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Giorgetti

Vi racconto i nervosismi a 5 stelle nel governo

Che cosa è successo nella maggioranza di governo sulle spese militari. I Graffi di Damato.

 

Tutto è o sembra a posto -tra l’ennesima fiducia confermata dal Senato al governo, per giunta sul decreto legge riguardante la guerra della Russia all’Ucraina e gli aiuti anche militari a Kiev, e un incontro definito “sereno” fra il capo dello Stato Mattarella e il presidente pur nervosetto delle 5 Stelle Giuseppe Conte- ma nulla è in ordine né dietro né davanti, né sopra né sotto, né dentro la maggioranza. Se non sono macerie, come quelle tra le quali si muovono in Ucraina civili e militari, poco ci manca ad osservare quello che è accaduto nelle ultime 48 ore fra Camera, Senato, Palazzo Chigi, Quirinale e gli altri anfratti della politica: quelli dei partiti.

Per una volta va riconosciuto a Marco Travaglio, dichiaratamente nostalgico di Conte a Palazzo Chigi, che non ha esagerato rappresentando la situazione politica con questo titolo: “Draghi cede a Conte che si smarca dal Pd”. E spiegando nel cosiddetto occhiello sul riarmo scritto in rosso: “Niente 2024: 2% del Pil in 6 anni” per rispettare l’impegno assunto anche dall’Italia nell’Alleanza Atlantica di portare appunto a quel livello le spese militari in ciascuno dei paesi associati.

Sempre per una volta, il nostalgico di Conte è stato villano ma non arbitrario nel dare del “bugiardo” all’odiato Mario Draghi rinfacciandogli così nel suo editoriale trionfalistico di giornata la conversione alla scadenza del 2028 indicata dal ministro del Pd alla Difesa Lorenzo Guerini , nonostante il 2024 dell’intesa a suo tempo sottoscritta: “Perché, se la sua linea del Piave era sempre stata il 2028, aveva sempre detto 2024, scordandosi di avvertire Mieli, Polito, Merlo, Sallusti&C? Perché allora le sorprese? Per destabilizzare inutilmente il governo? Per far incazzare milioni di italiani distrutti dal caro-bollette? Per regalare un pò di voti a Conte? O solo perché è un bugiardo?”, appunto.

Dove forse sbaglia Travaglio è a scommettere su quel pur “po’ di voti” in più che potrebbero derivare a Conte, fra elezioni amministrative di giugno ed elezioni politiche ordinarie del 2023, se non prima, per essersi saputo in qualche modo intruppare nell’area cosiddetta pacifista cavalcando il no al 2 per cento del pil in spese militari entro il 2024. Ma chi glielo ha detto -a Travaglio e a Conte- che questo casino, a dir poco, si tradurrà in guadagni elettorali per i grillini? Neppure Papa Francesco, che ha definito “pazzi” i sostenitori dell’aumento delle spese militari, pur in un contesto di guerra da noi non voluto ma semplicemente subìto, potrà votare a giugno e oltre.

Travaglio e Conte- sempre loro, in coppia, che è poi quella alla quale Beppe Grillo per ora ha affidato le sorti del suo movimento- hanno scambiato, fra l’altro, Draghi per una guardia svizzera onoraria, fermi forse alla sua nomina all’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali, effettuata da Francesco prima ch’egli diventasse presidente del Consiglio. Lo hanno scambiato un contemplatore del non larghissimo Tevere, il fiume di Roma che separa in una delle sue curve l’Italia dal Vaticano, e non dell’Oceano Atlantico. Le cui sponde, fra l’Europa e gli Stati Uniti, non hanno mai impedito a Draghi di credere nella utilità, anzi necessità di un rapporto stretto fra loro. Chiamatelo pure “atlantismo di merda”, come -scusate la parolaccia- gridano i pacifisti non necessariamente rossi. Già, perché ce ne sono anche di destra, come dimostra ciò che ha appena scritto di Draghi su Panorama il mio amico Marcello Veneziani: “La sua mission è al fianco degli Stati Uniti e del progetto euro-atlantico a oltranza. Draghi continua a sfoderare la sua ricetta bellicosa: armi e perfino soldati a fianco della causa ucraina, e dunque guerra più che negoziato con la Russa, al fine di far cadere Putin. E magari poi processarlo come pazzo criminale di guerra”, mentre sarebbe un santo già impresso nel telefonino di qualche devoto.

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