Tutto è iniziato il 6 agosto, quando l’Irccs per le Malattie Infettive e Tropicali “Sacro Cuore” di Negrar (Verona) ha diagnosticato il primo caso autoctono di chikungunya. Solo 24 ore dopo è emerso un secondo caso, sempre di origine autoctona. Da quel momento i contagi sono saliti a 46, tutti trasmessi localmente e tutti localizzati nella provincia di Verona.
Il virus, che solitamente colpisce soprattutto le regioni tropicali e subtropicali dell’Africa e del Sudest asiatico, sarebbe riconducibile al ceppo del Madagascar. “Quasi certamente, il virus è stato portato a Verona da una persona di rientro dall’estero. Tornata in Italia, è stata punta da una zanzara tigre, che a sua volta ha trasferito il virus altrove”, ha detto Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene all’Università di Milano.
Con il cambiamento climatico, oggi la sua diffusione si è allargata anche a nuove aree geografiche perché, come sottolineato da Matteo Bassetti, professore di Malattie infettive all’Università di Genova, “se dopo tanti anni è arrivato in Italia, vuol dire che sta trovando condizioni favorevoli, vista la tropicalizzazione del nostro clima. [Il problema sono le zanzare, che ormai] circolano persino fino a novembre”.
COS’È E QUALI SONO I SINTOMI DEL VIRUS CHIKUNGUNYA
La chikungunya, spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss) è una malattia virale che viene trasmessa all’uomo da zanzare infette ma non si trasmette da uomo a uomo. È caratterizzata da febbre e forti dolori alle articolazioni tali da limitare i movimenti dei pazienti. Da qui il nome chikungunya, che in lingua swahili significa “ciò che curva” o “contorce”. Il dolore generalmente dura alcuni giorni ma può anche prolungarsi per alcune settimane. Il virus può inoltre causare malattie acute, subacute o croniche.
“Rispetto a quelli di West Nile, i sintomi di chikungunya sono decisamente meno impegnativi: si parla soprattutto di dolori articolari, simili a quelli che possono derivare da un’influenza”, ha spiegato Bassetti.
Nella maggior parte dei casi, prosegue l’Iss, i pazienti si riprendono completamente ma in alcuni casi il dolore alle articolazioni può persistere per mesi o anche anni. Raramente si verificano complicanze gravi, tuttavia negli anziani la malattia può essere una concausa di morte.
Per l’Istituto è tra le più importanti malattie di importazione insieme a dengue, febbre gialla, West Nile, encefalite giapponese e quelle causate da hantavirus.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Il focolaio in corso a Verona segue quello di Carpi, identificato a fine agosto e arrivato a un centinaio di casi. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Iss, da inizio anno sono 208 i casi di chikungunya confermati in Italia: 41 associati a viaggi all’estero e 167 casi autoctoni, nessun decesso. L’età media è 60 anni e per il 53% si tratta di donne. Dei 46 contagiati in provincia di Verona soltanto due sono finiti in ospedale e nel frattempo sono guariti.
Sono inoltre stati identificati 4 episodi di trasmissione locale del virus chikungunya in 2 Regioni, Emilia-Romagna e Veneto, uno rappresentato da un caso sporadico, già chiuso, e tre da focolai.
AZIONI DI CONTRASTO
Come ha ricordato anche Bassetti, per fermare l’epidemia bisogna seguire le buone pratiche da sempre consigliate “come tagliare regolarmente l’erba del giardino di casa e svuotare l’acqua dai sottovasi sui nostri balconi, per evitare che si trasformino in autogrill per le zanzare”. L’Usl Scaligera, riporta il Corriere, consiglia l’uso di sabbia, “che non favorisce la rinascita del virus”.
Anche la Direzione regionale Prevenzione, in accordo con l’Iss, ha ammonito la popolazione a non lasciare ristagni d’acqua all’aperto e ha disposto campagne di disinfestazione. Sono poi state annullate sagre e fiere.
PERCHÉ IN VENETO
“Il paziente zero non è stato individuato e difficilmente lo sarà – ha detto al Corriere il professor Federico Gobbi, direttore scientifico dell’Irccs Sacro Cuore e primario delle Malattie infettive – ma abbiamo sequenziato il ceppo del virus, che è per tutti i casi finora emersi quello circolante in Madagascar”.
“Altri focolai – prosegue il medico – sono stati segnalati in Francia e in Cina. Nel Veneto, chikungunya potrebbe essere stato portato da un turista straniero infettato dalla zanzara tigre, che poi ha trasmesso il virus a dei residenti. […] Oppure il paziente zero potrebbe essere un veronese rientrato da un soggiorno nei Paesi a rischio. Il fatto che l’infezione resti confinata nella provincia scaligera può dipendere dal raggio d’azione della zanzara tigre, limitato a 200-300 metri, e dalla sua emivita di 25/30 giorni”.
DOVE È AUTORIZZATO IL VACCINO DI VALNEVA
Il primo vaccino contro la chikungunya, commercializzato con il nome Ixchiq e somministrato in un’unica dose, è stato prodotto dalla casa farmaceutica francese specializzata nello sviluppo di vaccini per malattie infettive Valneva.
Attualmente è stato autorizzato negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito. Anche l’Europa aveva dato il via libera nel luglio 2024, ma lo scorso maggio, come riferito dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), “il comitato per la sicurezza dell’Ema (Prac) ha avviato un riesame di Ixchiq a seguito di segnalazioni di gravi eventi avversi negli anziani”.
“Finora – continua l’Aifa – sono stati segnalati in tutto il mondo 17 eventi avversi gravi, tra cui 2 casi di decesso, in persone di età compresa tra i 62 e gli 89 anni. Il Prac raccomanda di limitare temporaneamente l’uso del vaccino nelle persone di età pari o superiore a 65 anni. Ixchiq, inoltre, non deve essere somministrato a persone con un sistema immunitario indebolito a causa di una malattia o di un trattamento medico”.
Il vaccino, conclude l’Agenzia, non è disponibile in Italia, mentre nell’Ue/See è disponibile in Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia.