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Mossad Hezbollah

Esplosioni porto Beirut: fatti, ipotesi e scenari

Che cosa è successo a Beirut. Notizie e approfondimenti

 

Un’enorme esplosione si è verificata nella zona del porto di Beirut, capitale del Libano. Secondo le informazioni diffuse dal ministro della Salute libanese sono morte almeno 78 persone mentre circa 4.000 sono rimaste ferite (Reuters). Tra i feriti, in modo non grave, anche due militari italiani che fanno parte del nostro contingente presente nel Paese (Ansa). Non è ancora chiaro cosa abbia provocato l’esplosione ma secondo quanto riferito dal primo ministro del Libano, Hassan Diab, nella zona si trovava un magazzino dove, da sei anni, erano conservate 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, sostanza utilizzata per fertilizzanti ed esplosivi (Guardian). Il presidente libanese, Michel Aoun, ha detto che è “inaccettabile” conservare materiali così pericolosi in “modo non sicuro” (Nyt). Parlando con i giornalisti il presidente americano, Donald Trump, ha avanzato l’ipotesi di un attacco (Politico). L’esplosione colpisce un Paese già in difficoltà a causa della pandemia e della crisi economica (Guardian). Non solo, in queste settimane la situazione è particolarmente tesa sia all’interno del Libano che al confine con Israele. Il 7 agosto, dopo oltre 15 anni, è attesa la sentenza sull’attentato che costò la vita all’ex premier Rafiq Hariri (Ansa), un evento che ha inciso e non poco sulla storia recente del Paese (Reuters). Nel frattempo, da alcuni giorni, si è riacceso lo scontro tra Hezbollah e Israele (Vatican News). Un ufficiale israeliano citato dal New York Times ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’esplosione di ieri. Haaretz e Fox News ricordano le attività di Hezbollah che utilizza la zona del porto per lo stoccaggio di armi. (sintesi a cura di Good Morning Italia)

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L’APPROFONDIMENTO DI ATLANTICO QUOTIDIANO SULLE ESPLOSIONI A BEIRUT

Due enormi esplosioni nella zona portuale hanno scosso ieri pomeriggio Beirut.

Ovviamente, al di là delle dichiarazioni ufficiali, molti ritengono che queste esplosioni non siano affatto casuali. E i diversi scenari che si aprono sono tutti più o meno fondati. Il primo scenario chiama in causa Israele. Scenario classico, che vedrebbe lo Stato ebraico dietro l’esplosione di questa fabbrica che, teoricamente, avrebbe potuto essere una fabbrica di esplosivi. Ci pare tuttavia l’ipotesi meno probabile, sia pure non potendo escluderla del tutto. L’intelligence israeliana, ma anche quella americana, cercano sempre di ridurre al minimo il numero di morti e feriti. E Israele avrebbe tutto il l’interesse a rivendicare pubblicamente di poter colpire una fabbrica di armi di Hezbollah a Beirut. Neanche a dirlo, nelle prossime ore Israele sarà l’accusato principale di coloro a cui piace “vincere facile” piuttosto che approfondire. Ad ogni modo, molto probabilmente, questa ipotesi sarà esclusa da Hezbollah stesso.

Il secondo scenario è quello che riconduce direttamente a Hezbollah. Come organizzatore dell’attentato, in vista della sentenza che arriverà domani da parte del Tribunale Internazionale in merito all’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri. Ad essere accusati sono quattro membri di Hezbollah in contumacia, che probabilmente si trovano proprio in Libano. Dunque, Hezbollah potrebbe aver voluto mandare un messaggio a tutti i suoi innumerevoli avversari, anche nel fragilissimo esecutivo di Diab (alleato di Hezbollah), dicendo loro di non provare a farsi venire strane idee in testa. Il prezzo da pagare nel caso in cui i quattro ricercati finissero nelle mani della giustizia internazionale sarebbe una lunghissima scia di sangue in tutto il Libano. D’altronde, appena qualche giorno fa, si è dimesso il ministro degli esteri libanese Hitti, in polemica proprio con Hezbollah, accusato di impedire al Libano di rialzarsi dal rischio del default finanziario. Hitti aveva pubblicamente sostenuto l’ipotesi, promossa dal Patriarca Maronita, di un Libano “neutrale” in politica estera, ovvero lontano anche dal regime iraniano, e pronto ad accettare il piano di pace della Lega Araba del 2002. Proposte totalmente inaccettabili per Hezbollah, al servizio del regime iraniano.

Un’altra ipotesi possibile è che quella fosse davvero una fabbrica di esplosivi di Hezbollah e che sia esplosa accidentalmente. D’altronde, solo pochi giorni fa è stato denunciato come abbia ben 28 postazioni di lancio di missili in aree civili. Una di queste potrebbe essere esplosa per errore, causando il dramma che delle scorse ore.

Infine, un’ultima possibilità: che a far esplodere la fabbrica non siano stati gli israeliani o gli americani, ma i nemici interni di Hezbollah (tra cui purtroppo c’è ancora anche l’Isis). I tanti nemici che Hezbollah ha in Libano, un Paese che si avvia verso il default finanziario e che, appena qualche mese addietro, ha visto nelle sue piazze una serie di proteste popolari, espressamente contro Hezbollah e la presenza iraniana nel Paese. Non è escluso quindi, in uno scenario di piena guerra civile, che qualcuno abbia deciso di prendere le armi e far pagare a Hezbollah l’aver preso in ostaggio metà Libano, impedendogli di essere un Paese normale e di esercitare pienamente la sua sovranità nazionale. Uno scenario che riporterebbe il Paese dei Cedri indietro di trent’anni e che andrebbe imputato al regime iraniano, che non solo ha creato Hezbollah, ma che ha recentemente ordinato al Partito di Dio di intervenire nel conflitto siriano allo scopo di salvaguardare la proiezione di Teheran verso il Mediterraneo. Dove potrebbe arrivare questo scenario da guerra civile non è dato saperlo. Ciò che è certo e che, chi sinora ha chiamato Hezbollah un partito normale e ha pensato di legittimarlo, ha contribuito alla terribile situazione del Libano odierno.

Mettere fine a questo Stato nello Stato, costringere Hezbollah a disarmare le milizie, permettere all’esercito libanese di controllare l’intero territorio e di inserire tutto il gruppo di Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche dovrebbe essere obiettivo condiviso della comunità internazionale, o almeno dei Paesi Europei. Qualsiasi mediazione non può che procrastinare il problema, trascinando il Libano in uno scenario da guerra civile per i prossimi decenni.

(Estratto di un articolo pubblicato su Atlantico Quotidiano; qui la versione integrale)

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