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Ubi Banca Banche

Ubi Banca, tutte le sportellate fra sindacati e Massiah

Cosa sta succedendo in Ubi Banca che procede alla terza esternalizzazione.

 

Una manifestazione voluta da tutti i sindacati di categoria per dire no alle esternalizzazioni nel gruppo Ubi Banca. Si è svolta venerdì 13 settembre nelle otto piazze in cui hanno sede gli uffici oggetto di cessione (Bari, Bergamo, Brescia, Chieti, Cuneo, Jesi, Milano e Pesaro) ma c’è da scommettere che la partita non si chiuderà qui. Tanto più che in queste settimane si sta discutendo il rinnovo del contratto nazionale con l’Abi e che per i sindacati l’obiettivo principale è la tenuta dell’area contrattuale.

Intanto oggi è in programma un incontro tra i sindacati rappresentativi del settore e i vertici dell’istituto di credito. Una riunione, si legge in un documento congiunto delle segreterie del gruppo Ubi di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin, “richiesta e voluta fortemente dalle organizzazioni sindacali per porre basi solide in vista della trattativa e per avere indicazioni sull’annunciato aggiornamento del Piano Industriale”.

COSA STA SUCCEDENDO IN UBI

Il 26 luglio scorso Ubi banca ha comunicato ai sindacati l’avvio di un processo di esternalizzazione con la quale si trasferiscono rami d’azienda di Ubi Sistemi e Servizi alle società BCube e Accenture.

In particolare si cedono a BCube le attività di archivio “Servizi Supporto Archivi”, svolte al momento sulla piazza di Jesi, e le attività di Casellario e Spedizioni attualmente effettuate dalle piazze di Milano, Bergamo e Brescia.

Ad Accenture, invece, vengono date le attività di Cassa Centrale (ora a Chieti), le attività di Assegni e attività Bonifici (ora a Cuneo), le attività di Corporate Banking Interbancario, attività Tributi e Previdenza, le attività Gestione Carte e quelle di Attivazione e Cancellazione (ora a Pesaro), le attività di Trasferimento Servizi di Pagamento (ora a Bari).

In totale si tratta di 86 dipendenti ceduti ad Accenture più 37 in distacco e di 16 dipendenti ceduti a BCube più 58 in distacco.

LE ALTRE ESTERNALIZZAZIONI EFFETTUATE

Questo però non è il primo piano di esternalizzazioni da quando è nato il gruppo Ubi, nel 2007, perché sono state già realizzate altre tre operazioni analoghe.

La prima, nel 2009, quando 50 lavoratori di “Banca Depositaria”, un’attività di Ubi a Milano, sono stati ceduti a RBC Dexia, multinazionale con sede in Lussemburgo. Per loro è stato raggiunto un accordo sindacale che ha consentito di mantenere salve le principali norme di “secondo livello” oltre a garanzie occupazionali di 10 anni che hanno consentito a sei di loro che hanno perso il posto di lavoro di essere riassunti in Ubi.

La seconda esternalizzazione fu compiuta nel 2015 con la cessione di Ubi Fiduciaria, che aveva circa 30 dipendenti operanti su Milano, Brescia e Torino, a Unione Fiduciaria società che applicava il contratto del terziario.

La terza, la più recente, è stata realizzata a marzo scorso: cinque lavoratori che operavano nell’attività di Stamperie di Milano ceduti al Gruppo SEM – Servizi Editoriali Milano SpA, società che applica il contratto dell’Industria grafica. Grazie a un accordo sindacale si è ottenuto il ccnl del credito più previsioni economiche e garanzie occupazionali per 12 anni.

LE PREOCCUPAZIONI DEI SINDACATI

Non è quindi una novità che Ubi delibera delle cessioni. Ma allora da cosa nasce tutta questa preoccupazione?

Le motivazioni – dicono i  sindacati – sono sostanzialmente tre: le piazze coinvolte sono tante e quindi gli effetti sono diffusi; vengono individuate attività “core” e “no core” creando una pericolosa divisione tra lavoratori addetti alle attività strategiche e non; le cessioni di oggi “sembrano perseguire logiche industriali diverse da quelle improntate ad una efficace organizzazione del lavoro”.

Il timore, insomma, è che prenda piede, anche in Ubi, “la preoccupante moda di ‘settore’ di esternalizzare”.

IL PIANO INDUSTRIALE 2017

Nel documento congiunto le organizzazioni sindacali ricordano che nel 2017, in occasione dell’acquisizione delle tre Bridge Bank – ovvero Banca Tirrenica (ex Etruria), Banca Adriatica (ex Banca delle Marche) e Banca Teatina (ex CariChieti) – Ubi e il governo, con l’accordo della Bce, hanno approvato un piano industriale in cui si è stabilito che il numero dei dipendenti del gruppo (circa 22.500 nel 2017) dovesse scendere sotto quota 19.505 entro il 2020. Francoforte, aggiungono, “non chiedeva un ‘rilancio’ di Ubi, ad esempio, in termini di redditività ma solo che il numero complessivo dei suoi dipendenti fosse sensibilmente ridotto. Così fissava per ogni anno dei limiti entro cui stare”.

Al momento, grazie ad accordi sindacali di esodo volontario e ad altre leve concordate con le organizzazioni stesse, si è arrivati a circa 20.300 dipendenti.

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