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Vi racconto il Super Bowl riformatore di Macron

Il punto di Mainardi

Per l’unico incontro di Emmanuel Macron prima del primo round presidenziale di domenica 10 aprile, il suo team ha prodotto uno spettacolo. Sabato 2 aprile, i sostenitori a La Défense Arena, 30mila presenti – un po’ meno di quelli che potrebbe contenere –, sono stati invitati a comportarsi come in uno stadio.

(qui il video del meeting)

Per un’ora attendono l’Emmanuel, scaldando l’atmosfera in crescendo. C’è il dj – il musicista elettronico Worakls –, gli applausi a ritmo, effetti di luce. Super schermi all’americana proiettano brevi video e volti dei leader della macronie e di semplici militanti del Macron Avec Vous. Lo slogan della campagna. Tubi luminosi. E anche l’ola che parte dalla prima fila: Édouard Philippe o Richard Ferrand paiono meno a loro agio di Jean Castex. Dettagli. Sembra il Super Bowl.

Macron sale sul palco esagonale tra scoppi di fiamme e fumogeni colorati. Passa da un podio all’altro, lasciando spesso scorrere il testo sui teleprompter, per parlare disinvolto. Il candidato-presidente ha molto da dire. Parla per due ore e mezzo.

È favorito, ma i sondaggi danno Marine Le Pen in risalita importante. La sfida è al ballottaggio.

Difende i sui risultati, Macron, i record del suo quinquennato. Elenca le sue promesse. È tecnico. Esalta una Francia che guarda al futuro e all’Europa. È lirico.

Appare megalomane tanta liturgia per un solo meeting? Del resto è l’unico di una campagna che ha visto il presidente-candidato occupato tra Russia e Ucraina. È un discorso fluviale, con accenti progressisti e ottimisti contro le “vite impedite” e condito più che mai con le salse de “allo stesso tempo” e del “ma anche”. Sembra il Walter Veltroni di un’era politica fa. Macron vuole essere sia girondino che giacobino. Gollista e socialdemocratico. Balla su due gambe, ma non perde l’equilibrio.

Dopo cinque anni, non solo il fondatore di En Marche! ha mantenuto tutto il suo popolo ne La République en marche, ma è riuscito a sedurre alcuni funzionari eletti del vecchio mondo, soprattutto di destra.

Parla di investimenti in difesa: “Continueremo a investire nel nostro esercito, riaffermando il legame esercito-Nazione”. E allo stesso tempo si propone come mediatore di pace nel conflitto russo-ucraino. Ed è anche attento ai diritti individuali. Non insegue le decrescite ecologiche, e insiste sull’autonomia energetica. Nucleare in primis, ma anche le rinnovabili. Non cede alla cancel culture. All’islamizzazione oppone identità e laicità francese.

Nel suo discorso c’è qualcosa per tutti gli abitanti dell’arcipelago francese. Operai, disoccupati, badanti, insegnanti, contadini, musulmani. Destri e sinistri.

I media d’Olralpe hanno principalmente trattenuto dal suo programma l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni. Come in Italia. Per l’ex magistrato della Corte dei conti, François Ecalle, “l’unica misura economica solida di Macron è la riforma delle pensioni”.

Poi la riforma delle Rsa, una sorta di reddito di cittadinanza transalpino, con l’introduzione di un “obbligo di dedicare dalle 15 alle 20 ore settimanali” a un’attività che favorisca l’inserimento lavorativo.

Dopo anni di Covid concede al mondo della sanità che forse non ha fatto abbastanza. Rende omaggio ai docenti. Promette che la Francia sarà “la prima grande nazione a uscire dai combustibili fossili”, e moltiplica le strizzatine d’occhio a sinistra. Per Libé “senza paura di forzare la linea”.

Ruba “forza tranquilla”, la force tranquille, e “Francia unita” da François Mitterrand. Dice: “il vero potere d’acquisto, quello per cui quando si lavora, si guadagna di più”, è parafrasi del “lavorare di più per guadagnare di più” di Nicolas Sarkozy. Si spinge fino a rubare uno slogan a Olivier Besancenot, del Nuovo partito anticapitalista: “Le nostre vite valgono più di tutti i profitti”.

Macron mette in scena soprattutto il suo duello con Marine Le Pen. Prende di mira il “pericolo estremista” e “l’odio”. Si oppone alla scelta di una nuova era per la Francia e per l’Europa. Per rispondere al populismo di Eric Zemmour. Ma non va allo scontro con la destra. Invita i suoi sostenitori a non fischiarli.

La candidata dei Les Républicains, Valérie Pécresse, avrebbe potuto dire di molto simile. Meglio: di identico. Nel menu di Macron troviamo un gran numero di misure che già compaiono nei progetti dei suoi concorrenti per le presidenziali. Marianne lo definisce il candidato cambrioleur. Insomma: “ladro”.

