skip to Main Content

Sinn Fein

Vi racconto il labirinto politico in Irlanda

In Irlanda la confusione post-elettorale è lungi dall’essersi ricomposta. Tutti i dettagli nel post di Pietro Romano

Un governo che vada da Zingaretti a Meloni e Salvini, Renzi e Berlusconi compresi. O una soluzione alla belga, mesi e mesi senza un esecutivo con la speranza, com’è capitato a Bruxelles in un paio di occasioni, che il Pil cresca, la produzione salga e il debito, pubblico e privato, cali. Oppure un nuovo ricorso alle urne. A meno che il Massimo D’Alema e il Gianfranco Fini dell’Irlanda odierna decidessero di mettersi d’accordo. Consapevoli che la crisi sociale ed economica, prima che politica, nella quale sta precipitando l’Isola Verde – un dato per tutti: la produzione industriale calata del 6 per cento in un anno – non si affronta con i pannicelli caldi.

MAIONESE IMPAZZITA

In Irlanda la confusione post-elettorale è lungi dall’essersi ricomposta. Anzi, se possibile, la situazione è ancora più ingarbugliata mentre scriviamo, il giorno dopo la prima chiamata della nuova Camera. Dove, oltre allo smantellamento del sistema bipartitico, emerge poco o punto. Il risultato significativo, ma previsto, del Sinn Fein (fino a non molto tempo fa il braccio parlamentare dei terroristi dell’Ira, oggi il secondo partito per numero di seggi) non ha più di tanto modificato gli equilibri parlamentari e, soprattutto, l’immagine del Paese. Tra Sinn Fein, laburisti e altre formazioni di sinistra i voti raccolti arrivano suppergiù al 40 per cento di quanti sono andati alle urne. Sufficienti per far gridare alla rivoluzione il giornalista globale. Ampiamente insufficienti per costituire un governo. Tanto che l’appello più accorato della giovane e pragmatica leader del Sinn Fein, Mary Lou McDonald, è arrivato alle orecchie del suo omologo della destra del Fianna Fail, Micheal Martin, per costituire “una grande coalizione del cambiamento”. In sé nulla di anormale, intendiamoci, e nei prossimi giorni cercheremo di chiarirne il perché ai lettori di Startmag, ma senz’altro singolare.

TANTE STRADE MA STRETTE

Come si possa uscire da questa palude, allora, a meno di non puntare tutto sulla soluzione belga, che però lascerebbe ancora molto potere al centrosinistra del Fine Gael? La via d’uscita più probabile, al momento, sembra quella di un governo Fianna Fail-Fine Gael. I colloqui tra i vertici dei due partiti cominceranno presto e se ne vedranno altrettanto presto gli sviluppi. Altrimenti, e sarebbe la soluzione più rapida anche se più fragile, rimane in piedi l’ipotesi di un governo di sinistra guidato dal Sinn Fein, appoggiato dalle altre formazioni cosiddette progressiste e aperto agli indipendenti, 21 su 160 deputati. Un esecutivo, però, costantemente sotto schiaffo. Non solo per la non provata fedeltà a un siffatto schema degli indipendenti (alcuni dei quali più a destra del Fianna Fail) e dei Verdi, ma anche per le tribolazioni interne degli altri partiti della coalizione, a cominciare dai Laburisti. Secondo voci insistenti raccolte a Londra negli ambienti del Labour britannico, il Laburisti irlandesi sarebbero alla ricerca di un nuovo leader, in grado di intercettare, alla prossima elezione, il voto di protesta anti-liberista andato stavolta al Sinn Fein ma considerato in libera uscita.

Back To Top