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Macron

Elezioni regionali in Francia, chi (non) ha vinto

In Francia, domenica 20 giugno, si è votato per le elezioni regionali e dipartimentali. Il punto di Enrico Martial

 

In Francia, domenica 20 giugno, è stato tolto il coprifuoco, e si è votato per le elezioni regionali e dipartimentali. Il Presidente Macron invitava a ritrovare la spensieratezza (l’insouciance), e la gioia di vivere, per uscire da un clima mesto, pieno di incertezze e spaesamenti, in economia o in ambito sanitario. Domenica, gli elettori in gran parte non sono andati a votare, con un’astensione tra il 66,1% e il 68,6%, un’astensione “abissale” ha detto il portavoce del governo, Gabriel Attal. E’ stata forse di rinuncia alla rabbia covata e coltivata negli ultimi anni e di ritorno apolitico alle proprie cose e ai propri affari, che pure devono ripartire. Il debole peso politico delle Regioni in Francia ha ulteriormente raffreddato le intenzioni di recarsi alle urne.

Così i numeri hanno fatto saltare le previsioni, il successo del Rassemblement National non c’è stato, con forti cadute rispetto al 2015. Lo hanno votato il 24,37% negli Hauts-de-France (Lille) rispetto al 40,55% del 2015 di Marine Le Pen allora candidata, il 12,53% nei Pays de la Loire rispetto al 21,35% di allora. È mancata anche la crescita attesa proprio nelle Regioni dell’ovest, più ostili al RN.

Il 73% degli elettori del Rassemblement sono rimasti a casa, secondo un sondaggio IPSOS- Sopra Steria su 3000 persone. La Repubbliche en Marche di Macron avrebbe invece un 60% di propri elettori assenti alle urne, Les Republicains circa il 44%. Gran parte degli assenti sono minori di 50 anni, in cui il RN trova il 49% dei suoi elettori (il 23% nei Marciatori di Macron), con tassi di astensione dei 18-24 anni all’87%, e dei 25-34 anni all’83%. Operai e impiegati per il 75% non si sono recati alle urne, rispetto al 47% dei pensionati. Il Rassemblement contava di vincere in almeno cinque regioni e si candidava ad assumerne la presidenza dopo il secondo turno forse in tre. Al momento non sembra abbia grandi possibilità, salvo forse nella Regione Sud, di Marsiglia, per ragioni di mancati accordi politici tra gli avversari.

Con questi piccoli numeri, l’effetto è stato di riconferma dei presidenti uscenti: negli Hauts-de-France, Xavier Bertrand, ex- Les Républicains e in animo di candidarsi alla Presidenza nel 2022, ha vinto il primo turno con il 41,39% dei voti, e così in Ile-de-France, la regione parigina, vince l’uscente Valérie Pécresse. La destra repubblicana di LR con i movimenti vicini ha confermato le sue posizioni nelle 7 regioni che detiene, ed è la forza vincente di queste elezioni da astensione. Le cinque regioni dai colori socialisti hanno confermato i risultati passati, in cui va sottolineato il 40% in Occitania di Carole Delga, senza che la crescita dei verdi si sia potuta consolidare all’interno delle coalizioni a sinistra.

Il partito di Macron, che già aveva rinunciato a possibili presidenze, non riuscirà neppure a condizionare il secondo turno in gran parte delle Regioni, per non aver superato le soglie che gli avrebbero consentito di desistere e fare accordi di governo. La République en Marche fatica sempre a radicarsi sul territorio, con un netto stacco tra la relativa popolarità di Macron e i territori. Anche le presenze di vari ministri nella competizione elettorale (erano ben 5 negli Hauts-de-France) sono servite a poco, specialmente dove Parigi e il circo politico nazionale sono guardati con fastidio.

Il dubbio rimane nella regione Sud, dove il presidente uscente dei Les Republicains, con il supporto di La République en Marche, Renaud Muselier (31,91%) potrebbe vincere se si formasse un fronte repubblicano con i voti della sinistra. Tuttavia, Jean-Laurent Felizia (16,89%) dei verdi (EELLV) ha annunciato che non si ritirerà e parteciperà al secondo turno, malgrado l’opposizione del suo partito a livello nazionale, come di quello socialista e della France Insoumise. Allora tornano le speranze per il parlamentare europeo e lepeniano Thierry Mariani (36,38% dei voti), personaggio particolare anche nella destra estrema, tra simpatie per Putin o la Cina.

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