Età pensionabile a 65 anni, riduzione della tassa di successione, maggiore autonomia delle scuole: tutte queste proposte di Macron erano già proposte di Pécresse. Altri punti del programma macronista sono stati proposti anche da altri candidati di destra. Lo sgravio dell’imposta di successione è nel progetto di Pécresse, ma anche in quelli di Le Pen (Rassemblement National) ed Eric Zemmour (Reconquête).

Alla domanda su questi “prestiti,” Macron settimana scorsa ha tirato in ballo, in tutta modestia, il generale de Gaulle: “Presumo il fatto di essere piuttosto gollista”. “Nel mio programma ci sono inevitabilmente riforme e ambizioni che potresti qualificare come ispirazioni di sinistra, altre come ispirazioni di destra”, ha ammesso. “Ciò che conta è ciò che funziona per il Paese”. È il lusso che puoi permetterti nella posizione di favorito.

Macron gioca così nel suo primo e forse unico incontro durante il quale cerca di consolidare la sua posizione di favorito presidenziale di fronte all’impennata dei sondaggi di Le Pen. A una settimana dal primo turno, Le Pen è a soli 5 punti da Macron.

Un nuovo sondaggio Ifop per il Journal du Dimanche attribuisce a Macron il 27% delle intenzioni di voto (-2,5 punti in due settimane), davanti a Le Pen con il 22% (+3,5 punti ). Il candidato del Rassemblement National si avvicina al Capo dello Stato e fa buca sul terzo, Jean-Luc Mélenchon de la sinistra radicale de La France Insoumise (15%). Che il giorno dopo lo show, ha risposto punto per punto al Capo dello Stato. Non mancando di deriderlo:  “L’ultima volta  che sono andato all’Arena è stato per vedere i Pink Floyd. E ti dirò, era più pieno e meno in bilico “.

Per l’ultimo sondaggio Elabe per L’Express e BFM TV, al primo turno, il presidente-candidato resta nettamente in vantaggio rispetto alle intenzioni di voto espresse (28,5%). Dopo aver registrato un calo di sei punti tra l’8 marzo e il 21 marzo, registra un leggero rimbalzo (+0,5 in due giorni, +1 in dieci giorni). Elabe dà Le Pen al 22%, (+1 in due giorni e +2 in dieci giorni). Mélenchon è accreditato con il 15%. Zemmour al 9,5% (-1) Pécresse all’8,5% (-1).

Nel secondo turno di votazioni, il 24 aprile, Macron è dato al 53%, Le Pen al 47%.

Il potere d’acquisto è il vero tema. Secondo il sondaggio Ifop, il 93% degli intervistati ritiene che questo tema avrà un impatto sul voto dei francesi al primo turno delle elezioni presidenziali e il 74% sul proprio voto. È in netto vantaggio su salute (27%, -1), sicurezza (26%, +2), pensioni (24%), immigrazione (22%, +3), ambiente/ecologia (20%, -2), occupazione (17%, +1), disuguaglianze/ingiustizie sociali (17%, +2) e istruzione (16 %, +1).

Gli altri candidati non dovrebbero offrire performance oltre il 5%. quando va bene.

La lotta a destra è stata la sorpresa. Ad ottobre, Zemmour è la rivelazione delle elezioni. Marine Le Pen, il simbolo dell’estrema destra, l’erede del monopolio di famiglia, un po’ sembra barcollare per i colpi di uno che dice parolacce come “grande sostituto” o “rimpatrio”. È Éric Zemmour che sconvolge la destra. Molti lasciano Le Pen e lo sposano. Poi però va sotto. Dal 18% delle intenzioni di voto, scende al 10.

Prima del mese di dicembre la stampa ignora Pécresse. È però la presidente dell’Île-de-France a vincere la scommessa. È lei la candidata ufficiale dei repubblicani. Campagna difficile, anche lei perde pezzi. Non decolla. Oggi è data sull’8%.

A sinistra è invece risalito Mélenchon. I suoi avversari di schieramento registrano consensi under 5%. Lui rimonta al 15%, davanti a Zemmour e Pécresse.

Zemmour ha già fatto sapere di volere ricompattare la destra. Ovviamente si immagina sfidante di Macron. È propaganda. Comunque – variabili indecisi e astensionismo permettendo – i numeri dicono di un Paese che batte a destra.

Nonostante i putinismi passati di Eric e Marianne, il presidente-candidato Macron deve sudarsi il secondo turno.

Per Bernard Sananès, presidente dell’Istituto Elabe “Macron è presidente uscente al primo turno, candidato divisivo al secondo”: la tendenza al voto utile può spostare le linee. Annota L’Expres: la presentazione di sabato ha riattivato un “Tutti tranne Macron” in parte dell’elettorato.

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