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Alluvione in Romagna e cambiamento climatico, cosa pensa il prof. Franco Prodi

Le tesi del fisico dell'atmosfera Franco Prodi, fratello dell'ex premier Romano Prodi, che fanno imbufalire i vari gretini su energia e clima. Ecco come Franco Prodi ha commentato l'alluvione in Emilia-Romagna

 

Non è vero che il 98% del cambiamento climatico è responsabilità umana. A dirlo su La7 è il prof. Franco Prodi, già ordinario di Fisica dell’atmosfera all’Università di Ferrara ed ex direttore dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR, uno scienziato che ha dedicato la vita a studiare la fisica delle nubi e delle precipitazioni.

FRANCO PRODI: “IL RISCALDAMENTO DEL PIANETA NON DIPENDE AL 98% DA NOI”

Secondo il professore, che in questi giorni è spesso intervenuto analizzando cause ed effetti dell’alluvione che ha coinvolto l’Emilia-Romagna, al momento l’uomo non è in grado di calcolare quale sia il suo impatto sul mutamento climatico. “La conoscenza del sistema clima, e quindi dell’influenza da parte dell’uomo su di esso, è nella sua infanzia – ha detto il professore a Libero -. Al momento nessuno può valutare l’incidenza dell’elemento antropico nel cambiamento del clima e pertanto nessuno può controllarla. Di certo però il riscaldamento del Pianeta non dipende al 98% da noi, come invece in tanti sostengono. Questa è una fesseria, talmente diffusa però da diventare inarrestabile. Tra cinquant’anni di studi saremo forse in grado di stimare l’incidenza dell’uomo sul clima, che per inteso nessuno nega, tantomeno io”.

ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA: IMPOSSIBILE CALCOLARE L’IIMPATTO DELL’UOMO SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO SECONDO IL PROF. FRANCO PRODI

Il ragionamento del prof. Prodi parte dall’assunto che le attività umane industriale siano vecchie di non più di due secoli, “come di due secoli sono i reporter da strumenti, da termometri. Questa coincidenza tra il rilevamento delle misure fisiche e le attività antropica dell’uomo industriale è al cuore di queste discussioni”. Nel mirino del professore c’è il report dell’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, nonché principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Il professore ha messo in discussione la libertà degli esperti che compongono il gruppo perché “nominati dai ministeri dell’Ambiente, nominati dalla politica”.

SECONDO FRANCO PRODI IL CAMBIAMENTO CLIMATICO ESISTE MA NON DIPENDE SOLO DALL’UOMO

Il fisico non mette in dubbio che il cambiamento climatico sia in atto ma non lo attribuisce esclusivamente alle attività antropiche. “Il cambiamento climatico c’è, è connaturato, non può non esserci, perché dipende dal sole, dipende dall’astronomia dall’aspetto gravitazionale degli altri pianeti, dipende dai componenti dell’atmosfera che possono essere naturali e antropiche – spiega il professore nel corso della trasmissione L’Aria che tira -. La stima da fare è complessissima. Io non nego il cambiamento climatico, non lo nego affatto perché sono un fisico delle nubi. Le nostre nubi sono diverse dalle nubi dei tempi di Galileo e delle nubi medioevali? Perché ci sono anche le particelle di origine antropica”.

“NON SI PUÒ SPEGNERE COMPLETAMENTE IL FOSSILE”, SECONDO FRANCO PRODI

Ciò che, secondo il professore, è misurabile è l’inquinamento planetario. “Questo sforzo di organizzazione delle Nazioni andrebbe rivolto non alla colpevolizzazione assoluta della CO2 ma alla riduzione concordata dell’inquinamento planetario – ha detto il professore -. Non si può spegnere il fossile totalmente: fossile, vuol dire carbone, vuol dire petrolio, vuol dire gas naturale vuol dire minerali per le centrali nucleari”. Peraltro, anche le rinnovabili portano con sé delle problematiche. “Ci sono dei problemi enormi anche per le rinnovabili, per le materie prime. Se pensassimo di estremizzare le rinnovabili e scegliessimo di piantare numerose pale eoliche rischieremmo di modificare anche la circolazione dell’aria con delle vere conseguenze climatiche”.

ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA: CHIARA LA METEOROLOGIA DELL’EVENTO

Tornando all’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna il professore ha scritto che la meteorologia dell’evento è stata del tutto chiara. “Una bassa pressione su basso Lazio e Abruzzo ha generato per giorni una circolazione ciclonica antioraria – ha scritto sul Foglio -. Questa circolazione ciclonica su Marche ed Emilia-Romagna, venendo da est nord-est, ha trovato nel suo corso gli Appennini, con innalzamento della massa d’aria e conseguente intensificazione orografica delle precipitazioni, sia diffuse che convettive. Chi è del mestiere sa che la gravità di un evento aumenta al permanere della situazione sullo stesso territorio. È come una macchina che scarica pioggia generata da una struttura organizzata in modo stazionario e con continuità”.

LE CRITICHE ALLA GESTIONE DEL RISCHIO METEOROLOGICO

Le critiche del professore si dirigono alla gestione rischio meteorologico. “Dalla previsione meteorologica, accertata la situazione di rischio potenziale, si passa al nowcasting, che deve basarsi su osservazioni, soprattutto da radar meteorologico, ma anche da satelliti che deve produrre ogni venti minuti un dato della distribuzione areale della intensità di precipitazione – scrive il professore -. Questo dato deve essere inserito in modelli idrologici di bacino, e questi a loro volta, dopo inserimento di dati specifici (umidità del terreno, tempi di corrivazione, storia delle precipitazioni precedenti) deve produrre la previsione dei livelli del corso d’acqua ed eventualmente le tratte di possibile esondazione. Da questi dati devono derivare gli input di intervento di protezione civile, in base alle condizioni attuali: giorno della settimana, comunicazioni terrestri per salvare le persone e proteggere i beni”.

ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA: LA CRITICA DEL PROFESSORE AL NOWCASTING

La critica del professore si scaglia sul nowcasting, ovvero sulle previsioni meteorologiche a brevissimo termine su un particolare territori.Non si è mai vista in atto una radarmeteorologia che vada otre la osservazione della riflettività per una stima della precipitazione quando è ancora in aria: la Qpe, Quantitative Precipitation Estimate – scrive ancora il professore al Foglio -. I modelli di bacino devono essere già pronti tenendo presente il principio di pericolosità: quanto più piccolo è il bacino tanto più importante diviene la meteorologia e alto il pericolo di alluvioni improvvise (flash floods)”. Infatti, il professore, in un’intervista a Libero, sottolinea come non abbia visto trattazioni radar-meteorologiche di questo caso nell’Emilia-Romagna. “Utilizzando le osservazioni radar si capisce quanta pioggia cadrà in una determinata zona – dice ancora il prof. Prodi -. Con il modello idrologico si può prevedere il livello di un corso d’acqua lungo il suo percorso”.

LA MANCATA CURA DEI CORSI D’ACQUA

Una migliore organizzazione del servizio idrologico e meteorologico si somma all’antropizzazione delle colline romagnole, “I territori collinari sono stati utilizzati per fabbriche e abitazioni”. Tuttavia, secondo il prof. Prodi “Il consumo del suolo va assolutamente interrotto ma per motivi di carattere più generale – dice il professore -. È un problema che esiste ma nella fattispecie non è fondamentale. Se dobbiamo tirare in campo un tema importante parlerei piuttosto della cura dei corsi d’acqua e qui sono abbastanza in là negli anni per aver assistito al passaggio dalla gestione del servizio idrologico nazionale alla gestione regionale”.

LA METEOROLOGIA DEVE ESSERE NAZIONALE

E torna sulla regionalizzazione della gestione del rischio che, secondo il professore, ne indebolisce l’efficacia. “La meteorologia deve essere nazionale per definizione, addirittura europea per certi aspetti – ha continuato il prof. Prodi -. Io questo aspetto l’ho fatto presente ai tempi della riforma Bassanini e in altre occasioni successive. Ma ogni volta tanti ossequi al professore e poi mi tenevano fuori dalle commissioni grandi rischi e dalle decisioni sui radar meteorologici”.

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