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Spagna Sahel

Vi spiego come sta la Spagna su economia e conti pubblici

Quali sono le condizioni economiche e di finanza pubblica della Spagna che ieri è andata al voto? L'analisi dell'editorialista Guido Salerno Aletta

Dal punto di vista economico e finanziario, la situazione della Spagna è molto più precaria di quanto non si dia a vedere. Ci si occupa sempre e solo del bilancio e del debito pubblico e non della situazione complessiva di un Paese: questo è il vizio di origine del Trattato di Maastricht, aggravato dal Fiscal Compact. La moneta unica, per di più, ha nascosto e continua a celare squilibri enormi, che il mantenimento delle valute nazionali avrebbe immediatamente palesato.

Il caso della Spagna è emblematico: tra il 2000 ed il 2008, mentre il pil reale cresceva del 28,9% ed il debito pubblico crollava passando dal 59,9 al 39,8 % del pil, la bilancia dei pagamenti correnti accumulava passivi pari al 46 per cento del pil e l’indebitamento dei privati schizzava dal 122,3 al 219,5 % del pil. Squilibri folli, nel tripudio generale.

Non basta. All’inizio del 2001, data di entrata in circolazione dell’euro, la posizione finanziaria netta della Spagna era complessivamente passiva per 225 miliardi di euro, un ammontare pari al 34,8% del pil. Un passivo già consistente, visto che sfiorava già la soglia del 35% che viene considerata come squilibrio macroeconomico rilevante da parte della Unione europea. Nel dicembre 2009, la posizione netta era arrivata a -1.009 miliardi di euro, pari al 93,5% del pil. A settembre scorso, il passivo si era ridotto, ma di una inezia, a 965 miliardi di euro, pari all’86,5% del pil. Alla stessa data, i soli debiti netti di portafoglio della Spagna verso l’estero ammontavano a 525 miliardi di euro, una somma pari alla metà del pil. La Spagna è oberata di debiti verso l’estero: i creditori non hanno nessuna voglia di destabilizzarla.

La Commissione europea, a fine novembre, si è dimostrata ancora una volta straordinariamente comprensiva nei confronti del governo spagnolo, nonostante la sua manovra di bilancio fosse tutta impostata sul binomio “tassa & spendi”: per il 2019, si prevedevano nuove entrate, stimate pari al +0,6% del pil, e maggiori spese valutate nel +0.2%, con la conseguente riduzione del deficit dello 0,4%. Figuravano un aumento della tassazione diretta sui profitti delle imprese, la introduzione di nuove tasse sulle transazioni finanziarie e sulle attività digitali, insieme a misure volte a contrastare le frodi fiscali. Si prevedeva anche un incremento delle entrate contributive per via dell’aumento del salario minimo. Tra le misure di spesa: indicizzazione delle pensioni ai prezzi al consumo del 2018 e del 2019; incrementi delle pensioni minime e di quelle integrate al minimo; maggiori spese nel settore dell’istruzione, della assistenza sociale ed a favore della R&S. La Commissione aveva stimato diversamente l’impatto macro, considerando un +0.4% del pil per le entrate ed un +0.3% per le spese, con la conseguente riduzione del deficit allo 0.1%.

Guanti di velluto anche per quanto riguarda la riduzione del debito pubblico. Dopo aver ricordato che secondo il governo spagnolo il progetto di bilancio avrebbe comportato una riduzione del rapporto sul pil dal 97% del 2018 al 95.5% del 2019, la Commissione ha rettificato anche questa riduzione, portandola al 96.2%. Si è quindi limitata a rilevare che non ci si attendono sufficienti progressi, anche considerando che è previsto un miglioramento strutturale del bilancio pari allo 0.6% del pil.

In conclusione, il piano finanziario della Spagna è a rischio di non conformità rispetto alle previsioni del Patto di Stabilità e Crescita per quanto riguarda l’aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine: poiché non si registrano sufficienti progressi sul versante della riduzione del debito, ha invitato il governo spagnolo ad adottare le necessarie misure nel corso dell’anno. Questa la situazione prima del voto. E dopo le elezioni del 28 aprile che cosa cambierà?

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