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Isis

Chi sono i terroristi dell’Isis-K, gli attentatori di Kabul

Uomini, obiettivi e risorse dei terroristi dell'Isis-K secondo gli analisti

 

L’Isis ha rivendicato gli attentati terroristici avvenuti a Kabul, in Afghanistan, e che hanno causato almeno 170 morti e 200 feriti. I più colpiti sono stati i civili afgani.

E la risposta americana al sanguinoso attacco all’aeroporto di Kabul non si fa attendere. Dopo aver presentato davanti alle telecamere in lacrime ed aver assicurato che i responsabili dell’attentato l’avrebbero pagata, il presidente Joe Biden ha autorizzato un raid in Afghanistan, nella regione di Nagahar, durante il quale è stata colpita e uccisa una delle menti dell ‘Isis-K che progettava futuri attacchi. L’identità del militante non è stata resa nota.

Ma chi sono, quanti sono, dove sono e come si finanziano i terroristi di Isis-K?

Ecco tutti i dettagli.

La storia dell’ISIS in Afghanistan

A colpire all’aeroporto di Kabul è stato il gruppo terroristico Isis-k, la costola del sedicente Stato islamico attiva nella regione del Khorasan, al confine col Pakistan. Il gruppo è nato nel 2014 “quando il Califfato di Abu Bakr Al Baghdadi è all’apice e incentra la sua strategia di espansione globale nella creazione di affiliazioni (“province” nel gergo del gruppo) in vari continenti – ha scritto su Repubblica Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’Estremismo alla George Washington University -. A fondare Isis-k sono un nucleo di fuoriusciti dei talebani pachistani (Tehrik – e Taliban Pakistan), ai quali presto si aggiungono disertori di altre milizie jihadiste afghane e pachistane”. Conquistano il distretto di Achin perpetrando violenze contro la popolazione. “Il loro è un governo brutale tanto che i talebani si ergono a difensori della popolazione e cominciano a combatterli – scrive Nico Piro, inviato del Tg3 sul suo blog -. Quando gli americani e i governativi cominciano a cercare di fermarli è tardi, tanto che i talebani denunciano la complicità tra Usa e Isis. Alla fine saranno le red unit, le forze speciali talebane, a liberare Achin, scacciando l’ISIS sulle montagne, spalle al Pakistan”.

La sconfitta militare

Nel 2018 l’ISIS viene sconfitto militarmente, da allora sfrutta le tecniche della guerriglia. “Non potendosi misurare sul campo ormai ridimensionato per truppe e presenza territoriale – scrive ancora Nico Piro -, passa agli attacchi contro i “soft-target” cioè obiettivi civili a bassa sicurezza, dove con poco sforzo (un kamikaze costa all’incirca 2500 dollari) fare tante vittime spargendo terrore e conquistando la ribalta mediatica”.

Una forza da 2000 uomini

Il Khorasan, zona nella quale i terroristi attentatori hanno il loro quartier generale, è una regione che include il nordest dell’Iran, il sud del Turkmenistan e il nord dell’Afghanistan. Il nome di provincia di Khorasan si riferisce a imperi musulmani medioevali in un’area fra parti dell’Iran, l’Afghanistan e l’Asia centrale. “Lo Stato Islamico della Provincia del Khorasan è un gruppo terroristico affiliato al sedicente Stato islamico – scrive l’ISPI nel suo report – Il gruppo è avversario dei Talebani e conterebbe su circa 1500-2200 miliziani effettivi, quindi un numero non sufficiente per una competizione di potere con i Talebani, ma sicuramente un serio rischio per la sicurezza già precaria dell’Afghanistan”.

Le risorse economiche: miniere e narcotraffico

L’Isis afghano si ritira nel Khorasan dove ed è riuscito a sopravvivere grazie al controllo di alcune miniere, tra cui quelle di talco nella provincia di Nangahar ai confini con il Pakistan. Nel 2019 tuttavia, complice anche la decisione di entrare nel business del narcotraffico, l’Isis-K ha rialzato la testa. Grazie a maggiori entrate è riuscito a riprendere possesso di diversi territori e oggi la sua presenza si è estesa in diverse province (in Nangarhar, Kunar, Nuristan, Badakhshan).

