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Dazi, cosa cambia per auto, energia, farmaci e difesa dopo l’accordo Usa-Ue

L'accordo sui dazi tra l'Ue e gli Stati Uniti favorisce le automobili e la Germania, primo esportatore del blocco. Incerta la situazione dei farmaci e dei microchip, mentre rimangono le tariffe sull'acciaio e cresce l'impegno per l'acquisto di Gnl. Tutti i dettagli

Domenica gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno raggiunto un accordo commerciale che prevederà l’imposizione, da parte americana, di dazi del 15 per cento sulle importazioni di merci europee. L’aliquota è più bassa di quella minacciata dal presidente Donald Trump nelle scorse settimane (30 per cento), ma è più alta di quella applicata sulle importazioni dal Regno Unito (10 per cento) e uguale alla soglia prevista per le merci giapponesi.

L’accordo – annunciato dopo l’incontro a Turnberry, in Scozia, tra Trump e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – partirà dall’1 agosto, quando dovrebbero entrare in vigore i dazi degli Stati Uniti verso un gran numero di paesi. Nonostante l’intesa vada a ridurre il clima di incertezza, diversi aspetti non sono ancora chiari.

DAZI SULLE AUTOMOBILI, SUI FARMACI E SUI MICROCHIP: COSA SAPPIAMO E COSA NO

Per effetto dell’accordo, quasi tutte le merci europee esportate negli Stati Uniti saranno soggette a un dazio del 15 per cento. Il 15 per cento è la soglia massima e non verrà sommata alle tariffe già esistenti: le automobili europee, di conseguenza, saranno soggette a un dazio del 15 per cento, in sostituzione di quello attuale del 27,5 per cento. Si tratta di una buona notizia soprattutto per la Germania, che è il maggiore paese esportatore di automobili dell’Unione europea – von der Leyen, peraltro, è tedesca -, e per le case automobilistiche Volkswagen, Mercedes-Benz e Bmw.

Un trattamento diverso, però, potrebbe venire riservato ai prodotti farmaceutici e ai microchip europei: gli Stati Uniti decideranno infatti la soglia del dazio una volta che avranno concluso le indagini commerciali sui due settori. I risultati verranno annunciati tra un paio di settimane, pare.

COSA CAMBIA PER I MINERALI CRITICI, I COMPONENTI AERONAUTICI E GLI ALCOLICI

Non ci saranno dazi, invece, sul commercio di aeromobili e relativi componenti, di alcuni prodotti chimici, di certi farmaci generici, dei macchinari per i semiconduttori (i più critici sono quelli dell’olandese Asml, che ha il monopolio su alcuni processi avanzati), di alcuni prodotti agricoli e delle materie prime critiche.

La situazione tariffaria per gli alcolici – di cui la Francia è una grande esportatrice – non è ancora stata definita.

NESSUNA NOVITÀ (O QUASI) PER L’ALLUMINIO E L’ACCIAIO

I dazi americani sull’acciaio e l’alluminio europei rimarranno al 50 per cento: Trump aveva annunciato il raddoppio dell’aliquota a fine maggio, motivandolo con la necessità di proteggere l’industria siderurgica statunitense. La maggior parte dell’acciaio e dell’alluminio importati dagli Stati Uniti, comunque, arriva dal resto del Nordamerica, in particolare dal Canada.

Von der Leyen ha spiegato che i dazi al 50 per cento potrebbero venire abbassati in futuro e rimpiazzati con un sistema di quote massime di importazione.

L’ENERGIA E LA DIFESA

Sull’energia, l’Unione europea si è impegnata ad acquistare gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti – che ne sono i maggiori produttori al mondo – per 250 miliardi di dollari all’anno per tre anni: la cifra totale, dunque, sarà di 750 miliardi. Le forniture americane serviranno a sostituire quelle russe che, seppur ridottesi fortemente dopo l’invasione dell’Ucraina, rimangono comunque rilevanti.

L’Unione europea aumenterà anche le importazioni di combustibile nucleare dagli Stati Uniti, sempre in un’ottica di sostituzione degli approvvigionamenti dalla Russia.

Sulla difesa, invece, l’Unione europea si è impegnata ad acquistare equipaggiamenti militari americani.

600 MILIARDI DI INVESTIMENTI DALLE AZIENDE

In ultimo, le aziende europee investiranno 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti entro gli anni del mandato di Trump: la spesa servirà a riequilibrare la bilancia degli scambi, visto che nel 2024 l’Unione europea aveva un surplus di 50 miliardi di euro nel commercio di beni e servizi con gli Stati Uniti.

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