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industria difesa

Leonardo, Fincantieri e non solo. Tutte le sfide per l’industria della difesa nazionale

Difesa europea tra frammentazione e consolidamento, ecco che cosa è emerso al Defence Procurement Forum dello Stato Maggiore della Difesa

Inaugurato ieri il forum di studio tra forze armate, industria e mondo accademico sugli appalti e le forniture per la difesa.

Presentato alla Direzione Nazionale Armamenti, il forum Defence Procurement durerà 8 mesi e si articolerà in 3 tavoli tecnici con rappresentanti di università, aziende e istituzioni rispettivamente sulle capacità convenzionali, su cybersecurity e intelligenza artificiale e sul dominio spaziale.

“Lo scopo dell’iniziativa è rafforzare il dialogo strategico tra Difesa e industria nazionale che spinga a un confronto costante sulle prospettive di medio e lungo periodo” ha spiegato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, sottolineando l’importanza “che non si ribaltino i ruoli tra forze armate e industria delle difesa, con le prime che esprimono le strategie industriali e le seconde le esigenze”.

Posizione che ha trovato il consenso dei rappresentanti industriali presenti. “Sempre evitare inversione dei ruoli paventata dal generale Portolano”, ha dichiarato Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo.

Tutti i dettagli.

CONSOLIDAMENTO DELLA DIFESA? FOCUS ANTITRUST

“L’Ue ha messo a disposizione risorse inimmaginabili fino a poco tempo fa” ha evidenziato Pontecorvo. Tra queste Safe, lo strumento ideato da Bruxelles per contrarre prestiti per la difesa previsti dal piano ReArm Europe da 150 miliardi di euro. “Serve un approccio al procurement più pragmatico”, ma se gli Stati membri continueranno a procedere in ordine sparso il rischio è un’ulteriore frammentazione che rischia di indebolire la difesa comune.

Allo stesso tempo, si fa presto a parlare di consolidamento dell’industria della difesa europea, meno a concretizzare i progetti.

A questo proposito il presidente di Leonardo ha ricordato che per la joint-venture avviata da Leonardo e Rheinmetall per lo sviluppo e la produzione di veicoli militari da combattimento, le due aziende hanno dovuto richiedere ben cinque autorizzazioni antitrust. “Se l’Ue continua ad applicare meccanismi di mercato interno nel campo della difesa è la fine”, ha convenuto Pontecorvo.

Sempre sul piano del consolidamento, il presidente dell’ex Finmeccanica ha affermato che questo mese l’azienda dovrebbe riuscire a firmare la prima lettera di intenti per la costituzione della joint-venture satellitare con Airbus e Thales per dar vita a un gigante in grado di competere con realtà americane (come SpaceX) e cinesi. Dopodiché, “bisognerà richiedere autorizzazione antitrust” ha sottolineato il presidente di Leonardo.

“Poi ci sono altre forme”, ha ricordato Pontecorvo, “come le acquisizioni di Iveco o nel settore cyber” messe in campo da Leonardo.

L’ESEMPIO LEONARDO-RHEINMETALL

Dunque, per Stefano Pontecorvo “il consolidamento industriale nel campo della difesa è difficilissimo”, proprio per questo la “strada battuta da Leonardo è quella più corretta con il perseguimento delle sinergie, come nei droni con il produttore turco Baykar e nei veicoli terrestri con Rheinmetall”.

Gli fa eco Alessandro Ercolani, ad di Rheinmetall Italia che ha espresso “Piena soddisfazione nella realizzazione di una jv con Leonardo in modo da cooperare per avere le migliori competenze in un mondo competitivo. Spero che questa cooperazione possa rappresentare un primo embrione di cooperazione europea, se non si va sulla difesa europea in un momento in cui l’Ue sta favorendo iniziative di procurement comune.

“L’Italia è partita per prima con la joint-venture, oltre ovviamente a Mbda nata in tempi storici – ha proseguito Ercolani – Speriamo che possa tenere il passo in questa maratona di costruzione di architettura e sicurezza europea”.

NECESSARIO DEFRAMMENTARE

“Il tema degli investimenti nel settore della Difesa e del loro finanziamento è oggi centrale e viene affrontato anche dal punto di vista della sua dimensione Ue”, ha illustrato Biagio Mazzotta, presidente di Fincantieri. “Chiaramente, a livello europeo, occorre deframmentare, ovvero ridurre il numero delle piattaforme e spendere meglio, oltre che spendere di più”, ha aggiunto il presidente del gruppo navale.

