L’Iran avrà la forza, non solo militare ma anche economica, di rispondere al bombardamento degli Stati Uniti?
L’opinione dei mercati precedente all’intervento americano era che la guerra tra Israele e Iran avrebbe avuto un impatto contenuto sull’economia globale e sui prezzi del petrolio, nonostante l’Iran sia un importante paese produttore. C’entra il fatto che, in questo momento, la domanda internazionale di greggio non è molto forte; in più, i membri dell’Opec+ avevano già deciso di aumentare il loro output dopo una lunga fase di limitazione volontaria dell’offerta. Inoltre, non sembra probabile che Teheran possa bloccare il passaggio delle navi per lo stretto di Hormuz, uno dei principali punti di passaggio del commercio marittimo.
Non sembra probabile neanche che l’Iran possa sostenere un lungo periodo di guerra con Israele, date le condizioni critiche della sua economia, aggravatesi con la reintroduzione delle sanzioni statunitensi nel 2018, durante la prima amministrazione di Donald Trump. Al momento, non è chiaro se gli Stati Uniti abbiano intenzione di intervenire in maniera più estesa nella guerra: pare che la Casa Bianca non abbia altri obiettivi oltre alla distruzione dei siti nucleari iraniani – come Fordow, Natanz e Isfahan -, e che pertanto non sia interessata al rovesciamento del regime.
COM’È MESSA L’ECONOMIA DELL’IRAN
Il rial iraniano è una delle monete più deboli al mondo, con un tasso di cambio con il dollaro americano di circa 42.000 rial per 1 dollaro. L’inflazione è da anni sopra il 30 per cento e la crescita economica stimata dal Fondo monetario internazionale per il 2025 – prima che iniziassero i bombardamenti israeliani, però – è dello 0,3 per cento.
Il Pil pro capite è di 3900 dollari, lontanissimo dai 57.700 dollari di Israele (e dai 41.000 dollari dell’Italia). Il tasso di disoccupazione è del 9,5 per cento, ma si avvicina al 20 per cento nel caso dei giovani: si tratta di segmento demografico particolarmente rilevante, considerato che il 60 per cento circa della popolazione (oltre 85 milioni di persone in tutto) ha meno di trent’anni.
IL PROBLEMA ENERGETICO…
Pur disponendo delle seconde maggiori riserve di gas naturale al mondo e le terze di petrolio, l’Iran ha serie difficoltà a soddisfare il fabbisogno elettrico e termico dei suoi abitanti. Difficoltà che furono particolarmente evidenti lo scorso dicembre, quando un’ondata di freddo nelle regioni settentrionali del paese costrinse le autorità a chiudere le scuole e a sospendere altre attività pubbliche nel tentativo di risparmiare energia.
La vera causa del collasso del sistema energetico iraniano, tuttavia, non fu l’aumento della domanda di combustibile data dal freddo, bensì la pessima condizione delle infrastrutture e degli impianti estrattivi che risentono di anni di scarsi investimenti: c’entrano anche le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti, che impediscono l’afflusso di denaro, tecnologie e parti di ricambio dall’Occidente. Di conseguenza, le centrali elettriche sono vecchie e richiederebbero tanta manutenzione o la loro sostituzione.
Stando al Fondo monetario internazionale l’Iran è il paese che spende di più, in rapporto al Pil, per sovvenzionare i prezzi dell’energia e dei carburanti: 163 miliardi di dollari nel 2022, oltre il 27 per cento del prodotto interno lordo.
… E COME POTREBBE AGGRAVARSI
La condizione del settore energetico iraniano potrebbe aggravarsi da quando Israele ha danneggiato alcuni dei principali siti energetici del paese, tra cui il grande giacimento di gas South Pars, la raffineria di Fajr Jam e un deposito di carburante a Teheran.
Per il momento, Israele non ha colpito le infrastrutture di esportazione petrolifera, che si concentrano sull’isola di Khark e che sostengono il bilancio statale.