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Perché SoftBank coccola Trump

Masayoshi Son, il miliardario fondatore della holding SoftBank, è una figura cruciale per i rapporti tra il Giappone e gli Stati Uniti. Ecco i suoi legami con Trump e le sue promesse di investimento

Quando la diplomazia si muove lo fa spesso su più fronti. Viene portata avanti con canali e persone differenti. Quasi tutto può servire per instaurare, per coltivare o per indirizzare dei rapporti tra due paesi. Negli ultimi mesi, per esempio, le relazioni tra gli Stati Uniti e il Giappone sembrano dipendere soprattutto da una figura: il multimiliardario Masayoshi Son. Il 68enne è fondatore e amministratore di SoftBank ed è considerato un personaggio che è riuscito a entrare nelle grazie del presidente Usa Donald Trump, grazie soprattutto alle promesse di investimento nel territorio americano.

CHI È MASAYOSHI SON

Son è di origini coreane ma ha studiato in California, sia nella scuola superiore sia all’università, e – come sottolinea il Financial Times – si è sempre considerato “a metà strada tra la Silicon Valley e il Giappone”. Il suo primo grande investimento negli Usa è stato comprare per 22 miliardi di dollari il gruppo di telecomunicazioni Sprint nel 2013, dopo aver promesso di rimuovere le apparecchiature Huawei per evitare pericoli per la sicurezza nazionale statunitense. Da allora, durante il primo mandato Trump e poi ancora dopo, l’espansione di SoftBank – e di Son – è aumentata.

Prima, nel 2016, l’annuncio di un investimento da 50 miliardi di dollari nella Trump Tower, poi quando il tycoon è stato rieletto alla Casa Bianca un’altra promessa di investire 100 miliardi negli Usa nei prossimi quattro anni. Un annuncio in grande stile, arrivato in maniera congiunta con Trump durante una conferenza stampa prima dell’inizio del secondo mandato del presidente Usa.

I PIANI DI SOFTBANK

Il quotidiano economico britannico evidenzia l’attuale importanza di SoftBank come “investitore straniero cruciale negli Stati Uniti”. Il colosso delle telecomunicazioni giapponese, infatti, ha deciso sia di aumentare la sua partecipazione in OpenAI sia di investire due miliardi di dollari in Intel. Una mossa che la rende ancora più intrecciata con gli Usa, considerando che Washington vuole salire al 10% in Intel.

Ma SoftBank sembra avere idee chiare quando si tratta del settore dei semiconduttori e dell’intelligenza artificiale. Già alcune settimane fa, l’azienda di Son aveva accresciuto le sue quote in Nvidia e Tsmc, tra le più grandi aziende di chip in tutto il mondo. Come riportato anche su queste pagine, nel primo trimestre del 2025 SoftBank è passata da una quota di 1 miliardo a quella di 3 miliardi di dollari nel capitale di Nvidia. Mentre ha acquistato azioni della compagnia di Taiwan, Tsmc, per 330 milioni di dollari.

In tutto ciò, SoftBank nell’ultimo anno ha visto salire il prezzo delle sue azioni di più del 60%. Una crescita derivante soprattutto dallo sviluppo di Arm, un’azienda britannica di progettazione di semiconduttori che il colosso giapponese controlla per il 90%.

IL LEGAME TRA TRUMP E SON

“Masayoshi investirebbe in questo modo negli Usa se Trump non ci fosse?” si chiede il Financial Times. “Direi che per lo più accadrebbe comunque. Masa vede l’opportunità di investire in uno dei più grandi operatori infrastrutturali e di consumo al mondo, OpenAI, e l’opportunità di investire in un’infrastruttura chiave per i chip negli Stati Uniti. Tutto ciò è coerente con la sua strategia”, ha risposto David Gibson, analista di Mst Financial.

Secondo David Boling, ex funzionario commerciale statunitense e direttore del Commercio con Giappone e Asia dell’Eurasia Group a Washington, “SoftBank ha in un certo senso preso la decisione di puntare sugli Stati Uniti, non sulla Cina”, scrive il Ft. Ma il legame che si sta creando negli ultimi mesi tra Trump e Son comincia ad attirare dubbi o preoccupazioni, sia tra gli investitori giapponesi sia per i diplomatici di Tokyo. “Il dilemma – afferma Kuihiko Miyake, ex diplomatico e visiting professor presso l’università Ritsumeikan di Kyoto, sempre sul quotidiano britannico – è che se Son non è vicino a Trump non è utilizzabile. Ma se è troppo vicino, è pericoloso”.

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