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Giorgetti

Vi racconto le ultime tribolazioni della maggioranza di governo

Cosa succede davvero nella maggioranza che sostiene il governo Conte

Onore all’autoironia, questa volta del Fatto Quotidiano, che fra tutti i giornali italiani può ben essere considerato il più comprensivo, il più indulgente, diciamo pure il più convinto sostenitore non dico del governo, dove ancora c’è forse l’anomalia della partecipazione di partiti diversi dal Movimento 5 Stelle, ma quanto meno del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che tuttavia il vignettista Vauro Senesi ha ritratto sulla prima pagina nella più scomoda, direi drammatica situazione: quella di un uomo che si è lanciato dall’aereo senza il paracadute.

L’omonimo decreto legge sul rilancio si è appena incagliato alla Camera, nell’esame di cosiddetta conversione, per la improvvisa comparsa di un buco di copertura. L’altro decreto legge appeso da giorni all’occhiello della giacca del presidente del Consiglio, pendolante sulla pochette, e preannunciato addirittura come “la madre di tutte le riforme” per le semplificazioni che dovrebbe apportare sulla strada della ripresa, è uscito da sei lunghissime ore di seduta notturna del Consiglio dei Ministri con la formula non nuova, in verità, ma pur sempre precaria del “salvo intese”. Che il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio, da qualche tempo insofferente per i rinvii e le indecisioni, ha equiparato al “primo tempo di una lunga trattativa”, destinata a durare chissà quanto, dietro e magari anche sotto le quinte, prima che un provvedimento arrivi quanto meno alla firma del presidente della Repubblica. Il quale pazientemente aspetterà nel suo ufficio, nonostante il disagio già procuratogli dalla sensazione che la maggioranza sia in realtà tenuta insieme solo dall’attesa della scadenza per niente vicina del suo mandato al Quirinale.

Se il capogruppo del Pd alla Camera ha impietosamente ridotto il decreto legge sulla semplificazione esaminato dal governo al primo tempo di una lunga trattativa, il capogruppo dello stesso Pd al Senato, Andrea Marcucci, in una intervista al Corriere della Sera ha buttato  secchiate d’acqua, o di benzina, secondo i punti di vista, sul problema sollevato dal segretario del suo stesso partito Nicola Zingaretti, dal capo della delegazione piddina al governo Dario Franceschini e condiviso dal presidente del Consiglio di tradurre in periferia l’alleanza con i grillini per limitare i danni, o accrescerli, anche qui secondo i punti di vista, delle elezioni regionali del 20 settembre. “Per riuscire a mediare non si cambiano i nomi” ha detto Marcucci pensando ai candidati del suo partito contestati o comunque indigesti ai grillini e ribadendo la convinzione che “i patti locali” si debbano fare “su idee comuni”. E se queste idee non ci sono, pazienza. Non si fanno le intese e ci si rimette al responso degli elettori.

Scusatemi l’accostamento un po’ troppo irriverente, ma diversamente da Ennio Morricone, il genio italiano della musica che è morto a 91 anni nel timore di disturbarci con la notizia della sua dipartita, e disponendo perciò funerali rigorosamente privati, il secondo governo di Giuseppe Conte si avvicina al suo primo compleanno in un rumore persino assordante di contrasti, rinvii e quant’altro che potrebbero collassarlo già in autunno, senza risparmiarci disturbi.

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