Inoltre, oltre a deframmentare, bisogna “allineare i requisiti per evitare che ogni paese produca la sua corvetta e spingersi più in là e pensare al consolidamento tra aziende, ma qui ci vuole riflessione politica” ha puntualizzato Mazzotta.

“In questo scenario, la cantieristica navale è strumento geopolitico, le nostre navi sono tutte italiane e Fincantieri è pronta a fare la propria parte, accelerando la sua capacità produttiva, ci sta già lavorando” ha spiegato il presidente di Fincantieri evidenziando che “Siamo l’esempio di quanto sia importante operare nel civile e nel militare insieme, non solo per quanto riguarda l’ottimizzazione della capacità navalmeccanica ma anche sul fronte delle tecnologie”.

LA SFIDA TEMPORALE DETTATA DALLO STRUMENTO UE SAFE

La consegna al 2030 dei mezzi e degli strumenti prevista dallo strumento europeo Safe (la cui dotazione per l’Italia è di 15 miliardi) è “una tempistica sfidante” ammette Mazzotta, come andare più veloce? Secondo il presidente di Fincantieri è necessario uno sforzo sinergico tra industrie e istituzioni.

“C’è poi il tema della semplificazione normativa e amministrativa delle procedure” di procurement. “Bisogna spendere di più e meglio, evitare sprechi” ha evidenziato ancora il presidente della società cantieristica di Trieste, sollecitando il “finanziamento dei progetti complementari a quelli Nato, per evitare frammentazione delle piattaforme”.

Dopodiché, occorre una “Programmazione pluriennale precisa e puntuale, così da essere puntuali e precisi nella consegna del prodotto”, ha concluso Mazzotta.

I RISCHI IN CAMPO

Se “vogliamo andare in maniera credibile e forte come Italia verso una difesa europea”, l’Italia deve studiare le soluzioni e investire subito “prima di arrivare ai tavoli di collaborazione”, ha sottolineato il numero uno di Mbda Italia, Lorenzo Mariani. “Quello che raccoglieremo sui tavoli di collaborazione, anche come ritorno sul territorio, dipende da quanto abbiamo lavorato prima”, ha proseguito il manager. “Noi arriviamo di solito ai tavoli con nazioni che hanno già individuato le soluzioni, avviato il disegno e parte degli schemi produttivi”, ha ricordato.

Mariani ha poi individuato tre rischi nel percorso di creazione di una vera difesa europea. Il “rischio America”, perché “industrialmente agli Stati Uniti una industria della difesa europea forte e unita non fa comodo”. E a questo proposito, l’ad di Mbda Italia ha citato l’esempio del programma Jsf a cui l’Italia partecipa: “Ad oggi non riusciamo a integrare armamento sull’F-35, sarebbe ancora meglio metterci armi europee cosa che non siamo riusciti a fare finora”.

Il secondo è il “rischio Germania”, che a una industria “in alcuni settori più frammentata e in altri più solida ma sta ricevendo una iniezione di capitali importante e questo non sempre porta a convergere su temi di comunalità”. Il terzo rischio, secondo Mariani, è “la deriva nazionalista”: Mbda è nata “in un momento dove c’erano pochi soldi e questo rende più facile mettersi d’accordo”.

LA FRONTIERA SPAZIALE

Infine, c’è lo spazio, nuova frontiera della difesa. “Dallo spazio – con la capacità dei satelliti CosmoSkymed italiani – siamo in grado di controllare qualunque nave e oggetto sull’acqua, anche sotto, abbiamo visione chiara e precisa” ha indicato Ezio Bussoletti, presidente di e-Geos, società partecipata da Telespazio (la jv tra Leonardo e la francese Thales) e Agenzia spaziale italiana (Asi) e direttore executive master in Space economy della Luiss Business school, che coordinerà il tavolo tecnico di lavoro sullo spazio.

“Nel quinto dominio, spazio, integrato con la cyber, non si può lavorare per linee verticali”, ha messo in evidenzia Bussoletti, rimarcando che “la tecnologia sta evolvendo a una velocità incredibile, allo stesso tempo deve evolvere la formazione di competenze. C’è bisogno di correre e di avere gente preparata”.

“La guerra nel dominio spaziale è quanto mai vicina – ha avvertito Bussoletti – se arriviamo ai tavoli impreparati non avendo capito quello che ci aspetta, è molto rischioso e non possiamo permettercelo”.

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