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Caccia

Vi spiego perché l’Occidente non ha ancora inviato caccia in Ucraina. Parla il generale Camporini

Dall'annuncio del presidente russo della sospensione del trattato New Start, alla posizione degli Stati Uniti sulla fornitura di F-16 a Kiev, fino al dossier caccia italiani. Conversazione di Starmag con il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare e della Difesa, attuale consigliere scientifico dello IAI

 

Putin ha sospeso la partecipazione della Russia al trattato New Start sulle armi nucleari con gli Stati Uniti.

Nel suo messaggio alla nazione, ieri il presidente russo ha annunciato la decisione di sospendere ma ha sottolineato che Mosca “non esce dal Trattato”. Il New Start limita ogni paese a non più di 1.550 testate nucleari e 700 missili schierati. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha definito la decisione di Putin “profondamente sfortunata e irresponsabile”. Il giorno prima il presidente Biden aveva incontrato il suo omologo ucraino Zelensky, a Kiev lunedì, affermando in una conferenza stampa che gli Stati Uniti sosterranno l’Ucraina “per tutto il tempo necessario”.

Ma finora la Casa Bianca ha escluso di inviare caccia F-16, nonostante le ripetute richieste dall’Ucraina. Tuttavia, lunedì Zelensky ha affermato di aver discusso con Biden della possibilità che gli Stati Uniti inviino altre armi.

Nel frattempo, sempre ieri il presidente Usa ha assicurato nel suo discorso davanti al Castello Reale di Varsavia che “l’Ucraina non sarà mai, mai sconfitta dalla Russia”. “Gli autocrati non vanno accontentati, vanno combattuti”, ha aggiunto.

I discorsi dei due leader giungono pochi giorni prima del primo anniversario dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia. Infine, da Kiev il presidente del Consiglio Meloni ha ribadito “il pieno sostegno dell’Italia di fronte all’aggressione Russa, l’Italia non intende tentennare e non lo farà”. Ma ha escluso l’invio di aerei da combattimento.

Cosa succederà adesso?

Startmag lo ha chiesto al generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare e della Difesa e consigliere scientifico dello IAI.

In risposta all’annuncio di Putin di sospendere la partecipazione di Mosca all’unico trattato sulle armi nucleari rimasto con gli Stati Uniti, Stoltenberg ha avvertito che “l’intera architettura di controllo degli armamenti è stata smantellata”. La mossa russa sta aumentando le tensioni a un livello mai visto dai tempi della guerra fredda. Cosa dobbiamo aspettarci?

Le dichiarazioni di Stoltenberg mi sembrano un pochino al di sopra di quanto è accaduto. Nel senso che il sistema di controllo degli armamenti è stato gravemente amputato quando si è rinunciato al CFE, al trattato sul controllo armamenti d’Europa. L’annuncio di Putin ha una valenza sicuramente concreta, ma più politica che altro. Da quello che posso immaginare, la sospensione del trattato significa principalmente che non saranno più attuate quelle forme di controllo tramite team ispettivi che i due paesi si erano impegnati a consentire per la verifica del Trattato. È la sospensione di alcune attività che non comporta di per sé che il numero delle testate e il livello di prontezza sia in qualche modo mutato. Si tratta di un atto molto pesante, ma ripeto ha una valenza più politica che pratica.

Come contromossa gli Usa potrebbero innalzare ancora una volta il livello di assistenza militare a Kiev, autorizzando quindi la fornitura di caccia F-16?

Ne dubito, dubito che ci possa essere una correlazione di questo tipo. Quello che gli americani stanno facendo adesso, e con loro gli altri paesi occidentali Italia compresa, è mettere a disposizione tutto il disponibile affinché gli ucraini siano in grado di contrastare l’aggressione russa. Ma stiamo parlando di mezzi che, per adesso, non includono velivoli da combattimento. In questi giorni se ne sta parlando ma non dobbiamo dimenticare che i velivoli da combattimento occidentali richiedono, per poter essere utilizzati in modo ottimale, un livello addestrativo elevato che non si consegue in qualche settimana. Richiede tempi molto lunghi. Bisogna inoltre considerare che non si tratta soltanto di addestrate i piloti – forse l’aspetto più facile – ma di addestrare anche tutti i team e gli assistenti tecnici che predispongono i velivoli alle loro missioni.

Secondo una stima approssimativa, per ogni ora di volo occorrono circa 50 ore di ore uomo/lavoro per far andare in aria l’aeroplano. Si tratta di far addestrare non tanto i piloti, ma tutta la squadra di specialisti che devono approntare i mezzi per le loro missioni. Ci vogliono tempi lunghi che non sono compatibili con le esigenze immediate dell’Ucraina.

Un eventuale invio di caccia F-16 all’Ucraina sarebbe di fatto un game changer nel conflitto?

Dipende dal ruolo che si vuole assegnare a questi velivoli. Se il ruolo principale dovesse essere quello del supporto ravvicinato alle truppe sul terreno, è chiaro che un’efficace campagna aerea in questa direzione può effettivamente cambiare il rapporto di forze tra i combattenti, quindi essere determinante per l’esito dei combattimenti al suolo. Visto che finora l’Occidente non ha mai consentito l’invio di sistemi d’arma con una gittata tale da poter minacciare il territorio russo, dubito che questa autorizzazione sia concessa con l’invio dei caccia. Non credo cambierebbe granché.

Questa linea rossa è un limite che l’Occidente si è posto per evitare di avvalorare la tesi russa di essere aggredita, cosa che ovviamente non ha alcun riscontro nella realtà.

Per quanto riguarda l’Italia, a pochi giorni dall’approvazione del sesto decreto aiuti, il governo starebbe già lavorando al settimo decreto. Meloni ha dichiarato che “al momento non c’è sul tavolo l’invio di aerei, è una decisione da prendere con i partner internazionali”.

Sia per le considerazioni fatte finora, sia per il fatto che le dotazioni della nostra aeronautica sono tali da non consentire una disponibilità di mezzi adeguati da fornire alle forze armate ucraine. I velivoli che noi abbiamo in servizio sono al di sotto di quello che ci serve per assicurare la difesa dei nostri cieli. I mezzi dismessi che possono essere riconfigurati per poter essere utilizzati richiederebbero lavori tali da non essere compatibili con le tempistiche del conflitto.

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