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Vi racconto il caos a 5 stelle fra Conte e Di Maio su Iran, Irak, Libia e non solo. I Graffi di Damato

Dichiarazioni, silenzi e fatti del governo chiosati dal notista politico Francesco Damato

All’indomani del quasi marziale, anche se più implicito che esplicito annuncio della decisione di Giuseppe Conte di lasciare i militari italiani in Irak al loro posto, anche dopo il peggioramento, a dir poco, delle condizioni di sicurezza a causa del raid americano contro il generale iraniano Soleimani, delle ritorsioni minacciate da Teheran e del pronunciamento del Parlamento iracheno contro la permanenza dei contingenti statunitensi e loro alleati in quella terra, la realtà si è presa la sua rivincita. E’ arrivato cioè l’annuncio che i Carabinieri italiani di stanza nella base americana di Baghdad sono stati prudenzialmente allontanati.

Contemporaneamente il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è una volta tanto discostato dai problemi interni al suo movimento, che l’opprimono da quando ne ha più che dimezzato la consistenza elettorale in tutte le sedi dove si è votato dopo l’8 marzo del 2018, e si è pronunciato sulle questioni di governo alle quali è stato preposto con la formazione del Gabinetto Conte 2 o Bisconte. In particolare, intervistato dall’ospitalissimo Fatto Quotidiano, oltre alle solite professioni di fede nel dialogo, nelle soluzioni diplomatiche delle crisi internazionali e tutto il resto, il titolare della Farnesina ha posto il problema di “rimodulare le nostre missioni militari all’estero”. Non sembra, francamente, una questione da poco, di amministrazione ordinaria, diciamo così.

Sarebbe forse il caso, visto lo slittamento delle riunioni interpartitiche annunciate a vali livelli di maggioranza sul tema spinosissimo della prescrizione e addirittura sul rilancio dell’azione di governo, la cosiddetta fase 2, peraltro rivelatasi fatale per tante altre compagini ministeriali che hanno preceduto quella in carica; sarebbe forse il caso, dicevo, che il presidente del Consiglio promuovesse con l’urgenza imposta dai convulsi sviluppi della situazione internazionale, anche di fronte alle nostre coste, come in Libia, con tutto ciò che ne potrebbe derivare, un vertice giallorosso per definire bene la linea da seguire.

E’ certamente importante che il presidente del Consiglio parli al telefono, come ogni tanto viene annunciato, con i suoi omologhi europei, e anche oltre, auspicabilmente anche con quel presidente americano che è in tali buoni rapporti con lui da chiamarlo Giuseppi, al plurale, ma ancor più importante è che egli abbia alle spalle nel proprio Paese una maggioranza davvero coesa sui temi di politica estera. Che è cosa della quale è quanto meno lecito dubitare. E pare che ne dubitino anche taluni, almeno, degli interlocutori internazionali dell’inquilino di Palazzo Chigi.

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