La U.S.-China Economic and Security Review Commission, commissione del Congresso degli Stati Uniti, da oltre vent’anni monitora con un accurato rapporto annuale le implicazioni per la sicurezza nazionale della relazione economica e commerciale tra Washington e Pechino.
Il rapporto, frutto del confronto costante con numerosi esperti, contiene sempre un’analisi delle aree di interesse e dei principali rischi dell’azione di Pechino, secondo una prospettiva – quella, appunto, del Congresso – che esprime in genere le posizioni più nette verso la Cina. Il documento si conclude con una serie di raccomandazioni di policy, sulle nuove azioni da intraprendere. Come ogni documento, buona parte di esso resta sempre lettera morta. Eppure, la sua lettura aiuta sempre a cogliere alcuni elementi delle priorità degli Stati Uniti nella competizione con la Cina. Anche il rapporto di quest’anno, da poco reso disponibile, può essere considerato secondo questa prospettiva.
La struttura del documento mostra alcune espressioni abituali (come “asse delle autocrazie”) in cui inquadrare l’azione internazionale della Cina, ma anche e soprattutto una particolare attenzione geografica: soprattutto, all’azione cinese nel Sud-est asiatico, area cruciale per la competizione tra Washington e Pechino e in cui il gioco diplomatico che ha caratterizzato la stessa visita nella regione di Trump è con ogni probabilità una tappa di un processo molto più lungo.
Un chiaro aspetto di continuità di questo documento con i rapporti degli anni precedenti è l’attenzione che viene data all’espansione di Pechino nel dominio spaziale, che la Cina considera un campo di battaglia cruciale e un prerequisito per la supremazia informativa e il vantaggio operativo nei futuri conflitti. Il rapporto documento le capacità cinesi in lanci, satelliti e sistemi anti-satellite. La parte propositiva in quest’ambito non è granché, perché si risolve nella richiesta di aumento dei finanziamenti della Space Force e in poco altro. Anche la richiesta della produzione di un documento del Dipartimento del Commercio sulle capacità spaziali cinesi e sull’uso duale delle tecnologie non è una novità. Del resto, la competizione sullo spazio è un tema di lungo periodo delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, perché va avanti dagli anni ’90.
Il Rapporto, nelle sue varie sezioni e nelle raccomandazioni, insiste su un punto: la competizione con la Cina impone agli Stati Uniti una riforma degli strumenti di economic statecraft. Ciò è oggi essenziale per contrastare l’erosione dei vantaggi tecnologici americani e le tecniche di elusione dei controlli all’esportazione e delle sanzioni messe in atto da Pechino o da entità riconducibili alla Cina. Questo discorso va ormai avanti da anni, e ha raggiunto sempre più attenzione con le varie misure su Huawei, soprattutto a partire dal 2019, e naturalmente con la lunga vicenda dei controlli sulle esportazioni sui sistemi per l’intelligenza artificiale di NVIDIA e AMD, a partire dall’estate 2022.
Per superare l’attuale approccio frammentato, che quindi si considera poco efficace, il rapporto raccomanda l’istituzione di un apparato burocratico unico per la sicurezza economica. Questa nuova struttura unificata dovrebbe integrare le autorità di agenzie chiave, tra cui il Bureau of Industry and Security (BIS), l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) e la Defense Technology Security Administration (DTSA). Per essere efficace, il nuovo apparato dovrà essere integrato nella comunità di intelligence per accedere a informazioni in tempo reale sulle dinamiche dell’elusione delle sanzioni e dei controlli, e inoltre dovrà avere un potere di sanzionare simile a quello del Dipartimento del Tesoro.
Siccome continueremo a vivere nell’epoca del capitalismo politico e della competizione tra Stati Uniti e Cina, è probabile che proposte di questo genere continueranno a essere elaborate. Che vengano realizzate da un giorno, da un mese o anche da un anno all’altro, è però un altro discorso. Ogni burocrazia, comprese quelle implicate nella sicurezza nazionale e nelle nuove sfide di sicurezza economica, tende a difendere le proprie prerogative, rendendo più difficili le riforme volte a creare entità uniche, ritenute salvifiche ma spesso destinate a restare sulla carta.






