Alla fine, dunque, la coppia è scoppiata: quella alla quale ci avevano abituati con incontri, sorrisi e abbracci Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni.
Già incrinata il mese scorso nei vertici europei seguiti alle elezioni continentali di giugno con l’astensione della Meloni sulla designazione della von der Leyen per la conferma alla presidenza della Commissione di Bruxelles, la coppia – ripeto – è scoppiata col voto negato nel Parlamento europeo dalla delegazione italiana dei conservatori su ordine della premier partito dall’Inghilterra, dove la premier era ieri per impegni internazionali.
Il discorso programmatico della von der Leyen pronunciato davanti all’Europarlamento, come l’ultima telefonata intercorsa prima fra le due, non ha convinto la Meloni. Che ha tenuto ad annunciare pubblicamente il suo giudizio negativo, per “metodo e merito”, sulla conferma della presidente della Commissione. E a precisare tuttavia che ciò non comprometterà il rapporto fra il governo di Roma e l’organismo esecutivo dell’Unione, dove l’Italia sarà rappresentata al livello che le spetta per le sue dimensioni.
Parlare a questo punto di maggioranza e di opposizione per collocare, anzi relegare l’Italia nella seconda ha poco senso, o nessuno. Non si è mai visto francamente un governo composto anche dall’opposizione, neppure nelle forme più eccezionali o emergenziali immaginabili.
Peraltro, lamentare o denunciare il ruolo minoritario, marginale, ininfluente dell’Italia nell’Unione, dopo la votazione parlamentare di conferma della von der Leyen, da parte dell’opposizione italiana al governo è un po’ anacronistico, essendosi questa opposizione comportata a Strasburgo come la maggioranza di centrodestra, cioè dividendosi. Se i forzisti hanno votato a Strasburgo per la presidente della Commissione al pari degli europarlamentari del Pd, quelli meloniani e leghisti hanno votato contro al pari della sinistra radicale – separatasi dai verdi favorevoli alla von der Leyen – e dei grillini o contiani. Polemizzare in queste condizioni è un po’ come se il bue desse del cornuto all’asino, secondo un vecchio detto popolare.
La verità è che il voto dell’Europarlamento a favore del secondo mandato dell’ex ministra tedesca della Difesa più che di fiducia, è stato di avvio. Peraltro con una cinquantina di cosiddetti franchi tiratori, staccatisi a scrutinio segreto dalla maggioranza dichiarata. Il resto sarà tutto da vedere e da vivere, man mano che la Commissione si formerà, i suoi membri saranno vagliati dall’Europarlamento e le sue decisioni, iniziative e quant’altro passeranno per la valutazione dell’assemblea eletta il mese scorso. Allora la maggioranza e l’opposizione italiane continueranno a dividersi, magari non nello stesso modo, secondo i temi, e a non potersi reciprocamente rimproverare o rinfacciare niente se non nel solito teatrino mediatico. Così è se vi pare, come dice un celebre dramma di Luigi Pirandello.