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Giorgetti

Vi racconto la guerra di Grillo a Conte

Che cosa succede fra Grillo e Conte. I Graffi di Damato

 

Tutti subito a pensare alla solita “rabbia trasformata in divertissement” dal comico Beppe Grillo – come ha scritto Alessandro Trocino sul Corriere della Sera – quando il garante e quant’altro del Momento 5 Stelle ha annunciato il suo album delle figurine per mettere alla gogna i traditori, transfughi, zombie, contagiati dal “morbo dei partiti” e via continuando in un “linciaggio digitale”, sempre secondo il Corriere della Sera.

I più indulgenti verso il comico, dimentichi delle sue figuracce nell’ultima missione politica a Roma, che doveva essere d’ordine ma si trasformò in disordine, sfociato rapidamente in una crisi di governo e nello scioglimento anticipato delle Camere, hanno visto nel ricorso alle figurine un tentativo di recuperare spazio e iniziativa politica in una campagna elettorale ormai dominata da altri e da altro. In cui i pentastellati, come ha osservato la “sfonnatrice” Paola Taverna in un’intervista al Fatto Quotidiano, non hanno ormai altra scelta che quella di “correre da soli”.

Con la storia delle figurine, in effetti, a voler essere indulgenti anche noi, Grillo è riuscito a rimanere nelle cronache politiche pur dominate dai “tempi supplementari” -come li ha chiamati Repubblica nel titolo di apertura- del negoziato fra Enrico Letta e Carlo Calenda per un’alleanza elettorale contro il centrodestra. Un Letta che Il Fatto Quotidiano ha accusato di lasciarsi “bullizzare da Mister 3,6%”, come dimostrerebbe l’annuncio evidentemente strappato a Nicola Fratoianni, della sinistra italiana, contestato da Calenda nei collegi uninominali per avere sempre negato la fiducia a Draghi. “Ma ti pare – ha detto lo stesso Fratoianni a Wanda Marra, proprio del Fatto Quotidiano – che io a 50 anni mi impunto per un posto? Non l’ho mai fatto”. Si accontenterà di candidarsi solo nei listini bloccati della quota proporzionale dei seggi parlamentari, dove sinistra e verdi contano di superare la soglia di sbarramento del 3 per cento. “Noi prendiamo il 4, anzi il 5”, ha previsto l’antidraghiano doc.

Eppure c’è qualcosa delle figurine di Grillo, dopo le sue figuracce, che non consente di liquidarle come estemporanee. E’ qualcosa fatto osservare dallo stesso titolo del Corriere nella parte in cui rileva una violazione dello statuto del MoVimento di cui Grillo è disinvoltamente garante, al suo solito. “Quando l’identità si affievolisce, l’insulto ricompatta. Peccato per Giuseppe Conte, che nello statuto -ha ricordato Alessandro Trocino- aveva fatto un bel compitino”. Che suona così nel testo voluto dall’ex presidente del Consiglio e accettato a parole da Grillo: “Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti”.

Ecco il punto: disattendere i compiti e compitìni di Conte, complicargli il più possibile la vita nel movimento, come lo stesso Grillo ha fatto anche opponendosi a qualsiasi deroga al limite del doppio mandato, per quanto o proprio perché informato delle promesse fatte dal professore e avvocato a destra e sinistra sotto le cinque stelle.

Una delle vittime del no alle deroghe imposte da Grillo a Conte è la vice presidente del Senato Paola Taverna. Che si è arresa al divieto annunciando al Fatto -e a chi sennò?- che dopo 10 anni da parlamentare è pronta a servire il movimento per altri dieci anni da ex senatrice. Ma è rimasta fedele al “compitino” di Conte sullo statuto dicendo, a proposito delle figurine di Grillo contro traditori, transfughi, zombie e simili: “Io ho negli occhi ho solo i volti di coloro che sono rimasti nel Movimento”. Temo che siano parole costate parecchio alla signora Taverna, giusto in omaggio alla “punta di diamante” che per lei rimane Conte, conoscendo la vivacità abituale e romanesca del suo linguaggio in quello che chiamiamo dibattito politico.

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