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Vi racconto sulla difesa le ultime macronate di Macron, l’Americano d’Europa. Il commento del generale Arpino

Il commento del generale Mario Arpino, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa

Emmanuel Macron, sopra tutto ora che il mazzo di carte dei vertici europei si sta ricomponendo secondo il disegno che da tempo aveva in testa, nonostante le beghe interne si sente più che mai l’Americano d’Europa. E, immancabilmente, ci riprova. L’occasione questa volta viene dalla parata del 14 luglio, dove il Presidente francese, al solito, ha invitato mezzo mondo. Forse un po’ meno, ma sicuramente tutto il mondo che conta. Ha fatto anche i suoi bravi annunci pubblicitari e, vista la platea, ciò era doveroso.

Ma, come seguito del programma, ha fatto anche qualcosa in più, trasformando l’evento in un’occasione di incontro per un vertice speciale, informale e molto esclusivo. Avendo al fianco Angela Merkel e il presidente uscente della Commissione europea Jean-Claude Junker, ha preparato una bella tavola imbandita per festeggiare la presa della Bastiglia assieme agli undici leader che a suo tempo avevano aderito ad una sua iniziativa per la difesa europea, valutata da alcuni come una contrapposizione al varo effettivo della Pesco (Permanent Structured Cooperation).

Ecco, questo aspetto di contorno al 14 luglio francese ha trovato scarsissimo, se non nullo, rilievo sulla maggior parte dei media nazionali nostrani, sebbene sia ampiamente riportato dal lancio immediato dell’agenzia Ansa. Forse perché l’Italia non c’era? Forse perché ancora una volta è stata esclusa dal vertice?

Se fosse davvero cosi, si tratterebbe di un orgoglio nazionale tardivo, assimilabile ad uno sciocco risentimento di chi si sente ingiustamente offeso. L’orgoglio nazionale vero, lo ha scritto ieri Stefano Vespa su Formiche, è quello che sempre sfodera Macron, non il nostro. Noi non c’eravamo perché non dovevamo esserci, avendo a suo tempo lasciata cadere l’occasione di far parte del gruppo di Paesi velleitariamente proposto da Macron. A quel tavolo, allora, c’eravamo, ma non abbiamo aderito all’estemporanea chiamata alle armi. Troppo importante e ricca di implicazioni per aderire senza prima riflettere. In un pezzo uscito su Startmag il giorno successivo a quell’inatteso annuncio-invit, avevo commentato favorevolmente l’atteggiamento cautelativo del ministro Trenta che, giustamente (considerati i precedenti di altre offerte francesi), si era riservata una pausa di riflessione.

Lo ha fatto, allora così valutavamo, pur sapendo che quando non si accetta di sedere ad un tavolo, è più difficile far sentire la propria voce. “Stiamo imparando – queste erano grossomodo le nostre parole – che c’è modo e modo di stare seduti ad un tavolo: aggregandosi senza idee, o presentandosi con un proprio pacchetto. Da discutere, certo, ma senza atteggiamenti di rinuncia. Prima ci pensiamo, lo confezioniamo bene, stabiliamo alcuni obiettivi non rinunciabili e ci prepariamo in mano le carte per conseguirli. Poi possiamo aderire, e può anche darsi che dovremo farlo”.

Se questa volta non ci hanno chiamati, sorge legittimo il dubbio che tutta questa sacrosanta valutazione, interna ed esterna, non sia mai stata fatta, e forse non è neppure iniziata. Guardandoci bene, nel contempo, di sciogliere in un modo o nell’altro la riserva che allora avevamo doverosamente posto. Non ne vogliamo far carico al ministro Trenta, i ritardi nel settore sono un dato di fatto, ed investono tutto il fronte della Difesa. Forse talvolta se ne discute, ma con gran fatica ed evidente fastidio dei più.

Pazienza! Può darsi che, prima o poi, una forte cura anti-istaminica sia in grado di rimuovere dal nostro governo questo peculiare tipo di allergia.

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