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Aermacchi MB-339, ecco perché gli Emirati hanno snobbato l’Italia

Abu Dhabi ha scelto di sostituire l’italianissimo Aermacchi MB-339 con il caccia cinese Hongdu L-15, anziché l'M-346 di Leonardo, per equipaggiare la pattuglia acrobatica Al Fursan. Il commento del generale Leonardo Tricarico, presidente della fondazione Icsa

 

Tanto tuonò che piovve. Come inquadrare diversamente il sonoro ceffone assestatoci dagli Emirati Arabi Uniti con la decisione di rimpiazzare con un caccia cinese, lo Hongdu L-15, l’italianissimo Aermacchi MB-339 per le esigenze della pattuglia acrobatica emiratina Al Fursan (i Cavalieri)?

Eppure, non fossimo stati dei pregiudicati seriali, la strada sarebbe stata quasi obbligata verso la stessa soluzione adottata dalle nostre Frecce Tricolori: sostituzione dello MB-339 giunto anche esso al termine della vita operativa, con il suo successore naturale, lo M-346 sempre di Leonardo. Anche perché gli emiratini conoscono bene questo straordinario prodotto della nostra industria, anni fa ne misero a dura prova le performance in un defaticante ciclo di test in volo, nei quali il nostro velivolo – a detta proprio degli esponenti di vertice della loro Aeronautica- –svettò letteralmente sull’unico concorrente restato in gara, il T-50 coreano.

Senza rammentare poi – e non è cosa da poco – che Al Fursan, il loro team acrobatico, è figlio naturale delle Frecce Tricolori: nel 2010 e per due anni, le nostre Frecce si sono sobbarcate l’onere di formare il team emiratino partendo esattamente da zero, dotandoli del nostro stesso velivolo e dislocando a Dubai il personale necessario ad un sicuro decollo di Al Fursan. Ancora oggi un Tenente Colonnello delle Frecce opera a fianco degli emiratini in qualità di supervisore.

Lamentarsi di questo epilogo sarebbe però poco dignitoso, oltre che ingiusto. Ce la siamo cercata insistentemente con tutta una serie di sgarbi verso un paese amico, in conseguenza dei quali sarebbe stato verosimile attendersi reazioni anche più strutturate e sollecite.

Tutto inizia intorno a ridosso del 2010, con Finmeccanica che promette di coinvolgere gli EAU nell’approvvigionamento di droni, salvo poi non mantenere la promessa senza giustificazione plausibile, anzi affermando pubblicamente – e facendo giungere alle stelle l’irritazione di Sheikh Mohamed – che da parte loro c’era stata una equivoca comprensione. Di lì a qualche anno abbiamo rifilato agli Emirati la seconda buggeratura, coinvolgendoli in un partenariato industriale con la Società Piaggio Aerospace, facendo loro credere nel successo di un prodotto di punta il P.1HH, un drone derivato dall’executive P180. Il progetto non è poi andato oltre la fase sperimentale, con la perdita in mare del prototipo nel 2016 al largo di Trapani. Un vero bagno di sangue per Mubadala, la Finmeccanica emiratina.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata però la politica dei pentastellati, all’epoca titolari degli Esteri, e della loro faccia feroce nei confronti delle attività di esportazione di materiali della Difesa verso l’area del Golfo. Nel “messaggio di pace” lanciato nel 2021 da Luigi Di Maio incapparono anche gli Emirati Arabi Uniti, cui fu interrotto un contratto in essere relativo proprio alla fornitura di parti di ricambio per i velivoli MB-339 di Al Fursan.

Ora non ci possiamo lamentare se Al Fursan si rivolge alla Cina per dotarsi di un nuovo velivolo acrobatico.  Per fortuna sembra acqua passata, la decisione di rivolgersi alla Cina è stata presa quando ancora la nostra politica estera era in mano a dilettanti, il cui operato è confluito in un conto piuttosto salato in cui la mancata commessa emiratina è solo una voce, neppure la più rilevante.

Le cose sembrano ora incanalate in una politica estera molto più oculata, lungimirante ed attenta che non lascia spazio all’improvvisazione e che farà rientrare l’indubbio screzio subito, nella speranza che tutto possa continuare così, senza ledere gli interessi nazionali e senza disturbare il processo di distensione in faticoso corso di realizzazione.

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