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Laschet Scholz

Vi racconto i subbugli della campagna elettorale in Germania

Il punto sulla campagna elettorale in Germania: fatti, programmi, sondaggi e polemiche.

 

A poco meno di due mesi e mezzo dal voto e nel pieno delle ferie estive che intorpidiscono ulteriormente una campagna elettorale finora non troppo vivace, sono i sondaggi a tenere banco. E con essi il conseguente gioco delle maggioranze possibili e immaginabili, con cambi di colori e simboli a seconda dell’andamento altalenante dei partiti in campo.

Le ultime settimane sono state comunque dominate dall’appassimento dei Verdi, fino a un paio di mesi fa considerati elemento indispensabile di ogni futura composizione governativa, se non addirittura capaci di interpretare in prima persona esigenze e speranze del dopo-Merkel. Di quell’euforia, che aveva accompagnato la presentazione della giovane candidata Annalena Baerbock, non è rimasto più nulla, sepolta da una serie sconfortante di gaffes, reticenze, fughe in avanti, furbizie e reazioni sbagliate. Gli ecologisti stanno provando a resettare la campagna elettorale, a riannodare il filo della propaganda e aggiustare il taglio della comunicazione, ma il colpo alla credibilità della candidata c’è stato e non sarà semplice ritrovare la magia perduta.

Così il verde scolora nella tavolozza del dopo Merkel, finanche nella variante Giamaica che comprendeva pure i liberali, e s’avanzano nuove tonalità e differenti aggregazioni.

Chi ha conquistato la terra di mezzo, il centro di gravità permanente al di fuori del quale nulla è possibile è proprio il partito della cancelliera in carica, guidato dal falso mite Armin Laschet. Come il Romano Prodi caricaturizzato da Corrado Guzzanti, semaforo solido e inamovibile, l’uomo che i media consideravano privo del carisma necessario ha ripreso per mano la Cdu lacerata e la sta conducendo senza scossoni a livelli di consenso più consoni all’ultimo partito di massa sopravvissuto sullo scenario tedesco. Gli ultimi sondaggi accreditano il 30%, una sorta di soglia psicologica al di sotto della quale era caduto nei momenti più difficili della pandemia e ai tempi di Annegret Kramp-Karrenbauer, la presidente mai rimpianta.

Senza Unione (la somma di Cdu e Csu) nessun governo, è il motto minimalista di ogni cristiano-democratico, una specie di risultato minimo indispensabile, più politico che numerico. Il 30% lo permette e lo spettro di essere spediti all’opposizione, per un partito che ha il governo nel suo dna, è già un bel respiro di sollievo. Neutralizzata la novità verde, non si vede davvero chi tra i concorrenti possa insidiare questa tranquillità ritrovata. Solo un autogol potrebbe riaprire la partita ma, a parte qualche strattonata (magari pure benefica) dei più irrequieti “fratelli” della Csu bavarese, ecco che la tattica difensivistica di Laschet risulta in questa fase vincente. Non scalda i cuori, non lascia intravedere quei lampi rivoluzionari che forse sarebbero necessari alla Germania dopo 16 anni di stabilità merkeliana, ma probabilmente quello tedesco resta un elettorato conservatore, in maggioranza poco incline a nuovi esperimenti, specie se al fondo i fondamentali economici restano in ordine. Solo una tardiva o cattiva risposta politica all’emergenza causata dalle inondazioni di queste ore potrebbe a breve rimescolare le carte elettorali: Laschet è presidente di una delle regioni colpite, il Nord Reno-Vestfalia. Ma il candidato dell’Unione ha immediatamente annullato la sua presenza a un convegno della Csu per seguire da vicino l’evoluzione drammatica delle piogge torrenziali (inondazioni, morti e dispersi, abitazioni crollate, disagi e danni di ogni genere): ogni esponente conservatore ha ancora in mente la campagna elettorale del 2002, quando la tardiva risposta dell’allora candidato della Csu Edmund Stoiber a un’analoga catastrofe che aveva colpito i Länder orientali gli costò la cancelleria.

Non sorprende dunque che tornino ad affacciarsi soluzioni politiche più tradizionali. Una riedizione della Grosse Koalition sarebbe francamente troppo, anche per un elettorato poco mobile e probabilmente anche per il più nostalgico dei merkeliani. Ma con l’aggiunta dei liberali, l’aggregazione potrebbe introdurre un minimo elemento di novità. La composizione dei colori (il nero dell’Unione, il rosso dell’Spd e il giallo dei liberali) ne farebbe una formazione patriottica: la coalizione Germania.

I numeri ci sarebbero e al momento sembrerebbe anche la coalizione preferita dalla maggioranza dei tedeschi. Secondo un sondaggio realizzato dall’autorevole istituto Insa e pubblicato dai giornali di Funke Medien (una rete di potenti quotidiani regionali), il 57% degli elettori si augurerebbe proprio un’alleanza istituzionale tra Unione, socialdemocratici e Fdp, mentre sfilerebbero sotto la soglia del 50% le altre due ipotesi teoricamente in piedi: la Giamaica (Unione, Verdi, Fdp, 46%) e di sinistra (Verdi, Spd e Linke, 42%). Scomponendo i consensi dei singoli partiti, per la coalizione Giamaica la maggioranza al momento ci sarebbe, per quella di sinistra no.

Rimbalzata dai media, l’ipotesi di una coalizione Germania inizia a far discutere i protagonisti. I liberali non la escludono a priori, si dichiarano possibilisti, tutto dipenderà dai contenuti di eventuali trattative, un discorso che vale anche per l’ipotesi Giamaica con i Verdi. A livello federale un tale tripartito sarebbe una novità, a livello regionale sta invece per diventare realtà in un piccolo Land orientale, da poco uscito dal voto: la Sassonia-Anhalt.

Fra i socialdemocratici, che pur ritroverebbero la possibilità di partecipare a un governo, l’entusiasmo è invece minore. Non tanto quello del candidato “centrista” Olaf Scholz, che naturalmente si tiene a distanza da qualsiasi speculazione, ma quello del duo dirigenziale più di sinistra, che farebbe fatica a spiegare ai propri elettori la partecipazione a un governo con due forze di centrodestra. La nuova leadership dell’Spd sembra ormai rassegnata a finire all’opposizione, nella convinzione di ritrovare in questa catarsi lo spirito di un tempo.

Naturalmente possibilisti si sono dichiarati esponenti dell’Unione: se il pallino è in mano loro, ogni opzione certificata dal voto dovrà essere valutata, con esclusione delle estreme, Afd a destra e Linke a sinistra.

Sondaggi e giochi di colori, per il momento. Il confronto d’altronde mostra un momento di stanca e il dibattito politico è di nuovo calamitato dalla pandemia e dalle misure opportune per tenere insieme la voglia di riaperture e le tutele contro le varianti. La campagna elettorale tornerà al centro al rientro delle ferie, ed entrerà nel vivo alla fine di agosto. Ma fino ad allora, chi è avanti cercherà di mantenere il vantaggio: l’otto volante dei Verdi dimostra che ci vuol poco per vedersi sbriciolare entusiasmi e speranze, anche di fronte a un elettorato ancora sorprendentemente stabile.

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