I tre nemici dell’ISIS: talebani, governo di Kabul e Usa

L’Isis-K è stato osteggiato dai talebani, deposto governo di Kabul e dalle forze occidentali. Per questo tra il 2019 e la prima parte del 2020 è stato in forte difficoltà. Le cose sono migliorate dal giugno 2020, quando il gruppo si è dotato di un nuovo leader, forse arabo e non pachistano come i precedenti. Nei primi quattro mesi del 2021, la missione Onu in Afghanistan ha contato 77 attentati rivendicati o attribuiti all’Isis-K, perpetrati contro la minoranza sciita, giornalisti, stranieri, militari e infrastrutture civili.

Lo scontro ideologico tra talebani e guerriglieri dell’Isis

Tra talebani e Isis è in corso uno scontro ideologico e religioso. “I talebani sono alleati e protettori di Al Qaeda la vecchia generazione del jihadismo a cui il network dell’Isis vuole sottrarre la primazia del movimento”, aggiunge il direttore Vidino. Secondo i miliziani dello Stato Islamico i talebani avrebbero abbandonato la fede musulmana, dato che hanno accettato di trattare con gli americani e vengono per questo considerati troppo pragmatici e non abbastanza rigorosi nell’applicare la legge islamica. L’Isis-K mira a distruggere l’influenza dei talebani nell’Afghanistan orientale e da lì realizzare una base del jihadismo globale, anti-occidentale. L’ideologia è la sempre la stessa: esportare il jihad e fare terra bruciata di apostati e infedeli, musulmani o non.

Controllo del territorio: le difficoltà dei talebani

Il report del Cesi, “Il ritorno dei Talebani” aveva messo in guardia circa la possibilità che i talebani non riuscissero a mantenere il controllo su tutto il territorio afgano lasciando spazio alla recrudescenza della violenza di gruppi terroristici. “L’impegno dei talebani per garantire l’indisponibilità del territorio afghano alla riorganizzazione di gruppi terroristici potrebbe non essere sufficiente a garantire l’effettiva impermeabilità della regione ad una nuova ondata di radicalizzazione”, scrive l’analista CESI Francesca Manenti. Le potenze occidentali, dopo la rovinosa ritirata statunitense, temono che delle l’Afghanistan torni ad essere un “porto sicuro” per le organizzazioni terroristiche. L’ISPI riporta che secondo i dati della missione ONU in Afghanistan (UNAMA), sarebbero almeno 77 gli attacchi terroristici rivendicati da ISKP dall’inizio del 2021. Numeri che mettono una seria ipoteca sulla futura instabilità dell’Afghanistan.

Gli allarmi dei servizi segreti occidentali

Qualche giorno prima degli attentati i servizi segreti occidentali, inglesi in particolare, avevano avvisato di possibili attentati gli alleati. Secondo Charlie Winter, ricercatore al Centre for the Study of Radicalisation dell’università di Londra, l’aeroporto e le folle in partenza rappresentano “una perfetta riunione di diversi obiettivi” del gruppo: i militari americani, gli afghani filo occidentali e i talebani, che l’Isis-k considera apostati”. I jihadisti sono riusciti a eseguire l’attacco multiplo nonostante il capo della Cia, William Burns, sia arrivato a Kabul per incontrare il capo dei talebani, Baradar, proprio al fine di impedirlo, affermando di avere prove schiaccianti sulla pianificazione in corso da parte dell’Isis.

La rinascita del terrorismo

La ritirata statunitense lascia così l’Afghanistan terreno libero per le scorribande dei gruppi terroristici e per l’Isis che può avere l’ambizione di risorgere. L’attentato di Kabul lascia un messaggio di indisponibilità alle potenze che pensavano di estendere su Kabul la propria sfera di influenza. Insomma, i talebani non sono i soli interlocutori dell’area.

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