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Vi racconto gli scazzi fra Borghi e Gualtieri su Mes, Bce e Recovery Fund

Che cosa è successo nelle audizioni presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato tra il leghista Claudio Borghi e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri

Quella appena trascorsa è stata una settimana molto interessante, poiché le audizioni parlamentari sul Documento di Economia e Finanza (DEF) hanno visto sfilare autorevoli rappresentanti di Bankitalia, Ministero dell’Economia, Ufficio Parlamentare di Bilancio.

A cominciare dal ministro Roberto Gualtieri che il 28 aprile, in audizione presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, non ha fatto mancare le prevedibili scintille col Presidente della Commissione, il leghista Claudio Borghi, a proposito di Mes, Bce e Recovery Fund.

Nella sua relazione introduttiva, Gualtieri ha passato in rassegna le misure adottate a livello europeo e, a proposito del Mes, ha testualmente riferito che “il Consiglio europeo del 23 aprile scorso ha delineato un insieme di strumenti da definire per affrontare la crisi: […] una linea di credito (Pandemic Crisis Support) del MES, che potrà arrivare fino al 2 per cento del PIL dei Paesi che vorranno farne richiesta”. Per il Recovery Fund, ha ribadito che è essenziale definirne rapidamente dimensioni, tempistica e composizione, con prevalenza di sussidi rispetto ai prestiti.

Le domande di Borghi sono state tre. Alla prima Gualtieri ha risposto arrampicandosi sugli specchi, alla seconda ha risposto, dando a Borghi del menagramo, ed alla terza non ha risposto affatto.

Quando Borghi gli ha fatto rilevare che nel Def c’è un elenco minuzioso delle misure adottate dal Consiglio Europeo da cui, guarda caso, manca proprio il Mes, Gualtieri gli ha fatto rilevare che non “aveva letto correttamente” e che il Mes non era stato “introdotto”, ma solo reso disponibile nella forma senza condizioni. Inoltre, la decisione di accedervi dovrà necessariamente passare da un confronto col Parlamento. Con ciò ammettendo che:

  1. Quello che c’è, prevede le note condizioni. Quello (senza condizioni), che egli vorrebbe che ci fosse, “non esiste” e, con ogni probabilità, non potrà che assumere un aspetto conforme alle norme del Trattato e del regolamento attuativo.
  2. La sua linea di difesa arretra ulteriormente ed ora si attesta sul lasciar valutare al Parlamento le caratteristiche di questa nuova linea di credito. Ma lui ridimensiona il ruolo avuto nella vicenda, perché l’Eurogruppo non decide nulla, ma propone soltanto. Si è limitato a poggiare distrattamente sul tavolo una pericolosa arma da taglio.

Ma su questo punto, non a caso, ha dimenticato di rispondere alla precisa domanda di Borghi, finalizzata proprio a conoscere in base a quale mandato avesse negoziato nell’Eurogruppo, discutendo dei dettagli del Mes senza aver prima ricevuto le indicazioni del Parlamento, ai sensi della Legge 234/2012. Silenzio assoluto.

L’altra domanda di Borghi, tesa a capire se il governo abbia un piano B, qualora il prossimo 5 maggio, la Corte Costituzionale tedesca decida di invalidare la partecipazione della Bundesbank al programma di acquisti di titoli pubblici partito nel 2015 con Mario Draghi, non ha avuto sorte migliore. Gualtieri ha liquidato Borghi accusandolo di auspicare “scenari negativi” che, a suo parere, non si realizzeranno perché l’Italia continuerà ad avere la fiducia dei mercati. La potremmo definire la strategia “io speriamo che me la cavo”. Ma, su questo fronte, dovrà anche rispondere ad un’interrogazione presentata da Raphael Raduzzi ed altri 3 deputati del M5S, tesa a capire perché le emissioni di titoli pubblici fino al 15 aprile sono rimaste praticamente identiche rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pur con un fabbisogno superiore.

Sul Recovery Fund, Gualtieri, dopo aver detto che “tutto il mondo sa che la proposta francese è fattualmente iniziativa dell’Italia” ha ammesso che è finita in soffitta. Infatti il fondo su cui sta lavorando la Commissione “è ancora diverso” e l’Italia sta “concorrendo nella definizione dei contorni”. Insomma siamo ancora in alto mare.

Cosa puntualmente confermata dal Presidente del Consiglio Michel che, dalle colonne del Corriere della Sera, ha dichiarato che i tempi sono lunghi e la sostanza tutta da definirsi.

Michel attende la proposta della Commissione “attorno al 6 maggio” ma non sa quando convocherà un Consiglio perché “voglio prima avere il tempo di comprenderla bene tecnicamente e che ogni Stato abbia la stessa interpretazione e comprensione, poi si vedrà come progredire”. Ci ha tenuto a ribadire che “non ho mai indicato un accordo nel mese di giugno” e “se ci vorrà qualche settimana in più, allora prenderemo il tempo che sarà utile”. Michel ha sottolineato che “bilancio (UE) e fondo vanno di pari passo”, ciò significa che qualsiasi ipotesi di sussidi a favore degli Stati membri farà leva sul bilancio e quindi, inevitabilmente, sui massicci contributi dell’Italia.

Alla luce degli imponenti programmi avviati dalla Germania per ricapitalizzare con soldi pubblici aziende di ogni genere (da Lufthansa in giù) in deroga alle norme sugli aiuti di Stato, appare evidente il divario nella capacità di risposta alla crisi, e di questo ha parlato il Commissario Paolo Gentiloni, in un’intervista televisiva su Bloomberg, ribadendo l’importanza di questo fondo, al fine di mitigare il rischio di eccessiva divergenza nella risposta dei diversi Paesi europei alla crisi. Il fondo deve proprio avere il ruolo di risposta comune per non lasciare indietro i Paesi con minore capacità di reazione. Una risposta comune basata su 1500 miliardi che però l’editorialista del Financial Times, Wolfgang Munchau, definisce un inganno (“scam”).

(prima parte; la seconda parte sarà pubblicata il 3 maggio)

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