti allo sviluppo.

Il presidente del Consiglio ha ricordato come negli anni 80 l’Italia fosse ai primi posti per gli interventi contro la fame nel mondo, ma come sprechi e la corruzione abbiano sprecato tante risorse e creato sfiducia nell’opinione pubblica.

Per rispettare i valori di onestà e di efficacia le modalità di intervento contano eccome. Rispetto ai tradizionali canali burocratici e verticali è l’ora di cambiare rotta.

È assai più promettente agire con una cooperazione orizzontale tra una ASL e una ASL africana, tra un’azienda Ospedaliera e un’azienda ospedaliera, tra facoltà di Medicina e facoltà di Medicina. Così come servono joint ventures euroafricane per produrre farmaci e vaccini.

Con la cooperazione orizzontale è molto più facile ottenere trasparenza onestà e risultati concreti. In questa nuova cornice le ONG potrebbero fare da ponte per una strategia pluriennale di twinning tra strutture africane e europee.

Un altro aspetto fondamentale è il ruolo delle missioni militari in Africa. Non dimentichiamoci che in Liberia le attività sanitarie dei Marines sono state determinanti per combattere l’Ebola. Agire solo sul piano securitario non basta: senza politiche sanitarie, economiche e sociali non si possono combattere il terrorismo e le bande paramilitari che insanguinano il continente africano.

Un motivo in più perché la drammatica assenza di sistemi sanitari in Africa e l’aggravarsi della crisi pandemia diventino davvero uno dei punti centrali nell’agenda del Consiglio europeo di oggi.

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