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Vi racconto perché non sono in vista elezioni anticipate

Elezioni anticipate? A differenza di certe analisi frettolose o interessate, le urne non si vedono all'orizzonte neppure con un potente binocolo. Ecco perché. Il corsivo di Paola Sacchi

Elezioni anticipate? A differenza di certe letture sulla stampa mainstream un po’ frettolose, o forse interessate a non volerle, le urne non si vedono all’orizzonte neppure con un potente binocolo. Almeno, secondo i desiderata della maggioranza, se non si scavalla il 2022 con l’elezione del Capo dello Stato. E non si intravedono neppure i rimpasti invocati da Italia Viva di Matteo Renzi oltre che da settori del Pd, con un’antica frequentazione dell’ex premier.

Giuseppe Conte, non c’è dubbio, dopo gli “spifferi” attribuiti a “voci del Quirinale”, secondo le quali in sintesi o passa la riforma del Mes o si andrebbe dritti, spediti a votare, in tempi di Covid, senza neppure un tentativo di formare altri governi in parlamento, come da che mondo è mondo in politica è sempre accaduto, ha buon gioco nel dire con sicumera a La Repubblica che il suo governo non cadrà. E anzi, come ha anche annunciato sere fa in tv nella conferenza stampa sul Dpcm Natale, ha davanti un vasto programma non solo per il Recovery plan ma anche per le riforme istituzionali.

Da notare che nell’intervista del direttore Maurizio Molinari, ma anche in altre cronache o retroscena dei cosiddetti “giornaloni”, non compare quella parolina Tso, che il solo evocarla, tanto più, come ha tenuto a ribadire lo stesso premier, che siamo in un “sistema liberaldemocratico”, un pochino suscita qualche turbamento.

Ma a parte questo, cioè neppure una domanda se fosse opportuno il solo pronunciare quella parola, resta il fatto che, come ha titolato Italia Oggi, sembra esserci “tanta agitazione senza effetti”. In pochi, infatti, ricordano, come fa il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi, che al Senato per approvare la riforma del Mes non serve la maggioranza assoluta e quindi non è necessario raggiungere la fatidica soglia di 161 voti. E invece tutta la stampa mainstream lì a lambiccarsi sul fatto, che, a causa dei dissidenti pentastellati, la maggioranza rischia di fermarsi a quota 156.

Senza però ricordare che, appunto, basta un voto in più per far passare il provvedimento. E, invece, giù con retroscena dove si ipotizzano al solito “tradimenti” di una Forza Italia già rimessa sull’attenti da Silvio Berlusconi che, attraverso il suo numero due Antonio Tajani, ribadisce il No azzurro a questa riforma del Mes, sulla quale, come ricorda il vicepresidente di Fi, già Berlusconi aveva espresso a suo tempo ” forti perplessità”.

Ci potrebbe essere una apposita risoluzione, nella quale FI ribadisce il no a questa riforma e riconferma, invece, il sì al cosiddetto Mes sanitario, ma la sostanza non cambia. E così, come era ampiamente prevedibile, sembra già bella che finita sul nascere la tanto amplificata “rivolta” contro il Cav dentro FI. Masse azzurre muoversi verso il Pd, IV e men che meno i 5 stelle si sono viste. Almeno finora. E adesso è pure un po’ francamente difficile prevedere grillini così desiderosi di andare alle urne, come del resto non lo sembra l’intera maggioranza di governo, dopo quegli spifferi attribuiti al Quirinale da colleghi di solida professionalità che non riferiscono di solito mai a casaccio le cose del Colle.

È anche vero, comunque, che i mutamenti in politica ormai hanno preso una certa accelerazione e l’incidente può esser sempre dietro l’angolo. Ma, comunque sia, masse che premono per tornare alle urne in parlamento, soprattutto dalle parti di una maggioranza che rischierebbe di esser battuta dal centrodestra, non se ne vedono, tanto più dopo la riduzione del numero dei parlamentari prevista dal referendum recentemente approvato.

Questo ovviamente non significa affatto che la navigazione di Giuseppe Conte proceda tranquillissima, anzi via via si allargano crepe, si acuiscono incomprensioni nella compagine che lo sostiene. E però il premier sembra ancora surfare sulle onde seppur, certo, con più fatica di prima.

Resta solo un fatto e non secondario, sollevato da Daniele Capezzone su La Verità di ieri: perché ora o passa la riforma del Mes oppure si andrebbe dritti, spediti alle urne, cosa che evidentemente aveva un solo destinatario: il dissenso grillino, e invece nel 2019 si fecero così tante operazioni parlamentari fino alla formazione di un governo del tutti contro uno?

Cioè il leader del primo partito italiano, Matteo Salvini, e sicuramente anche però contro gli altri due suoi alleati, Giorgia Meloni e il solito Cav? È una discrasia che balza nettamente agli occhi. Si risponderà, come già è stato ampiamente fatto : non si poteva avere un premier “sovranista, antieuropeo” come Salvini, il quale però aveva già detto in tutte le salse che uscire dall’euro non gli passava proprio per la testa e che invece il problema era riformare la Ue. E comunque quell’eventuale premier, o chi per lui, sarebbe stato espressione di una coalizione che non è una caserma, dove sull’Europa ci sono varie sfumature di posizione.

Il numero due di FI Tajani ha un lungo e prestigioso curriculum tutto europeo. E, invece, si andò al governo giallo – rosso del tutti contro uno (o anche tre, l’altro alleato è FdI di Meloni, ora anche a capo dei Conservatori e Riformisti) la cui intrinseca debolezza sta drammaticamente venendo tutta alla luce, tanto più in tempi di Covid. Cosa quest’ultima che ovviamente non si può imputare a questo esecutivo. E tutto ciò accade mentre nella maggioranza del Paese già governa il centrodestra.

Ma il Pd anziché “egemonizzare”, termine di lontana gramsciana memoria, sembra invece sempre più, se non egemonizzato, in balia delle onde dei 5 Stelle e delle loro dialettiche interne, spesso non classificabili neppure con le categorie della politica, almeno per come l’avevamo conosciuta finora. Quei 5 Stelle, azionisti di maggioranza con il premier da loro indicato, che però hanno perso tutte le elezioni dopo le politiche del 2018.

Lo stesso rischio lo corre Renzi. Cronaca ormai sotto gli occhi di tutti. Ma se per la sinistra valeva la pena di non andare a votare pur di cercare di essere sempre lei a eleggere il Capo dello Stato nel 2022, visti i risultati valeva la pena per un Paese ormai stremato metter su un governo così?

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