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Berlino

Volo Ryanair dirottato a Minsk, qual è stato il ruolo della Russia?

L'arresto del giornalista Protasevich, oppositore del regime di Lukashenko, agita Bruxelles e Washington: cosa ha fatto la Russia? L’analisi di Pierluigi Mennitti

 

Il mistero ruota attorno a quei passeggeri, forse tre, sbarcati a Minsk assieme agli arrestati Roman Protasevich e Sofia Sapega, e mai più risaliti sul velivolo poi ripartito per Vilnius. Tre nomi su cui presto dovrebbe essere fatta luce, dal momento che i dati che li riguardano sono trascritti sui registri della compagnia aerea irlandese e su quelli dei funzionari aeroportuali lituani. E allora si capirà se dietro quelle misteriose figure si nascondano uomini dei servizi segreti bielorussi (il nome è Kgb, lo stesso del vecchio apparato di sicurezza sovietico). O forse addirittura russi, come azzardano, senza però fornire prove, alcuni deputati tedeschi della Cdu, storici e analisti di affari est europei (da Anne Applebaum a Tony Snyder) e indirettamente il quotidiano Die Welt, sempre molto sensibile ai fruscii veri o presunti di nuova guerra fredda.

La vicenda dell’arresto attraverso il dirottamento di un volo civile del giornalista oppositore del regime di Aleksander Lukashenko agita la politica a Bruxelles e Washington, ma scuote le cancellerie dell’Europa centrale, area sensibile a tutto quel che si muove sul bordo orientale dell’Ue. E al di là delle considerazioni sull’evoluzione politica a Minsk, sul destino del giornalista arrestato, forse torturato, sicuramente già sotto pressione delle autorità come dimostrato dal video mostrato nella serata di lunedì, l’interrogativo più profondo è: cosa sapeva Mosca del dirottamento? Perché il peso della Bielorussia negli equilibri europei è uno, quello del suo più grosso vicino ben altro. E tanti sono con la Russia i capitoli aperti di un rapporto intrecciato, divenuto più complicato e conflittuale negli ultimi anni.

Cosa sapeva dunque la Russia? Un primo elemento di riflessione arriva (via Welt) da Milan Nic, ex giornalista di Radio Free Europe/Radio Liberty e oggi senior fellow presso la Società tedesca di politica estera (Deutsche Gesellschaft fuur Außenpolitik, DGAP), uno dei think tank più ascoltati dal governo di Berlino. Nic sottolinea come gli spazi aerei della Russia e della Bielorussia siano integrati, circostanza che rende inimmaginabile l’azione di un aereo da combattimento come il Mig 29 senza un’autorizzazione di Mosca. Allo stato delle ricostruzioni, al rifiuto del pilota di Ryanair di deviare la propria rotta da Vilnius su Minsk si sarebbero innalzati i sue aerei militari per costringere lo stesso pilota a seguire l’ordine bielorusso.

L’ok russo non è tuttavia una prova sufficiente a certificare un coinvolgimento dei propri servizi nell’azione di quelli bielorussi. Tanto più che in tempi recenti, meno di un anno fa, Lukashenko aveva voluto giocare la carta della frizione con Mosca per esaltare il proprio ruolo di tutore della sovranità nazionale, scegliendo come terreno di confronto proprio quello dei servizi segreti.

Correva il mese dello scorso luglio, qualche settimana prima delle elezioni farsa non riconosciute dall’Unione europea che scatenarono l’ondata di proteste e le conseguenti repressioni di cui il rocambolesco arresto di Protasevich è una conseguenza. Funzionari del Kgb bielorusso “scoprirono” e arrestarono 32 contractor del gruppo Wagner, una rete di società russe di sicurezza privata ritenuta – nonostante le smentite del Cremlino – una sorta di forza d’intervento paramilitare in scenari di guerra. L’accusa: destabilizzare il Paese, influenzare le elezioni presidenziali, in fondo lavorare a un colpo di Stato. L’arresto ebbe ampia eco sui media prima nazionali, poi internazionali,  con le immagini del blitz trasmesse dalla tv bielorussa. Poi la tensione si allentò, le proteste successive alle elezioni truccate ribaltarono i rapporti con Mosca, i mercenari furono scarcerati a metà agosto (e tornati a Mosca smentirono l’appartenenza al gruppo Wagner), le accuse ribaltate sui servizi segreti ucraini e il capo del Kgb bielorusso silurato.

Insomma, almeno fino a dieci mesi fa, per quel che era possibile osservare dall’esterno i rapporti fra i due servizi di sicurezza non erano idilliaci. Da allora però molte cose sono cambiate e la reazione del sistema di potere di Lukashenko si è basata anche sul riavvicinamento a Mosca per bilanciare il crescente isolamento internazionale a Ovest. Ma tra il dittatore bielorusso e Putin è più corretto parlare di un’amicizia fredda, di un equilibrio fragile e intermittente di interessi: quello di Mosca è evitare che la Bielorussia muova il proprio baricentro verso occidente. Mosca forse sapeva, ma non è detto che abbia partecipato all’organizzazione d’intelligence.

Vanno tuttavia riportate per onore di cronaca, ma con il beneficio di inventario, le dichiarazioni di Pavel Latushko, ex presidente del Teatro Nazionale schieratosi con gli oppositori e poi finito anche lui in esilio, che assicura che i tre passeggeri “dispersi” del volo Atene-Vilnius dirottato siano cittadini russi.

L’Unione europea per il momento chiede l’immediato rilascio del giornalista e della sua compagna, commina una serie di sanzioni economiche a Minsk, ne prepara altre, suggerisce alle sue compagnie aeree di evitare lo spazio aereo bielorusso e chiude il suo ai voli di Belair. Preoccupa certo il livello di sfida alzato da Lukashenko, la capacità dimostrata dal Kgb di operatività sul territorio dell’Ue (Protasevich è stato pedinato e spiato in Grecia, controllato su un volo di linea della principale compagnia aerea privata dell’Ue, contro la quale è stata realizzata un’azione militare che ha colpito persone cui era stato garantito l’esilio e ha messo a rischio l’incolumità di passeggeri europei). Un vulnus che dovrebbe allarmare anche la Nato. Ma la preoccupazione maggiore è appunto capire se vi sia stato un ruolo diretto della Russia, con la quale nei giorni scorsi si era avviato un timido percorso di avvicinamento in vista del vertice Biden-Putin a Ginevra il 16 giugno che aveva coinvolto anche la Germania sul capitolo energetico del Nord Stream 2. A volte chiedersi a chi giovi una certa azione è il modo più semplice per trovare risposte chiare: a Lukashenko forse sì, a Putin chissà.

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