L’allure europeista dei giallo-rossi basterà a risolvere il rebus della legge di bilancio?
E’ la domanda che si è posto oggi il quotidiano Il Sole 24 Ore. La risposta? “Non proprio, numeri alla mano”.
L’addio Flat Tax leghista, che avrebbe richiesto almeno 15 miliardi secondo i desideri del Carroccio, alleggerisce il conto della manovra.
Comunque le linee programmatiche del primo documento Pd-M5S anticipato ieri dal Sole punta in ogni caso a mettere in fila una serie di misure impegnative: “Lo stop alle clausole Iva, ovviamente, ma anche un primo taglio al cuneo fiscale, il rilancio di incentivi fiscali “verdi” e dei bonus per gli investimenti privati nell’orbita di Impresa 4.0. È presto per dare numeri definitivi: ma tra Iva (23 miliardi), spese indifferibili (almeno 2-3 miliardi), cuneo fiscale (4-5 miliardi) e altri interventi (3-4 miliardi) si arriva in fretta verso quota 35 miliardi”.
Una cifra che non può certo essere affidata tutta a una ritrovata benevolenza europea, nonostante le entusiastiche dichiarazioni pro governo giallo-rosso in fieri da parte di commissari europei, ex presidenti della Commissione di Bruxelles e finanche ministri tedeschi, e che ministro!
Good news from Italy!
— Peter Altmaier (@peteraltmaier) August 28, 2019
Il primo aiuto nella caccia alle risorse, in realtà, arriva dal governo Conte-1, sottolinea sempre il quotidiano diretto da Fabio Tamburini. E in particolare dalla correzione targata Giovanni Tria che a luglio ha evitato la procedura d’infrazione: “Quanto vale ai fini della manovra? Per capirlo bisogna guardare alla linea del deficit. Nel Def di aprile l’indebitamento netto era previsto al 2,4% quest’anno e al 2,1% il prossimo. Dopo la sterzata di luglio, seguita dalla gelata dei tassi d’interesse sui titoli di Stato, è probabile che fra qualche settimana la Nota di aggiornamento al Def riesca a indicare un 1,9% quest’anno, e un 1,6% tendenziale (cioè a legislazione vigente, aumenti Iva compresi) per il prossimo. Accomodante o meno, la Commissione non potrà comunque evitare di chiedere per il 2020 almeno una correzione minima rispetto al 2019. Si può ipotizzare che un’intesa possa quindi orientarsi intorno a un deficit 2020 dell’1,8%. Ecco allora che l’effetto trascinamento della correzione di luglio, oltre 8 miliardi, crea anche uno spazio fiscale “libero” intorno ai 2 decimali di Pil, cioè 4 miliardi”.
Che il Conte-2 abbia minimi spazi di azione sulla finanza pubblica dopo l’accordo tra Bruxelles e Roma per evitare la procedura di infrazione lo ha scritto chiaramente fin da luglio su Start l’economista Giorgio La Malfa, già ministro delle Politiche europee. La Malfa, criticando le azioni del governo M5s-Lega dopo una prima apertura di credito anche per la sua vicinanza a Paolo Savona, ha definito un “disastro” la linea di pentastellati e leghisti; disastro “che si è manifestato una prima volta quando a dicembre il governo ha dovuto riscrivere in tutta fretta la finanziaria per riportare il deficit per il 2019 dal 2,4 per cento a un più prudente 2,04 per cento. E di lì il secondo disastro a metà di quest’anno quando la Commissione Europea ha contestato la violazione degli impegni presi da questo stesso Governo a dicembre e dunque il possibile inizio di una procedura di infrazione contro l’Italia, basata sul superamento dei limiti concordati per il 2018, per il 2019 e per il 2020”.
Conclusione: “A quel punto è stato giocoforza accettare di correggere le tendenze messe in luce ed era troppo tardi per rimettere in discussione integralmente la strategia di politica economica come si sarebbe potuto fare all’inizio del mandato. Così il presidente del Consiglio e il ministro Tria hanno sottoscritto un duplice impegno, quello di correggere i conti del 2019 – il che è stato fatto con delibera del Consiglio dei Ministri – e di tenere il 2020 nei limiti convenuti”.
Su questa base, ora, si innesta la possibile flessibilità Ue. In due capitoli, scrive oggi il Sole: “Una parte, da 0,18% del Pil (3,5 miliardi) sarebbe la replica di quella già concessa quest’anno per dissesto idrogeologico e manutenzione infrastrutturale dopo il crollo del Ponte Morandi. Anche il Conte-1 l’avrebbe chiesta, e probabilmente ottenuta”.
Ieri su Twitter l’analista Giuseppe Liturri, firma di Start Magazine, ha dato un’interpretazione politica degli impegni sottoscritti il 2 luglio dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, con Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione.
Un accordo che, di fatto, ha precluso ogni possibilità di un vero choc fiscale pro crescita vagheggiato in particolare dalla Lega di Salvini con la Flat tax.
Forse anche – o soprattutto – per questo il Carroccio ha voluto staccare la spina al governo Conte?
BOOM!
Il 2 luglio #Conte e #Tria per evitare la procedura d’infrazione scrissero la resa alla #UE. Esautorando di fatto il Parlamento e blindando i conti per il 2020, promettendo rispetto del #fiscalcompact.
Governo è stato in piedi 40 giorni di troppo.https://t.co/QaZFer7oC8— Ora Basta (@giuslit) August 29, 2019
‘Per il 2020, il Governo ribadisce l’impegno a conseguire un miglioramento strutturale, in linea con quanto richiesto dal Patto di Stabilità e Crescita.
Il Parlamento ha condiviso gli obiettivi ma ha richiesto revoca dell’aumento IVA da compensarsi con misure alternative.’ pic.twitter.com/xxl4SCTJYy— Ora Basta (@giuslit) August 29, 2019
Moscovici plaudeva. Tria, Conte e Di Maio si facevano ‘i pom… a vicenda’ [cit.] e Salvini faceva come se nulla fosse o era già al terzo mojito.
Ora li voglio vedere nel mantenere questi impegni. https://t.co/ZBNNFu7UvU— Ora Basta (@giuslit) August 29, 2019
E questa è la risposta della Commissione.
Si compiace e ci avvisa che le promesse per il 2020 si mantengono.
Ed ora che sono arrivati gli amici, questo monito vale sempre?https://t.co/u53CO0wvHb— Ora Basta (@giuslit) August 29, 2019