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Perché in Irlanda il dopo voto è sempre più caotico

Il punto di Pietro Romano sui risultati delle elezioni in Irlanda

È stata baciata dal sole prima passeggiata per Dublino di Mary Lou McDonald dopo l’ufficializzazione della sua vittoria nelle elezioni tenute sabato scorso in Irlanda. Ma dopo qualche ora il cielo della capitale è tornato grigio e il nevischio a turbinare sulle teste dei passanti. A ritrarre plasticamente il dopo voto è stata Miriam Lord, una delle firme più note del giornalismo irlandese non solo come corsivista ma anche come vignettista, penna apprezzata in città come in campagna del quotidiano di alta qualità Irish Times.

A scrutinio ancora in corso, già lunedì emergevano due risultati rimarchevoli: la vittoria del Sinn Féin, che smantella ottant’anni di bipartitismo, e il rischio di ingovernabilità, che potrebbe condurre in poco tempo di nuovo alle elezioni. Ventiquattr’ore dopo la situazione non sembra mutata. Tutt’altro.

La Camera, in gaelico Dail Eireann, è uscita frammentata dal voto. Il gruppo più numeroso è quello del destrorso Fianna Fàil, con 38 seggi, seguito con 37 scranni dal Sinn Féin, fino a pochi anni fa il partito degli estremisti dell’Ira (Esercito repubblicano irlandese), e quindi dal centro-sinistra del Fine Gael con 35 seggi. A seguire i Verdi del Green Party (12 posti) attestati su posizioni schiettamente ambientaliste. E tre formazioni di sinistra: Socialdemocratici (6), Laburisti (6), Alleanza di estrema sinistra Spbp (5). Con 21 esponenti indipendenti eletti perlopiù nelle contrade rurali a completare l’assemblea.

Non solo il Dail Eireann è frammentato. Il Fine Gael dell’ex premier Leo Varadkar sembra alla vigilia di una “notte dei lunghi coltelli” e anche il Fianna Fàil di Micheal Martin non se la passa benissimo. Nello stesso Sinn Féin emergono crescenti divisioni tra la vecchia guardia degli irriducibili (che spesso non disdegnavano rapporti con terroristi e criminali comuni politicizzati), sempre più ridotta di numero ma che non vorrebbe perdere influenza, e la nuova ondata di populisti urbani che punta a trasformare definitivamente il partito. Una new wave non demonizzata nemmeno da una parte importante del business – benché la Borsa abbia perso l’equivalente di 605 milioni di euro – come dimostrano le dichiarazioni di Brian Hayes, numero uno dell’Associazione bancaria, considerato il lobbista irlandese di maggior peso. Pur ritenendo che i rischi per un forte aumento del costo del debito pubblico siano da preventivare, considerata la politica di spesa annunciata da Mary Lou McDonald, Hayes si è detto convinto che una cosa sono le promesse elettorali, un’altra la pratica di governo e, soprattutto, che le paure per una decisa stretta alla libertà di circolazione dei capitali e per un incremento insostenibile della tassazione sulle società siano esagerate.

Se il mondo degli affari già si prepara a convivere con la nuova realtà, paradossalmente sono i possibili alleati del partito vincitore a gettare acqua sul fuoco dell’entusiasmo nuovista. Dai Verdi ai Socialdemocratici diversi esponenti di primo piano delle formazioni minori hanno definito improbabile una coalizione di sinistra guidata dal Sinn Féin. La sinistra vera e propria, volendo ascrivere a questa nozione ottocentesca tutti gli eletti del Sinn Féin (ma non è detto), conta nella Camera 54 seggi. Con i Verdi questo schieramento finirebbe per scolorirsi fermandosi però a 66 scranni, ben al di sotto degli 81 necessari per la maggioranza. Considerato che Mary Lou McDonald non ha nemmeno messo in agenda incontri con i due partiti maggiori, rimarrebbe la pesca tra i 21 indipendenti. Quasi tutti rappresentanti delle contrade rurali, identitari e territoriali e talvolta localisti, più strapaesani che stracittadini al contrario di molti eletti dei partiti di sinistra, difficile pensare a una possibile convivenza. Più facile, allo stato, ipotizzare allora un ritorno alle urne. Senza passare per il via, per usare la terminologia del Monopoli. Vale a dire senza nemmeno costituire un governo ad alto rischio di impallinamento nell’aula del Dail Eireann.

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