Nell’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva sono state approvate nuove restrizioni sull’uso dei farmaci per la disforia di genere nei minori. Il provvedimento, a firma dei ministri della Salute e della Famiglia Orazio Schillaci ed Eugenia Roccella, prevede un registro nazionale dei farmaci e l’obbligo di autorizzazione caso per caso da parte di un comitato etico.
Il testo, compreso di clausola di invarianza finanziaria, è composto da tre articoli e si propone di “rispondere al bisogno di salute delle persone minori di età”, garantendo un maggiore controllo sui trattamenti. Ma non tutti sono d’accordo…
COS’È LA DISFORIA DI GENERE
L’Istituto superiore di sanità definisce la disforia di genere come una “condizione caratterizzata da un’intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso. La contraddizione tra il sesso biologico e l’identità di genere può condurre ad una condizione di profonda sofferenza, ansia, depressione e/o difficoltà di inserimento in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree, chiamata appunto disforia di genere, così come definita nella quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5 – American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders: 5th edition)”.
LE NUOVE NORME SUL TRATTAMENTO DELLA DISFORIA DI GENERE
Il primo articolo inserito nella bozza del disegno di legge sulle “Disposizioni per l’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere”, ovvero l’utilizzo degli ormoni e dei farmaci bloccanti della pubertà per i minori con varianza di genere, stabilisce che questi farmaci potranno essere somministrati solo in presenza di una diagnosi da parte di un’équipe multidisciplinare di specialisti. Inoltre, dovranno essere documentati i percorsi psicologici, psicoterapeutici ed “eventualmente” psichiatrici effettuati in precedenza dal minore. In attesa dell’adozione ufficiale di tali protocolli, la somministrazione dei farmaci potrà avvenire solo con l’assenso del Comitato etico pediatrico nazionale.
Il secondo articolo istituisce, presso il ministero della Salute, un tavolo tecnico dedicato, composto da esperti e istituzioni, il cui compito sarà definire le linee guida cliniche, elaborare protocolli e fornire strumenti per monitorare l’appropriatezza dei trattamenti. Tra loro, un rappresentante del ministero della Salute, uno dell’autorità politica delegata per la famiglia, tre esperti nominati dal ministro della Salute e due esperti nominati dall’autorità politica per la famiglia.
Il terzo articolo regola infine la fase transitoria e stabilisce che fino all’adozione dei protocolli ufficiali, l’autorizzazione del Comitato etico sarà obbligatoria per ogni singolo caso.
REGISTRO NAZIONALE E DISPENSAZIONE DEI FARMACI
Il disegno di legge prevede anche l’attivazione, da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), di un registro nazionale per la prescrizione e la distribuzione dei farmaci che, come la triptorelina – oggi a carico del Servizio sanitario nazionale in modalità off label -, hanno l’effetto di bloccare la pubertà e anche degli ormoni mascolinizzanti e femminilizzanti. Tutti questi prodotti potranno in ogni caso essere erogati solo dalla farmacia ospedaliera.
“I dati contenuti nel Registro – afferma il provvedimento – saranno trasmessi al ministero della Salute ogni sei mesi. Il rapporto dovrà contenere gli elementi e le informazioni in ordine al processo decisionale di prescrizione dei farmaci, inclusi gli esiti documentati dei precedenti percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici svolti; le eventuali comorbilità diagnosticate; il monitoraggio clinico e il follow up”.
Una relazione sui dati raccolti dal tavolo tecnico sarà trasmessa al Parlamento ogni tre anni dal ministero della Salute.
TRIPTORELINA, IL FARMACO DELLA DISCORDIA
La decisione del governo di intervenire fa seguito alle polemiche sorte nei mesi scorsi sull’uso della triptorelina su minori all’ospedale Careggi di Firenze, segnalato in un’interrogazione del senatore Maurizio Gasparri per presunte somministrazioni senza supporto psicoterapeutico. Il ministero della Salute ha quindi avviato un’ispezione, chiedendo alla Regione Toscana 11 misure correttive, tra cui l’obbligo di visita neuropsichiatrica. A maggio 2024 è stato istituito un tavolo tecnico per approfondire le pratiche e le evidenze scientifiche disponibili. A novembre, il Comitato nazionale per la bioetica ha raccomandato la creazione di un registro nazionale, rilevando la mancanza di dati sui minori trattati.
