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Perché gli Stati Uniti bofonchiano per le mire della cinese Tencent su Universal via Vivendi

Tutti i dettagli sul possibile accordo tra la francese Vivendi e la cinese Tencent che non viene visto di buon grado negli Usa, secondo gli analisti.

Accordi franco-cinesi, che interessano l’Italia per via dei protagonisti. Il colosso cinese Tencent, infatti, starebbe trattando con Vincent Bollorè di Vivendi per mettere le mani sulla musica di Universal, di cui è proprietaria proprio Vivendi e che rappresenta band come i Rolling Stones e gli U2 o star come Elton John, Lady Gaga e Katy Perry e molti altri.

NEGOZIAZIONI PRELIMINARI

L’accordo non c’è ancora. Come annunciato dalla stampa francese, infatti, le due aziende avrebbero avviato delle “negoziazioni preliminari” con il gruppo tecnologico cinese quotato alla Borsa di Hong Kong.Tencent, fondata nel 1998 da Ma Huateng, Zhang Zhidong, Xu Chenye, Chen Yidan e Zeng Liqing, è un’azienda tecnologica che offre servizi come WeChat e social per la musica. E’ anche un colosso dei videogiochi, con titoli come Call of Duty online e League of Legends.

UNA COOPERAZIONE RAFFORZATA

Le trattative hanno l’obiettivo di esplorare la possibilità di una “cooperazione rafforzata che potrebbe aiutare Universal Music Group a cogliere le opportunità di crescita offerte dalla digitalizzazione e dall’apertura di nuovi mercati”.

COSA COMPREREBBE TENCENT

Se l’accordo dovesse andare a buon fine, Tencent comprerebbe il 10% di Universal Music Group. La società cinese si riserverebbe la possibilità di acquisire un ulteriore 10% allo stesso prezzo e condizioni entro un anno dalla sigla degli accordi.

QUANTO VALE UNIVERSAL?

L’etichetta musicale dovrebbe valere (secondo calcoli preliminari) circa 30 miliardi di euro.

USA: UN OSTACOLO?

Jerry Dellis, analista di Jefferies, ha affermato che l’accordo potrebbe saltare a causa degli Usa, che non vedono di buon occhio gli investimenti nelle società cinesi.

NON SOLO TENCENT

E ancora. La francese guidata da Vincent Bollorè starebbe anche valutando la possibilità di vendita di una quota di minoranza aggiuntiva in Universal music group ad altri potenziali partner.

La cosa non rappresenta una grande novità: già lo scorso anno, infatti, Vivendi  aveva annunciato che stava considerando di cedere fino al 50% di Universal, con lo scopo di raccogliere fondi per un buyback o eventuali acquisizioni.

NON SOLO UNIVERSAL

Per Tencent questo non rappresenterebbe il vero e proprio debutto nel settore. La cinese  già possiede una divisione dedicata al mercato musicale, Tencent Music Entertainment, che ha fatturato 2,8 miliardi di dollari nel 2018.

MERCATO FAVOREVOLE

Il mercato sembra festeggiare le intenzioni francesi: Vivendi, a Parigi, ha registrato un progresso del 6,96% a 25,65 euro dopo aver toccato un massimo intraday nelle prime battute a quota 26,15 euro, mentre l’indice Cac40 sale dello 0,71%.

“I colloqui di Vivendì con Tencent per la vendita del 10% in Universal Music Group sono ben accolti dal mercato, anche se la partecipazione iniziale è inferiore alle aspettative e la valutazione implicita di 30 miliardi di euro di Umg al di sotto della parte alta del range”, hanno commentato gli analisti di Citi, secondo quanto riportato da Milano Finanza.

UNA MOSSA CHE CONVIENE A VIVENDI

“L’equity value implicito è superiore a quello attualmente implicito nel prezzo di mercato, circa 25 miliardi di euro”, sostengono gli esperti di Citi, ma “è anche al di sotto della fascia alta del range”, fissato dai più ottimisti tra 30 e 40 miliardi di euro.

“Ciò suggerisce solo 3 miliardi di euro di potenziale buyback rispetto alle aspettative di oltre 10 miliardi di euro”.
Per Vivendi “è un deal fantastico, anche se la collaborazione strategica non produce alcun beneficio significativo”, hanno precisato a Citi.

Tencent, invece, avrebbe “una partecipazione in una delle tre grandi etichette musicali”, cercando di percepire “come l’industria potrebbe svilupparsi dal punto di vista dell’importante business a monte”.

PERCHE’ L’ACCORDO INTERESSA L’ITALIA

L’accordo dovrebbe interessare indirettamente anche l’Italia (anche se non dovrebbe avere conseguenze ben precise). Vivendi, infatti, ha partecipazioni in Tim e Mediaset (che pesano sui conti della francese, come scrive Marco Livi su Start Magazine).

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