skip to Main Content

Italia Libia

Vi racconto le piroette del Pentastressato Luigi Di Maio

Quanto più viene orgogliosamente indicato dai suoi amici e fidati capigruppo parlamentari come “il capo” del movimento grillino, tanto più Di Maio appare nervoso e insicuro. I Graffi di Damato

 

Quel “Pentastressato” sulla prima pagina del quotidiano il manifesto rende bene l’idea della crisi appesa – a pochi giorni dalla prevista, promessa, attesa e quant’altro formazione di un nuovo governo di Giuseppe Conte – alla corda di Luigi Di Maio. Che, quanto più viene orgogliosamente indicato dai suoi amici e fidati capigruppo parlamentari come “il capo” del movimento grillino, reclamandone il rispetto, tanto più appare incerto, nervoso, insicuro. E cerca di nascondere questa realtà alzando la voce e la posta nella trattativa col presidente del Consiglio uscente, pur da lui proposto al capo dello Stato per il reincarico e imposto a un riluttante segretario del Pd rappresentato in canottiera da qualche vignettista. Alza la voce, Di Maio, sino a porre ultimatum, a irrigidirsi sugli “irriunciabili venti punti” del programma del suo partito, a proteggere a sorpresa i decreti di Matteo Renzi sulla sicurezza in materia di sbarchi degli immigrati dalle contestazioni del Pd, e a minacciare anche lui, come il vice presidente leghista uscente e non rientrante del Consiglio, le elezioni anticipate.

Di fronte a questa gestione della crisi, e dello stesso movimento che Beppe Grillo gli lascia ancora rappresentare, nonostante alluda a lui come a “un poppante” negli interventi affidati al proprio blog, la Repubblica di carta ha interrotto il conto alla rovescia delle albe mancanti a quella del governo Conte 2, o bis, come lo definiscono altri, e si è chiesta nel suo titolo di apertura “a che gioco gioca Di Maio”. Sul conto del quale il tesoriere, e altro ancora, del Pd Luigi Zanda non ha dubbi definendolo “poltronista”, attaccato cioè alla carica di vice presidente del Consiglio, che reclama anche nel nuovo governo, e ancora tentato, sotto sotto, dal pur assai improbabile recupero, a questo punto, dell’alleanza con i leghisti.

Intanto i mercati finanziari hanno cominciato a dismettere la fiducia manifestata di fronte al reincarico di Conte, badando di più alla sostanza della crisi recessiva italiana appena confermata dall’Istat con i dati sul secondo trimestre dell’anno. E lo stesso Conte, pur incoraggiato anche dal Papa davanti alla salma del cardinale Achille Silvestrini, oltre che dal presidente americano Trump e dai vertici uscenti ed entranti dell’Unione Europea, mostra segni di insofferenza, se non di allarme, per le docce fredde che Di Maio gli getta addosso dopo averlo incontrato, salvo magari fargli qualche telefonata di precisazione, mai di scuse, di fronte al putiferio politico e mediatico appena provocato.

I meglio disposti verso Di Maio, questo enigma ormai della crisi, gli attribuiscono la furbizia, pur rischiosa perché il gioco potrebbe sfuggirgli di mano, di contenere il più possibile una base del movimento in fermento contro il governo nascituro e in procinto di pronunciarsi col solito referendum elettronico in base ad un quesito che sarà peraltro studiato apposta per deviarne attenzione, umori e quant’altro, scommettendo soprattutto sul nome e sull’immagine di Conte.

I peggio disposti invece verso il capo ancòra del movimento grillin , oltre a dargli del “poltronista”, come il già citato ex capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, sospettano che, come Salvini dopo il 34 per cento conquistato davvero nelle elezioni europee del 26 maggio scorso, egli si sia fatto prendere la mano, la lingua, la testa e chissà quant’altro dai sondaggi di questa fine d’agosto che danno i pentastellati al 24,2 per cento virtuale dei voti, dal 17,4 di metà luglio. Ne ha riferito il committente Corriere della Sera con un articolo di Nando Pagnoncelli rivelando anche che i leghisti sono passati, nello stesso periodo, dal 36 al 31,8 per cento, il Pd dal 21,6 al 22,3, Forza Italia dall’8,2 al 6 e la destra di Giorgia Meloni dal 6 al 7,8 per cento delle intenzioni di voto.

Back To Top