Secondo l’Aifa, nel 2023 i casi sarebbero circa 25, ma il dato potrebbe essere sovrastimato.
Attualmente, secondo quanto riportato dalla Società italiana di farmacologia (Sif), la triptorelina in modalità off label è limitatamente indicata a soggetti di età inferiore a 8 anni nelle bambine e inferiori a 10 anni nel bambino e l’Aifa l’ha inserita nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Ssn per l’impiego in casi selezionati di disforia di genere, con diagnosi confermata da un’équipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva.
Tale principio attivo è disponibile in commercio in diverse specialità per le quali esistono formulazioni e indicazioni terapeutiche differenti (Decapeptyl, Fertipeptil, Gonapeptyl Depot), si somministra per via sottocutanea o per via intramuscolare. Inoltre, l’effetto è totalmente reversibile alla sospensione della terapia.
PARERI DISCORDANTI
L’effettiva stretta sull’uso della triptorelina si scontra con una letteratura scientifica sulla materia in cui i pareri degli esperti non convergono. La relazione illustrativa che accompagna il provvedimento ricorda infatti i “differenti orientamenti espressi da parte dei professionisti di settore”, che hanno portato alcuni Paesi, come Regno Unito, Finlandia e Svezia, a “rivedere l’intero sistema di servizi offerti ai minori” con disforia di genere “dai rispettivi sistemi sanitari nazionali”.
A cui bisogna poi aggiungere gli aspetti etici che il tema solleva. Per Rosario Coco, presidente di Gaynet, lo schema di disegno di legge appena approvato “è una strategia per rallentare in tutti i modi l’accesso alla triptorelina e realizzare una schedatura ideologica dei minori che intraprendono l’affermazione di genere”. Rischio evidenziato anche dall’avvocata, portavoce e attivista del Movimento identità trans (Mit), Roberta Parigiani che con Domani ha condiviso perplessità e preoccupazione anche sull’imparzialità del tavolo tecnico e sul ruolo del Comitato etico. Inoltre, secondo Parigiani, “i criteri di eleggibilità non coincidono con quelli generali per la presa in carico di una persona minorenne” perché “un conto è la valutazione clinica di persone di 16 o 17 anni, un altro è l’accesso ai bloccanti puberali, che dovrebbe essere trattato come una fase a sé”.
LA POSSIBILITÀ DI FERMARSI IN TEMPO IN QUALUNQUE CASO
L’aspetto dell’età è fondamentale perché, come osserva Parigiani: “Si parla di diagnosi già accertata ma i bloccanti servono anche per esplorare, non per confermare. Possono essere usati in fasi iniziali, proprio per valutare se c’è o meno volontà di proseguire nel percorso. Invece si presuppone una diagnosi definitiva già in un’età dove esiste una forte componente esplorativa. Così si rischia di chiudere la porta a molte persone”.
Anche Rosario Pivonello, ordinario di Endocrinologia metabolismo e andrologia della Federico II di Napoli, tempo fa sottolineava l’importanza del tempo – concesso dai farmaci – per prendere una decisione consapevole: “Prima di procedere [con il trattamento farmacologico], si aspetta l’arrivo della pubertà” e solo a questo punto si ricorre al farmaco. “L’obiettivo – affermava Pivonello – è dare al medico il tempo di analizzare la situazione, studiando il bambino o la bambina per verificare se si tratta di vera disforia di genere. E, contemporaneamente, per consentire agli stessi di riflettere”.
L’uso della triptorelina, per il medico, infatti, ha tre obiettivi principali: ridurre la sofferenza psicologica nei giovani con disforia di genere evitando lo sviluppo di caratteristiche fisiche non desiderate, facilitare eventuali interventi chirurgici di affermazione di genere e rendere tali interventi meno complessi. Questi obiettivi sono condivisi dalla bioetica e riconosciuti dall’Aifa, che considera il farmaco sicuro e non pericoloso.